Italianieuropei 5/2020
Italianieuropei 5/2020

In questo numero

La scuola oltre il Covid. Se durante il lockdown quasi unanime è stato il coro di voci tese a sottolineare l’importanza della scuola e il ruolo cruciale che il sistema di istruzione gioca nel definire il destino del paese, il rientro in classe ha visto, forse inevitabilmente, il dibattito concentrarsi sulle misure di sicurezza da introdurre e le precauzioni da adottare per evitare che la scuola divenisse un luogo di amplificazione dei contagio. Al di là di questo, più che mai attuale e opportuno diviene interrogarsi, al di là del Covid, su quali debbano essere il ruolo e le caratteristiche del sistema di istruzione in Italia e su cosa fare per trasformare gli auspici in realtà.

il Sommario

gli Articoli

Agenda. La scuola oltre il Covid

La scuola che vogliamo

di Francesco Sinopoli

Della scuola, dei suoi problemi attuali e futuri e di come essa dovrà impegnare il dibattito pubblico non solo oggi ma nei prossimi anni parlano diffusamente in questa sede Giuseppe Bagni ed Eraldo Affinati. Rinvio dunque ai loro preziosi contributi per il merito delle questioni che essi hanno sollevato, che condivido pienamente. Vorrei però affrontare qui un tema decisivo che pure è entrato nel dibattito pubblico in punta di piedi, e poi è stato immediatamente rimosso, per i problemi che esso crea: il conflitto tra diritti costituzionalmente sanciti, del diritto alla salute e del diritto allo studio, apertosi proprio a causa della diffusione dell’epidemia e risolto, sia dal governo che dal Parlamento, in modi che lasciano assai perplessi per effetto di una distorsione della logica emergenziale.

Agenda. La scuola oltre il Covid

Il sogno di un’altra scuola

di Eraldo Affinati

L’istruzione pubblica, oltre a essere la sede istituzionale della trasmissione del sapere, rappresenta anche il carattere del paese. Non solo: si tratta di un luogo mentale in cui si forma la consapevolezza del passato nella coscienza dei giovani e si creano i presupposti per pensare il futuro. A causa di queste ragioni dovrebbe costituire lo spazio materiale e spirituale di gran lunga più importante del nostro tessuto sociale. L’uso del condizionale è d’obbligo, in quanto quasi giornalmente registriamo il tradimento di questo auspicio, non tanto perché non si dibatta sull’argomento, ma in quanto lo si fa troppo spesso in una prospettiva immediata e raramente in un’ottica strutturale. In altre parole, la scuola viene abitualmente usata da questa o quella parte, secondo logiche di contrapposizione davvero strumentali.

Agenda. La scuola oltre il Covid

La formazione degli insegnanti nella scuola che cambia

di Elisabetta Nigris

Ragionare sulla formazione dei docenti richiede un pensiero e una visione articolata e strategica, capaci di promuovere una scuola intesa come agenzia educativa a partecipazione universalmente condivisa, potenzialmente capace di raggiungere tutti, indipendentemente dalle proprie origini socioeconomiche e culturali, dalle proprie caratteristiche personali così come dai propri valori. Come affermano Beatrice Ligorio e Clotilde Pontecorvo, infatti, «la scuola è prima di tutto un luogo culturale che da una parte rispecchia la società e dall’altra la modella. Non può limitarsi a svolgere un ruolo di mero contenitore di informazione, di trasmissione di conoscenze acquisite e definite, ma deve essere occasione per ripensare criticamente la cultura e offrire occasione per un avanzamento sia personale che culturale» a tutti e a ciascuno.

Agenda. La scuola oltre il Covid

La scuola di fronte all’emergenza

di Giuseppe Bagni

Nei mesi difficilissimi che abbiamo attraversato con le scuole chiuse, l’obiettivo primario è stato quello di affermare la loro presenza anche in una situazione di emergenza mai vissuta. Stabilire un contatto con gli alunni e con le loro famiglie per evitare che, nell’isolamento in cui eravamo tutti costretti, prevalesse il vuoto. Conoscere e utilizzare nuovi strumenti di insegnamento è stato un arricchimento sia per gli studenti che per i docenti, ma solo per coloro che avevano ben chiaro che essi sono un mezzo, non un fine. Il fine della scuola, in ogni situazione, è l’apprendimento, che benché sia individuale è da intendersi come il successo personale in un’avventura collettiva giocata a scuola, «un luogo sociale animato dal desiderio», come ha scritto Miguel Benasayag.

Agenda. La scuola oltre il Covid

Quale futuro per la scuola?

di Angela Maria Volpicella

«Amo la scuola perché è sinonimo di apertura alla realtà. Almeno così dovrebbe essere! Ma non sempre riesce a esserlo, e allora vuol dire che bisogna cambiare un po’ l’impostazione. Andare a scuola significa aprire la mente e il cuore alla realtà, nella ricchezza dei suoi aspetti, delle sue dimensioni. E noi non abbiamo diritto ad aver paura della realtà! La scuola ci insegna a capire la realtà. E questo è bellissimo!».
Queste parole di Papa Francesco riflettono in maniera preponderante sull’importanza per la realtà scolastica del nuovo millennio di avviare un cambio di rotta verso una nuova progettualità. In una fase di profonde trasformazioni nonché emergenze caratterizzate dall’incremento della complessità e dalla crisi di alcuni paradigmi interpretativi, il più grave pericolo che la scuola deve affrontare è l’estraneità della cultura scolastica, il suo risultare inerte verso la cultura della vita quotidiana, della partecipazione alla vita civile, del lavoro e delle professioni.

Agenda. La scuola oltre il Covid

Formazione e diseguaglianze

di Massimiliano Fiorucci

La chiusura delle scuole di ogni ordine e grado in Italia e non solo ha costituito una misura inevitabile nel tentativo di ridurre i fenomeni di contagio da Coronavirus. Si è trattato di una misura pesante e delicatissima sul piano sociale, non tanto e non solo perché questa ha prodotto un danno nella preparazione culturale dei nostri studenti, ma perché evidenzia, molto più di qualsiasi messaggio, la gravità complessiva della situazione. Una scuola chiusa non è solo un edificio chiuso.
È una comunità che viene improvvisamente a mancare in quel territorio; è quel luogo dove ogni mattina i bambini della scuola dell’infanzia e della scuola primaria si ritrovano per imparare, giocare, condividere, passando una giornata insieme con le loro maestre mentre i genitori si incontrano, si confidano, raccontano.

Focus. La questione rimossa

Israele e Territori palestinesi: lo stato della situazione

di Claudio Vercelli

Qualsiasi valutazione di merito sulla manifestazione di volontà, espressa recentemente da Benjamin Netanyahu, di annettere una parte dei territori che compongono l’attuale Cisgiordania, deve tenere in considerazione alcuni elementi di quadro. Il primo di essi è che ciò che il premier d’Israele ha palesato è un’intenzione di fondo che, tuttavia, faticherà a divenire fatto compiuto. Semmai, si potrebbe assistere ad annessioni di singoli spazi urbani prospicienti la vecchia Linea verde, tracciata con gli accordi di Rodi del 1949. Difficile pensare diversamente, allo stato attuale delle cose.

Focus. La questione rimossa

La grande sedazione

di Marco Carnelos

Il conflitto arabo-israeliano/israelo-palestinese si consuma da oltre un secolo contrassegnato da guerre, terrorismo, atti unilaterali, interventi multilaterali e mediazioni sovente maldestre e tutt’altro che imparziali. Quattro conflitti (1948, 1956, 1967 e 1973), milioni di profughi palestinesi, grandi sofferenze da ambo le parti (incluse le comunità ebraiche residenti da secoli nei paesi arabi e sovente costrette a lasciarli), una lunga serie di attentati terroristici, esecuzioni extragiudiziali, mediazioni e negoziati non sono riusciti a propiziare una soluzione equa e duratura del contenzioso. Da tempo ci si interroga su cosa sia andato storto, specialmente da quando, il 13 settembre 1993, è iniziato il cosiddetto “Processo di pace in Medio Oriente” (noto anche con l’acronimo MEPP: Middle East Peace Process), gestito in esclusiva dagli Stati Uniti.

Focus. La questione rimossa

Israele: la crisi della sinistra

di Giorgio Gomel

Dopo una campagna virulenta e segnata, come nelle precedenti elezioni dell’aprile e settembre 2019, dall’isterismo ossessivo agitato dai partiti di destra contro gli arabi israeliani – circa il 20% dell’elettorato – i risultati del voto del 2 marzo scorso confermano il senso di un paese fortemente diviso, polarizzato sugli estremi. Netanyahu, giunto alla sua ottava campagna elettorale come leader del Likud e premier con ininterrotta continuità da undici anni, ha improntato la campagna a un plebiscito sul suo conto nell’imminenza del processo che lo attende per casi di corruzione, frode e abuso d’ufficio. Il processo, che sarebbe dovuto iniziare il 17 marzo, è stato rinviato, su decisione del ministro della Giustizia uscente da lui stesso recentemente nominato, prima alla seconda metà di maggio, poi a luglio, infine a dicembre prossimo, in ragione del diffondersi anche in Israele dell’epidemia da Coronavirus.

Focus. La questione rimossa

Le ragioni dello spostamento a destra di Israele

di Ugo Tramballi

Come è apparsa all’orizzonte, sollevando paure e reazioni (e, per la verità, scarso interesse nella stampa internazionale, zero in quella italiana), così la fatidica annessione è uscita di scena. In modo talmente repentino da far sospettare che sulla scena non ci sia mai stata veramente se non come tromp l’oeil.
Il 1° luglio era la data fatidica. Fino a circa il 28 giugno, Bibi Netanyahu parlava d’integrazione ineluttabile allo Stato d’Israele di un altro terzo dei Territori occupati palestinesi, Valle del Giordano compresa. Era una prospettiva interessante perché gli israeliani dimenticassero che per la prima volta nella loro storia un primo ministro in carica deve rispondere in tribunale di tre accuse di corruzione. Poi, negli ultimi due giorni di giugno e nel primo fatidico di luglio, silenzio assoluto di Bibi.

Focus. La questione rimossa

La sponda americana ai progetti di Netanyahu

di Giovanni Borgognone

Nel 2017, pochi giorni dopo l’insediamento alla Casa Bianca, Donald Trump delineò subito un progetto emblematico delle future relazioni tra il governo statunitense e quello israeliano negli anni del suo mandato presidenziale: prospettò lo spostamento dell’ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme (proclamata capitale dallo Stato di Israele fin dal 1980, senza l’approvazione da parte della comunità internazionale); un’ipotesi divisiva, da un lato auspicata dalla destra israeliana per la sua forte valenza simbolica e dall’altro osteggiata dal mondo arabo, per il quale non poteva che risultare come aperto gesto di sfida. Fu subito chiaro come le pazienti e faticose trame della diplomazia internazionale non si addicessero a Trump: poche settimane dopo egli lasciò intendere di non considerare prioritario l’obiettivo dei “due Stati” nella soluzione della questione israelo-palestinese, incurante della delicatezza del tema nei dibattiti sulla pacificazione del Medio Oriente.

Focus. La questione rimossa

L’ipotesi di annessione della Cisgiordania e le relazioni tra Israele e mondo arabo

di Antonino Occhiuto

Il piano del primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, di estendere la sovranità israeliana su tutti gli insediamenti creati dallo Stato ebraico in Cisgiordania dal 1967 è frutto dell’incondizionato sostegno da parte degli Stati Uniti di cui Israele gode in questa fase. Tuttavia, il governo di Gerusalemme dimostra di sottostimare come una politica estera così aggressiva nei confronti dei palestinesi sia destinata a far crollare le basi per un rapporto più prolifico con i vicini Stati arabi, in un contesto caratterizzato dal progressivo disimpegno di Washington dal Medio Oriente.
La decisione di annettere una parte della Cisgiordania è avvenuta sulla falsariga delle recenti annessioni delle alture del Golan (rivendicate dalla Siria) e di Gerusalemme Est (rivendicata dall’Autorità palestinese), entrambe occupate militarmente da Israele dal 1967.

Focus. La questione rimossa

Il nodo di Gerusalemme

di Umberto de Giovannangeli

Gerusalemme “conquistata”, Gerusalemme “annessa”. Gerusalemme, il cuore di un conflitto secolare, che va ben oltre la dimensione politica e che non è riducibile alla irrisolta questione israelo-palestinese. Se il piano Trump-Netanyahu di annessione di parti della Cisgiordania ha una sua marcata dimensione identitaria, essa ha al suo centro Gerusalemme. E se il disegno di Grande Israele, coltivato dalla destra ultranazionalista ebraica è ancora lontano – ma neanche tanto – dall’essere completato, quello della Grande Gerusalemme è ormai cosa fatta. Il suggello finale sarà impresso dal piano di annessione, uno dei punti programmatici prioritari nell’agenda del governo Netanyahu-Gantz. Per il Washington Institute for Near East Policy, il piano di annessione potrebbe evolvere in tre differenti scenari.

I fatti. L’Italia a puntate

Decisione politica e rappresentanza degli interessi nello “stato di eccezione”

di Paolo Feltrin

Per cominciare a introdurre la mia riflessione proverò a prenderla molto alla larga esaminando alcuni temi di filosofia del diritto più volte tirati in ballo proprio per spiegare quanto è accaduto. Per quanto la cosa possa apparire bizzarra non c’è da stupirsi perché, come vedremo, essi sono particolarmente utili per comprendere il senso degli avvenimenti di questi mesi. Il contesto attuale, caratterizzato dai profondi cambiamenti a seguito dell’emergenza da Covid-19, viene sempre più spesso indicato come “stato di eccezione” oppure “stato di emergenza”.1 Le due espressioni non sono sinonimi, tuttavia per le questioni che affronteremo in questa sede non appare così importante disquisire sulle differenze. Qual è una ragionevole definizione di “stato di eccezione”?

I fatti. Mondo

Una analisi della sconfitta del Labour

di Domenico Cerabona

Nel mese di giugno l’associazione Labour Together ha pubblicato il suo tanto atteso rapporto sulle elezioni politiche britanniche del 2019. L’associazione nasce con l’intento di essere un ambiente “neutrale” tra le tante (e l’un contro l’altra armate) correnti del Labour, e all’indomani della storica sconfitta elettorale dello scorso anno ha messo insieme quindici tra parlamentari, ex parlamentari, associazioni, esperti, militanti e giornalisti per analizzare quello che era andato storto nella campagna elettorale conclusasi con il peggior risultato laburista dal 1935. Tra i membri della commissione spicca il nome di Ed Miliband, ex leader del Labour e ora ministro ombra per il Commercio.

Le recensioni di Italianieuropei

Democrazia e politica nella bolla

di Paolo Corsini

Damiano Palano, studioso della crisi del liberalismo, delle promesse non mantenute della teoria democratica, della “democrazia senza partiti”, nonché del populismo, oltre che curatore di un volume di saggi su Carl Schmitt dovuti a Gianfranco Miglio, si cimenta con questo lavoro su un fenomeno tipico della contemporaneità: quella sorta di emigrazione interiore per cui il soggetto si rinchiude in una bolla autoreferenziale costruita su misura, sui suoi gusti e preferenze, che lo illude di percepire la totalità dell’universo, inducendolo ad accreditare solo le informazioni che si adattano ai suoi convincimenti. A prescindere che siano vere o false. Una suggestione che all’autore deriva, tra gli altri, da un passaggio dell’ultimo discorso di Barack Obama tenuto a Chicago il 20 gennaio 2017, in cui, prima di passare le consegne a Trump, il presidente americano sentì la necessità di mettere in guardia i suoi concittadini da quelle “bolle” rassicuranti in cui si trovavano.

Dizionario civile

Pace

di Francesco Patton

Rubando un’immagine a papa Francesco potremmo dire che il concetto di pace è “poliedrico”. Nelle varie lingue e culture, infatti, il significato delle parole usate per esprimere questo concetto non coincide affatto. Se una persona di cultura semitica e una di cultura latina si trovano a dialogare sul tema della pace avranno precomprensioni diverse e intenderanno cose diverse, anche se nella mediazione linguistica utilizzeranno le stesse parole. Se invece integriamo i vari significati delle parole usate nelle varie lingue per esprimere il concetto di pace emergerà una visione di una ricchezza straordinaria, che metterà insieme l’essere tranquillo, in equilibrio e armonia (con se stessi e con gli altri), con l’esperienza di osservare i patti stabiliti (tanto verbali che scritti, sia locali che internazionali) e con la possibilità di riconciliazione quando si viene meno a questi patti, in un contesto di libertà e amicizia, e con l’obiettivo di un bene pieno, a livello personale e comune.