Italianieuropei 2/2023
Italianieuropei 2/2023

In questo numero

Una pace possibile in Europa | A poco più di un anno dallo scoppio della guerra in Ucraina, nonostante i quotidiani appelli alla fine del conflitto, non si intravedono spiragli né per un cessate il fuoco né per l'attuazione di un concreto percorso di pacificazione. Si fa strada solo la certezza che siamo di fronte ad un conflitto che travalica la dimensione regionale e la cui soluzione richiederà il coinvolgimento di tutte le grandi potenze del nostro tempo nel tentativo di sviluppare una pace duratura e un sistema di sicurezza sostenibile per l’Europa del futuro.

Astensionismo e crisi dei sistemi democratici | Sebbene la partecipazione al voto in Italia sia in costante declino ormai da molti anni, il dato relativo all'astensionismo nell'ultima tornata delle elezioni politiche supera la peggiore delle aspettative, con la percentuale di votanti crollata al 63,9%, quasi dieci punti inferiore rispetto al 2018.Numeri che necessariamente spingono ad una approfondita riflessione sullo stato di salute della nostra democrazia.

il Sommario

gli Articoli

Agenda. Una pace possibile per l’Europa

L’utopia sostenibile

di Anna Colombo

“L’utopia sostenibile” è il titolo di uno dei libri più recenti del professor Enrico Giovannini. Nel testo vengono illustrate le ricadute necessarie per conformarsi all’Agenda 2030 delle Nazioni Unite.
Interessante notare che accanto agli ovvi obiettivi ecologici, e a quelli – chissà, meno scontati – di sostenibilità sociale (lotta alla fame, alla povertà, alle diseguaglianze, per sanità ed educazione universali ecc.), l’Agenda fa riferimento a precisi obiettivi di cooperazione internazionale e a istituzioni forti, democratiche e autonome affinché non solo essa si concretizzi, ma abbia dei riferimenti resilienti e duraturi nel dialogo, nella diplomazia, nella partecipazione, nella democrazia e lo Stato di diritto. Dopo qualche esitazione iniziale, la UE si è data almeno sulla carta l’ambizione di essere “il” continente dello sviluppo sostenibile, facendo dell’Agenda 2030 il riferimento della sua trasformazione.

Agenda. Una pace possibile per l’Europa

Verso la pace in Ucraina

di Danilo Türk

Quattordici mesi dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, diversi attori internazionali iniziano a parlare di pace. Le loro visioni della pace includono o la convinzione che la guerra si concluderà con una completa vittoria militare dell’Ucraina contro l’aggressore, oppure alcune proposte di mediazione. Sembra che nessuno si aspetti una vittoria russa. La situazione sul campo di battaglia è incerta e le aspirazioni di pace non sono ancora chiare. Pertanto, le attuali attività diplomatiche possono essere descritte come “esplorazioni”.
Gli sviluppi politici degli ultimi mesi riflettono l’attuale livello di incertezza. Il 24 febbraio, la Cina ha pubblicato un documento di posizionamento sulla soluzione politica della crisi ucraina. Erroneamente definito dai media internazionali “Piano di pace cinese”, il documento ha suscitato aspettative su un possibile ruolo della Cina come mediatore nel conflitto.

Agenda. Una pace possibile per l’Europa

Ri-costruire e consolidare La pace. Spunti dal magistero della Chiesa

di Angelo Vincenzo Zani

L’invasione dell’Ucraina ha portato all’evidenza processi già in corso negli anni precedenti e ha contribuito a trasformare il conflitto armato in sistema per risolvere le controversie, come sta verificandosi in varie altre zone del mondo. Va osservato che la spesa militare complessiva a livello mondiale, in seguito a un’ascesa cominciata nel 2015, ha superato i 2000 miliardi di dollari l’anno; anche gli Stati dell’Unione europea, dopo i fatti dell’Ucraina, hanno cominciato la rincorsa.
Insieme a questo dato non si può ignorare un altro fattore, iniziato ben prima dell’invasione dell’Ucraina, e cioè la costruzione di muri e recinzioni per cercare di separare ciò che in realtà è strutturalmente unito. Oggi esistono nel mondo 80 muri per quasi 50.000 chilometri, l’equivalente della circonferenza dell’intero pianeta. Sui confini europei nel 1990 non esistevano muri, nel 2014 vi erano 315 chilometri di barriere e a fine 2022 si contano 2048 chilometri.

Agenda. Una pace possibile per l’Europa

Le condizioni per la pace tra Ucraina e Russia

di Hannes Swoboda

Sono in pochi a desiderare il prolungarsi della guerra in Ucraina, una guerra che rischia di sfociare in un disastro nucleare. Tuttavia, politici, esperti militari e politologi hanno opinioni contrastanti su come si potrebbe porre fine a questo conflitto. Molto dibattuti sono anche i motivi per cui la guerra è iniziata e anche chi l’abbia iniziata. Per parlare di una possibile fine pacifica della guerra, dobbiamo innanzitutto esaminare le origini del conflitto. Sebbene possa sembrare ovvio chi abbia iniziato la guerra, nei paesi occidentali ci si continua a chiedere chi sia il “vero” responsabile.

Agenda. Una pace possibile per l’Europa

Il ruolo dell’allargamento Della NATO nella guerra In Ucraina

di Jeffrey D. Sachs

I leader statunitensi ed europei sostengono che Vladimir Putin abbia lanciato una guerra non provocata il 24 febbraio 2022. Quel giorno, il presidente americano Joe Biden ha dichiarato che l’invasione della Russia è stata «senza provocazione, senza giustificazione, senza necessità». Secondo Biden, Putin «ha respinto ogni sforzo che gli Stati Uniti e i nostri alleati e partner hanno fatto in buona fede per affrontare i nostri problemi di sicurezza reciproca attraverso il dialogo per evitare un conflitto inutile e scongiurare una tragedia per l’umanità».
Questa narrazione è falsa. La Russia ha lanciato la sua invasione il 24 febbraio 2022 per perseguire i suoi obiettivi di sicurezza nazionale, soprattutto per impedire all’Ucraina di diventare membro della NATO.

Agenda. Una pace possibile per l’Europa

Appartenere a una minoranza nazionale e guardare al dramma ucraino

di Aurelio Juri

È da prima che il presidente russo Vladimir Putin desse l’ordine alle proprie truppe di invadere l’Ucraina, per “smilitarizzarla e denazificarla”, come disse cercando di spiegare gli obiettivi di quella che non volle mai fosse definita guerra, ma semplice “operazione speciale”, il 24 febbraio dello scorso anno, che ragiono e pubblico sui quotidiani sloveni in merito alle ragioni di questo fattaccio, che ha scioccato l’Europa e scosso non poco l’ordinamento internazionale costituito. Preciso: a Kiev ci son stato una volta sola, nel lontano 1975, ai tempi dell’Unione Sovietica e della guerra fredda, di passaggio, da turista, con mio fratello. Mai altrove in Ucraina. Quindi quanto so per capire e dire cosa ne penso, lo raccolgo dalla storia e dalle tante fonti che i media classici e in rete ci forniscono. Insomma, da tavolino. E poi ragiono. Ah, sì, ho la nuora che è di Donetsk, un po’ russa, un po’ ucraina.

Focus. Astensionismo e crisi dei sistemi democratici

Il declino della partecipazione al voto. Compagno al duol…(non) scema la pena

di Domenico Fruncillo

Da anni in Italia si registrano crescenti tassi di astensionismo. Al punto che alla vigilia di ogni tornata elettorale si può prevedere, con un elevato grado di fiducia, un ulteriore calo del tasso di affluenza alle urne. Eppure puntualmente, alla chiusura dei seggi, le forze politiche e gli organi di informazione si mostrano sorpresi della crescita dell’astensionismo ed esprimono preoccupazione per il distacco e il disinteresse dei cittadini rispetto alla procedura di selezione dei decisori. La sensazione è che le dichiarazioni di forze politiche e organi di informazione assecondino un canone politicamente corretto, ma non corrispondano ad una preoccupazione davvero urgente. L’attenzione già nell’immediatezza dell’esito elettorale si sposta esclusivamente sui risultati di quella determinata competizione, sulle ragioni che li hanno determinati.

Focus. Astensionismo e crisi dei sistemi democratici

La fuga (diseguale) dalle urne: trent’anni di astensionismo in Italia

di Dario Tuorto

Alla vigilia del 25 settembre pochi avrebbero scommesso su una ripresa della partecipazione. Non deve quindi sorprendere che il verdetto delle urne sia stato anche peggiore delle aspettative, con la percentuale di votanti crollata al 63,9%, quasi dieci punti inferiore rispetto al 2018. Si è trattato di un calo senza precedenti, un vero e proprio crollo le cui dimensioni appaiono ancora più preoccupanti se si guarda alla distribuzione territoriale del non voto. Pur in presenza di un deciso peggioramento nel Centro-Nord, è nelle regioni del Sud che i numeri si sono rivelati impietosi, con appena un elettore su due che si è recato alle urne.
Diverse ragioni sono state richiamate per spiegare questo risultato così negativo: l’anomalia della stagione politica precedente, che aveva visto una larga coalizione sostenere il governo Draghi a discapito del tradizionale confronto-scontro tra coalizioni;

Focus. Astensionismo e crisi dei sistemi democratici

Sull’astensionismo

di Fausto Anderlini e Marcella Mauthe

L’astensionismo è il risultato di più cani che si mordono la coda, in un processo a spirale per il quale non sembrano esserci controindicazioni. Uno scenario nel quale sono ormai definiti i contorni di una democrazia vieppiù informe, con basi di legittimazione sempre più ristrette ed esclusive, dominata dalle oligarchie economico-sociali e periodicamente percorsa da moti ribellistici anti-elitari. Se fino agli anni Novanta l’astensionismo è proceduto con misura in tutte le democrazie europee assecondando una naturale deflazione delle passioni politiche al seguito del benessere e della stabilità istituzionale, oggi il fenomeno sembra entrato in una dismisura che appare come il più evidente consuntivo del ciclo neoliberista. Masse elettorali disaffezionate e allo stato brado, volatili, a fronte di partiti ancorati a vecchie “famiglie” ormai esangui o di nuovo conio surrogatorio, cartellizzati come ceto nella sfera istituzionale, distanti anni luce da ogni funzione integrazionistica, oppure occasionale megafono delle masse alienate percosse dalla crisi economica ed emarginate dal sistema politico e dalla cultura dominante.

Focus. Astensionismo e crisi dei sistemi democratici

Benessere e non voto. Quale relazione?

di Rossana Sampugnaro e Venera Tomaselli

Individuare le determinanti del voto è estremamente difficile da quando le tradizionali variabili sociologiche (come ad esempio pratica religiosa, reddito, istruzione, appartenenza territoriale) hanno perso parte della loro capacità esplicativa. Recenti studi sul comportamento elettorale sono stati condotti indagando in più direzioni: da una parte si sono ricercate nuove variabili in grado di spiegare l’orientamento politico, soffermandosi, ad esempio, sui comportamenti di consumo o sulla dimensione valoriale; dall’altra vi è stato un recupero e una rivisitazione delle categorie del voto “economico” con l’esplorazione di nuovi significati dove evidente è lo spostamento verso categorie che richiamano il benessere economico e sociale.
L’ipotesi del superamento delle tradizionali variabili sociologiche per spiegare il comportamento elettorale non ha però trovato una piena conferma, almeno quella attesa sul piano empirico.

Focus. Astensionismo e crisi dei sistemi democratici

Istituzioni e partecipazione politica

di Mariella Mirabelli

La crisi della rappresentanza politica si riflette nella più ampia crisi regolativa che caratterizza gli Stati e che ha comportato una rideterminazione dei processi e degli equilibri istituzionali, della fiducia e legittimazione del sistema, del rapporto tra cittadini e istituzioni politiche. Il venire meno dell’equilibrio assicurato dalla regolazione sociale garantita dallo Stato e da una redistribuzione “socialmente equa” dei vantaggi della crescita economica ha accresciuto la sfiducia nelle istituzioni pubbliche e il sentimento di insoddisfazione dei cittadini per la mancanza di risposte alle problematiche e alle istanze poste dal basso, influendo sul calo della partecipazione politica. In altri termini la distanza percepita dai cittadini nei confronti delle istituzioni pubbliche è strettamente correlata con la crisi di legittimazione politica e con l’erosione delle basi di consenso e di fiducia negli attori tradizionali della rappresentanza.

Focus. Astensionismo e crisi dei sistemi democratici

L’astensionismo elettorale in Lombardia e Lazio. Una parentesi o una tendenza?

di Francesco Marchianò

Le recenti elezioni regionali del 12 e 13 febbraio 2023, che hanno riguardato la Lombardia e il Lazio, hanno mostrato un clamoroso tracollo della partecipazione elettorale, registrando un tasso di astensionismo troppo marcato, tale da suscitare preoccupazione da parte di studiosi, politici e addetti ai lavori.
Per avere un’immediata istantanea di quanto accaduto, basta guardare i due risultati. In Lombardia, la più importante, ricca e popolosa Regione italiana, su 8.010.538 aventi diritto al voto, si sono recati alle urne 3.339.019 elettori, ovvero il 41,6%. Nelle elezioni precedenti, svoltesi il 4 marzo 2018, ma in concomitanza con le elezioni politiche – fattore questo molto importante – ai seggi si erano presentati 5.762.459 cittadini lombardi su 7.882.633, ossia il 73,1%. In pratica, tra un’elezione regionale e l’altra si sono persi quasi 2 milioni e mezzo di elettori (per la precisione 2.423.440).

I fatti. Mondo

Le proteste contro Netanyahu e la questione palestinese

di Laura Boldrini

Il 4 novembre del 1995, a Tel Aviv, l’attivista di estrema destra Yigal Amir uccideva il primo ministro israeliano Yitzhak Rabin, insignito l’anno precedente del Premio Nobel per la pace insieme al presidente Shimon Peres e al leader palestinese Yasser Arafat. Ma proprio il suo impegno per il dialogo con i palestinesi e in particolare la firma degli Accordi di Oslo, che gli valsero il Premio Nobel, furono il motivo che mosse la destra israeliana a scagliarsi contro Rabin e che spinse Yigar Amir ad ucciderlo al termine di una manifestazione in favore del processo di pace. Un anno dopo, nel maggio del 1996, Benjamin Netanyahu fu eletto per la prima volta premier alla guida di una coalizione formata dal Likud, da partiti religiosi e da formazioni di destra.

I fatti. Mondo

Francia in rivolta. La legittimazione spezzata

di Sara Gentile

La riforma delle pensioni, voluta dal presidente Macron, non è una vicenda come le altre, non è solo un tasto dolente come è avvenuto in altri paesi europei, ma un banco di prova generale sia sul piano delle istituzioni che della società per la particolare situazione economica e politica in cui si è sviluppata.
La seconda presidenza Macron, iniziata un anno fa, ha registrato una novità importante, rivelando un consenso inferiore rispetto alla prima elezione e alle elezioni legislative subito seguite; il presidente ha perso la maggioranza assoluta in Parlamento, mantenendo una maggioranza relativa, per l’affermarsi di due opposizioni (il Rassemblement National di Marine Le Pen, estrema destra) e la NUPES (Nouvelle Union populaire écologique et sociale, alleanza delle sinistre guidata da J. Luc Melenchon, con declinazione estrema).

Le recensioni di Italianieuropei

Le condizioni della democrazia

di Marco Valbruzzi

Che cosa giustifica una nuova edizione – aggiornata e aggiustata – di un libro che è già stato pubblicato? La prima risposta, che darebbe il responsabile editoriale di una qualsiasi casa editrice, è che sono finite le scorte di magazzino e, siccome la domanda resta buona, è necessario riattivare l’offerta. Risposta venale, ma apprezzabile per onestà e senso pratico (del commercio). Però ci può essere un’altra risposta, diciamo – per contrasto – più ideale o intellettuale che giustifica una nuova edizione. In questo secondo caso, è necessario che sia cambiata la realtà che il libro cerca di descrivere; un cambiamento che, a sua volta, richiede lenti interpretative e concettuali nuove. O almeno rinnovate. La nuova edizione del libro di Marco Almagisti “Una democrazia possibile. Politica e territorio nell’Italia contemporanea” corrisponde più a questa seconda esigenza – intellettuale – che non alla prima.

Le recensioni di Italianieuropei

Rileggere l'enciclica “Fratelli tutti”

di Giacomo Canobbio

Sorprendente l’iniziativa di alcuni politici di lungo corso di coinvolgere colleghi e altri intellettuali per una lettura dell’ultima enciclica di papa Francesco, “Fratelli tutti” (3 ottobre 2020). La sorpresa nasce dalla constatazione che i testi magisteriali, anche quelli di carattere sociale, sono in genere commentati da teologi (è il loro mestiere, e nel volume non mancano pagine scritte da teologi: quelle stese da Antonio Ascione sul servizio delle religioni alla fraternità (pp. 19-30), da Francesco Asti sulle radici bibliche della fraternità (pp. 31-41), da Carmine Matarazzo sulla critica interna a ogni religione all’uso della stessa per giustificare la violenza (pp. 209-221) –; i politici sembrano eventualmente attenti a qualche citazione (non si può non mostrare che si conosce quanto il papa dice!), senza però lasciarsi provocare da argomentazioni che in uno Stato laico, se assunte, apparirebbero ingerenze.

Le recensioni di Italianieuropei

Un mondo di attori destinati a convivere

di Laura De Giorgi

I rapporti fra Cina, Europa e Stati Uniti per il futuro dell’ordine internazionale sono di importanza cruciale. L’interdipendenza commerciale fra le parti alla base della rispettiva crescita economica e la necessità di affrontare congiuntamente problemi, quali il cambiamento climatico, impossibili da gestire in isolamento, sono dati di fatto con cui le élite politico-intellettuali e le opinioni pubbliche, tanto in Occidente quando in Asia orientale, sono chiamate a confrontarsi con urgenza, e che dovrebbero spingere a un atteggiamento realistico e improntato al dialogo. Nondimeno, anche a causa dell’incertezza del futuro che sembra essere la cifra dominante dei nostri tempi, il leitmotiv in merito alle relazioni sino-occidentali sembra essere divenuto l’accento sulla distanza o finanche l’incommensurabilità delle visioni del mondo e degli interessi fra le parti.

Dizionario Civile

Diplomazia

di Ferdinando Nelli Feroci

Con il termine diplomazia si può intendere uno speciale metodo nell’affrontare le difficoltà e i contrasti, una speciale abilità nella trattazione di questioni complesse e nella ricerca di compromessi. O con il termine diplomazia ci si può riferire ad una carriera nella Pubblica Amministrazione, al corpo dei dirigenti dei ministeri degli Esteri incaricati a vario titolo di gestire le relazioni internazionali di un determinato paese. Ma soprattutto, con il termine diplomazia si può fare riferimento al complesso delle regole e dei processi che presiedono alle relazioni internazionali con l’obiettivo di prevenire o risolvere dispute e conflitti. Ed evidentemente, se si assume quest’ultima interpretazione del termine diplomazia, è fin troppo facile constatare che, rispetto al conflitto in corso da un anno e qualche mese in Ucraina, la diplomazia ha complessivamente fallito. Ma forse la questione merita di essere analizzata con maggiore attenzione.