Italianieuropei 1/2018
Italianieuropei 1/2018

In questo numero

Tra pochi giorni si voterà e noi non azzardiamo previsioni. Quel che è certo è che inizierà una nuova lunga fase complicata della vita pubblica italiana con la sinistra che cerca di trovare il proprio posto al centro di un progetto di rinnovamento.

In questo numero forniamo alcune proposte, segnatamente quelle di Pierluigi Ciocca e di Vincenzo Visco, ci occupiamo anche di sanità e Mezzogiorno. Ricca la parte estera con un approfondimento sul conflitto arabo-israeliano, le iniziative di Trump e le novità iraniane (su questi temi anche l’intervista di scenario di Massimo D’Alema). Un’altra parte è dedicata all’anniversario del Sessantotto. Piaccia o no, è un anniversario importante che Marco Almagisti e Paolo Graziano individuano nei pensieri lunghi di quel tempo, mentre Gianni Di Santo ci porterà in quel crogiolo di idee e di nuove leadership presenti nel mondo cattolico sia alla base sia al vertice e Francesco Sinopoli ci racconterà le trasformazioni e le lotte della e nella scuola, da cui tutto è iniziato. Abbiamo sentito l’opinione anche di chi di quel periodo conserva ricordi opposti e abbiamo raccontato, con un filo di ironia, un Sessantotto di periferia. Ci furono poi “grandi vecchi” che capirono, di cui parla Pietro Spataro.

il Sommario

l' Editoriale

Editoriale 1/2018

Tra pochi giorni si voterà e noi non azzardiamo previsioni. Quel che è certo è che inizierà una nuova lunga fase complicata della vita pubblica italiana con la sinistra che cerca di trovare il proprio posto al centro di un progetto di rinnovamento.

gli Articoli

Agenda. Per un programma di sinistra

Cose da fare, e da non fare, per l’economia italiana

di Pierluigi Ciocca

Per tornare a far crescere l’economia italiana occorre intervenire su: riequilibrio del bilancio, investimenti pubblici, nuovo diritto dell’economia, profitto da produttività, perequazione distributiva, una strategia per il Sud, una diversa politica europea. Si tratta di interventi la cui realizzazione è affidata sia all’azione di politica economica sia alla risposta autonoma dei produttori; entrambe, finora, sono mancate. Solo così il paese ritroverebbe un sentiero di crescita del PIL nel lungo periodo dell’ordine del 2,5/3% l’anno.

Agenda. Per un programma di sinistra

Un programma di politica fiscale

di Vincenzo Visco

Come sempre, le questioni fiscali avranno un ruolo centrale nel dibattito elettorale. E come sempre su di esse si misureranno le contraddizioni e le menzogne dei diversi programmi. Tuttavia, mai come in questa occasione la questione fiscale andrebbe presa sul serio e affrontata secondo orientamenti di radicale innovazione. I tempi lo richiedono, le possibilità esistono.

Agenda. Per un programma di sinistra

Come garantire il diritto alla salute

di Nerina Dirindin

Pur potendo contare su un sistema sanitario poco costoso, equo ed efficace, da qualche anno il diritto alla salute in Italia è sempre meno garantito: le procedure di accesso ai servizi sono più complicate, i ticket sono più elevati del prezzo delle prestazioni, le liste d’attesa sono più lunghe, le famiglie sono lasciate sole nell’assistenza alle persone con disabilità, le diseguaglianze sono sempre più ampie, gli operatori sanitari sono demotivati, le strutture e le tecnologie sono obsolete e persino l’ordinaria manutenzione è carente. Se questa è la diagnosi, come è necessario operare per tornare a garantire ai cittadini il diritto alla salute?

Agenda. Per un programma di sinistra

Una politica audace per il Sud

di Giuseppe Provenzano

Dopo gli anni delle scelte antimeridionaliste dei governi Berlusconi, prima i timidi segnali di attenzione del governo Monti, con il ministro della Coesione territoriale Barca, poi un leggero miglioramento delle politiche per il Sud con il governo Letta e il ministro Trigilia, infine con Gentiloni e il ministro De Vincenti finalmente l’abbozzo di una strategia per il Sud che non fosse limitata alle sole politiche di coesione. È però “troppo poco e troppo tardi”. Cosa ci aspetta nella prossima legislatura? Il clima sarà favorevole per il Mezzogiorno?

Agenda. Per un programma di sinistra

Testimone o protagonista. Qual è il posto dell’Italia nel mondo?

di Italianieuropei intervista Massimo D'Alema

Dall’Iran, paese verso cui Federica Mogherini ha fatto una politica giusta, non “concessiva”, alla politica estera americana fortemente destabilizzante che richiede una risposta europea unitaria; dalla Russia di Putin che ha guadagnato parecchio spazio al focolaio di tensione rappresentato dall’Estremo Oriente, con le minacce nucleari del regime nordcoreano. Su questo e molto altro si sofferma Massimo D’Alema, tracciando un quadro complesso di quale sia il ruolo dell’Europa e del nostro paese nel mondo.

Focus. Il Sessantotto ha cinquanta anni

Sessantotto: il fratello grande

di Marco Almagisti e Paolo Graziano

Volontà di protagonismo giovanile, dimensione globale del fenomeno, ruolo dei mass media nella diffusione delle immagini e ragioni della protesta, innovazione concernente i diritti e l’ecologia: quale eredità politica è oggi rintracciabile nei movimenti del Sessantotto? Come possiamo valutare il loro impatto sulla società odierna?

Focus. Il Sessantotto ha cinquanta anni

Tutto nasce nella scuola

di Francesco Sinopoli

Sulla scuola e sull’università, negli ultimi cinquanta anni, si è giocata un’enorme partita ideologica, che ha a che fare con le egemonie culturali e gli interessi della formazione dei gruppi dirigenti. Progressivamente, la scuola pubblica è diventata il luogo dove le diseguaglianze sociali non vengono ricomposte ma moltiplicate. In un paese dove aumentano le diseguaglianze, la scuola dovrebbe invece essere uno degli strumenti per limitarle. La sottrazione delle risorse e le politiche adottate che hanno cambiato in peggio la scuola e l’università hanno determinato, nei fatti, una sorta di alfabeto dell’esclusione dei molti, a vantaggio dei pochi. Allora come deve essere costruita l’infrastruttura scuola del XXI secolo?

Focus. Il Sessantotto ha cinquanta anni

Il Sessantotto è cattolico

di Gianni Di Santo

A dispetto di una pubblicistica e di una ricerca storica orientate a trovare nei movimenti di sinistra le ragioni iniziali della contestazione studentesca, in realtà il Sessantotto è nato cattolico. Cattolici furono i primi leader del “movimento” e cattolica fu la prima università occupata. Vennero occupate le chiese e perfino le cattedrali. “Dio è morto”, la straordinaria canzone di Francesco Guccini, fu cantata nelle parrocchie di periferia e in quelle dei centri storici. Nelle piazze, e non solo nelle chiese, i cattolici si fecero sentire, forti di un’idea, di una filosofia volta a costruire progetti e domande di futuro. Con il Concilio Vaticano II la Chiesa anticipò di tre anni la rivoluzione del 1968 e si mise in discussione.

Focus. Il Sessantotto ha cinquanta anni

Gli entusiasti, i critici, gli indifferenti

di Francesco Ghidetti

Formidabile quell’anno. Macché, fu una pagliacciata. Non è vero: cambiò tutto. Figuriamoci: mutò solo il costume degli italiani. E poi era cominciato prima. Le conseguenze? Nefaste. Ma nemmeno per idea, dobbiamo ringraziare i protagonisti di quell’epoca. Tante opinioni, spesso in conflitto. Sì, il Sessantotto, come si usa dire ora, è “divisivo”. Come tutte le svolte, più o meno importanti che siano. Cerchiamo di capire meglio quell’anno così centrale nella storia dell’Italia repubblicana e del “secolo breve”. Lo facciamo a cinquant’anni di distanza con alcuni, magari loro malgrado, protagonisti: il giornalista, il critico della letteratura, lo storico, il politico puro.

Focus. Il Sessantotto ha cinquanta anni

I vecchi che capirono

di Pietro Spataro

Il Sessantotto in Italia passerà come un ciclone, buttando all’aria vecchie certezze e consumate verità. Sia la DC che il PCI, in modi del tutto diversi, furono colti di sorpresa da questa potente onda d’urto. Un mondo nuovo si affacciava e andava accolto, ma solo alcuni uomini lucidi e lungimiranti furono in grado di guardare in faccia la novità che si presentava.

Focus. Il Sessantotto ha cinquanta anni

Diario del Sessantotto di periferia

di Peppino Caldarola

Il diario del Sessantotto di una città di periferia del Sud racconta con ironia i Sessantotto minori, che sono stati tanti e hanno cambiato le vite di molti dei protagonisti e delle loro città: centinaia e poi migliaia di giovani che venivano da tutto il Mezzogiorno. Abbondavano calabresi, molisani, lucani oltre ai figli dei nuovi borghesi dei centri agricoli della Puglia che speravano nel salto sociale della prole. Ecco come alcuni ragazzi di periferia entrarono nel mondo.

Il racconto

Una velata proposta

di Carlo Mazza

Nella cittadina devota ai Santi Medici, gemelli taumaturghi di origine araba, i vicoli del borgo antico brillavano di pulizia: le associazioni culturali avevano ideato e promosso la Sagra del bocconotto per vivacizzare un marzo povero di eventi.
Bitonto era invasa da odori, luci e gitanti, e tra questi c’era l’accademico Marco Aurelio Pisanello, docente universitario di Storia dell’amministrazione pubblica.

I fatti. Mondo

Non ci meritiamo Trump e Netanyahu

di Fabio Nicolucci

Malgrado numerose guerre ne sconvolgano l’assetto, o forse proprio per questo, il Medio Oriente è di nuovo al centro degli interessi della politica mondiale. Conseguenza del fatto che le carte mediorientali sono tornate in cima alla pila nella prima cancelleria d’Occidente, cioè la Casa Bianca. E come è d’uso dalla fine della guerra fredda in poi, è stato un presidente repubblicano – anche se Trump lo è sui generis, diversamente da George W. Bush – a declinare questo tema come principale nell’elaborazione della politica estera, al contrario dell’impostazione più “globalista” degli altri due presidenti democratici. Dove Clinton si era occupato più di temi europei – la riunificazione della Germania e poi la guerra nei Balcani – e Obama invece aveva spostato il baricentro verso il Pacifico.

I fatti. Mondo

Ebraismo e sinistra, è proprio divorzio?

di Daniele Nahum

Ogni volta che leggo su un giornale una notizia di rilievo su Israele so già che verrò assalito da un conflitto interno, soprattutto per l’interpretazione che ne daranno i miei amici e compagni che militano nei partiti di “sinistra” e i miei confratelli italiani di religione ebraica. Viviamo in un’epoca in cui la lettura dei fenomeni politici è spesso approssimativa. Figuriamoci quando si devono trattare temi di carattere internazionale. L’apice dell’approssimazione si raggiunge spesso – a mio avviso – quando si parla di Israele e del suo conflitto con il mondo arabo e palestinese. In quel caso si crea, soprattutto in Italia, un vero tifo da stadio che permea anche il campo della politica (per non parlare dei social media) e spesso complica il ruolo che potrebbe giocare il nostro paese sullo scacchiere mediorientale.

I fatti. Mondo

Uno spettro si aggira per l’Europa: il fascismo

di Antonio Panzeri

È indubbio che stiamo vivendo una fase nella quale la democrazia è in ritirata pressoché ovunque. Una fase caratterizzata più dai sentimenti della paura e del rancore che dalla fiducia. La fiducia è il collante di una società davvero libera, la paura invece è la moneta corrente dell’autocrate: e noi abbiamo un bisogno disperato della prima. Molti storici usano la metafora del “pendolo” per descrivere queste fasi che si alternano nella vita delle società. La pace di Westfalia del 1648 pose fine all’idea hobbesiana della guerra di tutti contro tutti: gli Stati non interferirono nelle rispettive politiche nazionali nel periodo post napoleonico, fino a quando la Germania di Bismarck ruppe questo equilibrio dando avvio alle due guerre mondiali. Dal dramma della seconda guerra mondiale nacque l’idea dell’Europa che oggi conosciamo e che sembra essere messa a dura prova.

I fatti. Mondo

Brexit: incognite e variabili in campo

di Domenico Cerabona

Per parlare di Brexit, a oltre un anno e mezzo dal referendum che ha sancito l’abbandono dell’Unione europea da parte del Regno Unito occorre subito dire una cosa: se si rivotasse oggi il risultato sarebbe quasi sicuramente identico a quello del 23 giugno 2016. Le ragioni sono piuttosto banali: la motivazione che ha spinto la maggioranza degli elettori britannici a votare per il leave aveva poco o niente a che fare con la permanenza all’interno dell’Unione europea. Una ricerca dell’Università di Warwick rivela che «la qualità dei servizi pubblici forniti è sistematicamente correlata alle percentuali di voto del leave. In particolare i tagli effettuati nell’ambito del recente piano di austerità attuati nel Regno Unito (per volere dei governi Cameron, nda) sono fortemente associati alle percentuali in favore del leave».

I fatti. Quando la storia eravamo noi

1958: Modugno libera tutti

di Ernesto Bassignano

Così come il nostro grande rivoluzionario poeta Luigi Tenco, qualche anno dopo, avrebbe aperto le porte al rivoluzionario 1968, il folk-singer, cantante, attore e infine anche politico Domenico Modugno, il Mimmo nazionale, spalancando nel 1958 le braccia al cielo come il redentore di Rio e con il suo irrefrenabile urlo-anelito di libertà, aprì le porte ai favolosi Sixties e al nostro lontano e ormai mitico boom.

Le persone. Parliamo di lui/lei

Robert Mueller: il procuratore del Russiagate

di Martino Mazzonis

«Questa corte ha piena fiducia nelle sue impeccabili credenziali, nella sua rilevante esperienza nelle trattative (…) e conosce la sua reputazione di integrità». Il giudice di distretto George Seeh doveva nominare qualcuno per verificare che un rimborso miliardario, dovuto da una casa di produzione di airbag, andasse come doveva. Erano i primi di maggio del 2017 e la sua scelta – spiegata con le parole qui sopra – cadeva su Robert Mueller che un anno prima aveva presieduto ai negoziati per la multa comminata a Volkswagen per aver mentito sulla quantità di emissioni prodotte dalle auto a gasolio di sua produzione.

Le persone. Donne da cui dobbiamo imparare

Sessant’anni dopo la legge Merlin

di Livia Turco

Il 29 gennaio 1958 fu approvata, dopo un lungo e tormentato iter parlamentare, la legge “Abolizione della regolamentazione della prostituzione e lotta contro lo sfruttamento della prostituzione altrui” (legge 75/1958), nota come “legge Merlin”, dal cognome della senatrice socialista, la quale nella prima legislatura democratica, il 6 agosto 1948, ebbe il coraggio di presentare una proposta di legge che mirava ad abolire le cosiddette “case chiuse” privando così gli uomini di quel luogo di potere e di piacere che, cancellato ormai ovunque, era sopravvissuto in Italia per scelta del regime fascista.

Le persone. Chi l'ha visto?

Oskar Lafontaine, il Napoleone della Saar

di Paolo Soldini

Verso la fine degli anni Novanta si conquistò sulla stampa britannica il titolo di “uomo più pericoloso d’Europa”. Oskar Lafontaine, allora presidente della SPD, il più antico e forte dei partiti socialdemocratici del continente, voleva una completa armonizzazione della fiscalità nei paesi dell’Unione e una riforma delle istituzioni che portasse a una vera politica economica comune, da finanziare con una tassazione delle transazioni finanziarie. Cibo del diavolo per gli inglesi: non solo per gli eredi spirituali di Margaret Thatcher, ma anche per i brillanti decisionisti del New Labour di Tony Blair che intanto erano saliti al potere a Londra e che in quell’estremismo europeista vedevano una specie di diabolica reincarnazione del vecchio esprit massimalista, dell’ammuffito socialismo continentale e delle sue esecrabili escrescenze burocratiche.

Le persone. Pensieri lunghi

Stefano Rodotà, un giurista al di sopra delle classificazioni

di Franco Gallo

Ho conosciuto Stefano Rodotà negli anni Sessanta. Erano i tempi in cui frequentavamo i cosiddetti “liberali di sinistra” che collaboravano attivamente a “Il Mondo” di Mario Pannunzio e di Ernesto Rossi e si riunivano al ridotto dell’Eliseo insieme a Venerio Cattani, Leopoldo Piccardi, Eugenio Scalfari, Nicolò Carandini, il mio maestro Tullio Ascarelli e tanti altri politici, intellettuali e giuristi di estrazione non comunista. Abbiamo poi seguito percorsi diversi. Lui scriveva già su “Il Mondo” e si era dedicato al diritto civile privilegiando gli aspetti più prettamente costituzionali della materia. Sul piano dell’impegno politico, dopo una breve militanza nel vecchio Partito Radicale, aveva aderito al gruppo degli Indipendenti di sinistra entrando nel 1979 in Parlamento nelle liste del PCI insieme a molti di essi.

Le persone. Pensieri lunghi

La sconfitta culturale della sinistra

di Franco Giordano

La crisi delle sinistre in Europa e in Italia perdura da tanto tempo e sembra non avere una fine. Ezio Mauro, in un interessante editoriale su “la Repubblica”, individua nelle metamorfosi del lavoro e nelle trasformazioni in corso il ritardo analitico che ha determinato l’impoverimento sociale. Ma, aggiunge, che «senza una cultura riconoscibile (...) la politica vive di vita artificiale». Anzi «con il vuoto della cultura manca un’anima e ci si batte soltanto per sopravvivere dentro l’egemonia culturale altrui». D’altronde sul terreno economico ci si esalta per l’innovazione e spesso si finisce per proporre interventi apertamente neoliberisti. Non è questo l’epilogo del blairismo e del più modesto provincialismo emulativo del nostrano Renzi? Ma, fuori dal neoliberismo, si ripropone solo uno stanco keynesismo chiuso a ogni innovazione. In Italia, a questo proposito, forti del primato del contratto sulla norma e in assenza di un reale conflitto sociale organizzato si sono rapidamente rovesciate in senso peggiorativo le condizioni materiali del lavoro.

Le recensioni di Italianieuropei

Chomsky, l’occidente e lo spaesamento della globalizzazione

di Nestore Pirillo

Potere, libertà, eguaglianza: Noam Chomsky indaga lo spaesamento prodotto dalla globalizzazione. Il testo “Le dieci leggi del potere. Requiem per il sogno americano” fa seguito al documentario girato con lo stesso titolo (2015) ed è concepito come un insieme di dieci “note” apposte all’orizzonte di aspettative del sogno americano. In coerenza con la propria formazione, l’autore tende a sottrarre le tematiche svolte ai costrutti teoretici, all’aura, delle narrazioni postmoderne. Secondo una prospettiva peculiare della sinistra radicale statunitense, la genesi dell’odierna ineguaglianza e aspirazione alla libertà balzano in primo piano come fenomeni “senza precedenti”, dovuti alla “concentrazione della ricchezza, legata a una concentrazione di potere”.

Le recensioni di Italianieuropei

Gli antimoderni

di David Bidussa

«Essere davvero antimoderni oggi – conclude Compagnon alla fine del suo lungo viaggio nelle parole, nelle idiosincrasie e nelle culture degli antimoderni tra Rivoluzione francese e Sessantotto – significa battersi a testa rovesciata, mostrarsi refrattari alla doxa antimoderna eretta sempre più a pensiero unico, e difendere i valori dei Lumi, le libertà moderne, l’umanesimo civile, la ragione pratica, la modernità democratica, lo Stato di diritto. Non è il momento di scherzare con questi ideali in tempi di fondamentalismi crescenti in ogni sponda. Bisogna essere ben ingenui per credere che la minaccia venga oggi dal modernismo e che a dover essere temuti, oggi, all’inizio del XXI secolo, siano i trionfi del moderno, e non i nuovi tipi di arcaismo. E se la questione è sempre quella di mostrarsi indocili, perché la letteratura è proprio questo – essere all’opposizione –, è venuto il momento di esaltare i Lumi, e non di fare gli schizzinosi».

Dizionario civile

Autorità

di Giovanni Scirocco

Il concetto di autorità, in qualsiasi ambito lo si consideri, privato o pubblico, implica il problema del rapporto con il potere e, di conseguenza, la legittimità di quest’ultimo, tanto più in un’epoca come la nostra, di crisi dei fondamenti stessi della democrazia, a cominciare dall’esercizio del voto. Una questione ancora più complessa in un paese come l’Italia, di (relativamente) recente formazione nazionale e delle sue istituzioni repubblicane e con una tragica esperienza di governi autoritari e dittatoriali, tradottasi in una relazione non semplice tra cittadini e Stato. È questo il nodo tematico alle origini stesse della politica, la giustificazione del potere. Infatti, come scrisse il grande politologo inglese Martin Wight, «il potere non si giustifica da solo: deve esserlo attraverso un riferimento a qualche fonte esterna o superiore a esso, trasformandosi così in autorità». Nel passaggio sette-ottocentesco dagli Stati assoluti e dalle società di antico regime alle moderne democrazie parlamentari, espressioni di società di massa fondate su interessi di classe, il ruolo di mediazione tra rappresentati e rappresentanti è stato in gran parte assunto dai partiti.