Italianieuropei 3/2019
Italianieuropei 3/2019

In questo numero


Il risultato del voto europeo dello scorso 26 maggio ci consegna l’immagine di un’Europa in cui le forze europeiste e democratiche hanno retto l’onda d’urto dei sovranisti ma, scosse dal terremoto elettorale, sono ora chiamate a reagire e ad offrire una risposta politica al disagio restituito dalle urne.

Disagio e smarrimento che emergono invece con forza dal voto italiano, dove, a differenza del resto del continente, cresce enormemente il consenso per la Lega di Salvini e per chi finge di dare risposte semplicistiche, illusorie e allo stesso tempo terribili a una sofferenza che è però impossibile e controproducente continuare a negare, soprattutto per quelle forze di sinistra che della sofferenza del loro popolo dovrebbero farsi portavoce e paladini.

il Sommario

l' Editoriale

Dopo le elezioni, la partita dell’Europa

La bufera delle elezioni europee ha spazzato il continente, ma la struttura politica dell’Europa democratica ha retto. Certo il sistema politico appare indebolito e più frantumato rispetto al passato, tuttavia l’ondata nazionalista, populista e neofascista non è riuscita a sovvertire i rapporti di forza né ha travolto gli assetti politici dei principali paesi, salvo ciò che è accaduto in Italia.

gli Articoli

Agenda. Il voto di un paese smarrito

La società dietro il voto

di Carlo Buttaroni

Come tutti i fenomeni sociali, anche le elezioni si prestano a svariate interpretazioni, secondo il versante di osservazione. I risultati del voto europeo, a prima vista, non lasciano spazio a equivoci. Sicuramente, come molti analisti hanno sottolineato, è stato il secondo tempo delle elezioni politiche, con un rovesciamento dei rapporti di forza all’interno della maggioranza di governo.
Per la Lega si prevedeva un incremento dei consensi e per il Movimento 5 Stelle un deciso calo. Tutto questo è avvenuto, ma le dimensioni del ribaltamento sono andate ben oltre le previsioni.

Agenda. Il voto di un paese smarrito

Il voto della volatilità

di Michele Prospero

Il primo dato che emerge dal voto del 26 maggio è la elevata volatilità del consenso. Gli spostamenti di preferenza che si registrano rispetto alle consultazioni del marzo 2018 raggiungono nel complesso il 49% delle schede. Segno evidente, anche questo, che il sistema politico rimane ancora molto fluido, più nulla di organizzato è in grado di resistere. Il mutare rapido delle fortune elettorali dà la sensazione di un sistema incapace di consolidamento, sprovvisto di una forza di controllo e di direzione da parte dei movimenti politici.

Agenda. Il voto di un paese smarrito

La quarta ondata leghista

di Federico Fornaro

Domenica 26 maggio si sono svolte nel nostro paese le elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo. Erano elezioni europee e non elezioni politiche generali. Potrebbe apparire una sottolineatura ultronea ed è invece assolutamente necessaria e utile per evitare fuorvianti interpretazioni del voto.
Ci fu, infatti, chi nel 2014 scambiò il risultato delle europee con quello delle politiche, smarrendo quindi la dimensione della realtà e iniziando da quel momento a fondare la propria azione di governo (e non solo) su di un presupposto fallace. Sappiamo tutti come è andata a finire, ma ancora durante la recente campagna elettorale Renzi non ha perso occasione per paragonare il suo 40,8% alle europee del 2014 con i risultati percentualmente simili della DC di De Gasperi e di Fanfani, continuando pervicacemente a ignorare le abissali differenze nelle percentuali di votanti: 58,7% di partecipazione al voto nel 2014 contro il 90% e più degli anni dei record democristiani.

Agenda. Il voto di un paese smarrito

Europee 2019, alcune considerazioni

di Marco Almagisti e Matteo Zanellato

L’Europa ha affrontato le ultime elezioni dopo essere stata investita dalle crisi multiple dell’ultimo decennio (economica, finanziaria, migratoria). Ciononostante, i dati dell’Eurobarometro dimostrano che la fiducia di cui gode l’Unione è cresciuta dal 50% (nel 2006) al 65% (a fine 2018). A differenza dell’andamento europeo, in Italia la fiducia nell’UE è diminuita, nello stesso periodo, dal 64 al 49%. Gli elementi critici che abbiamo richiamato in apertura hanno messo alla prova la tenuta complessiva delle istituzioni europee e, per questo motivo, le elezioni del 2019 erano considerate cruciali sia per le sorti dell’Unione sia per determinare lo stato di salute delle forze partitiche europee tradizionali. A partire dal Trattato di Maastricht, l’UE è andata via via restringendo i propri parametri economico-finanziari, cambiando il focus delle proprie politiche: se prima l’obiettivo centrale era la coesione tra gli Stati membri, oggi è la competitività a livello globale.

Focus. Il neoliberismo oltre se stesso

Il futuro dell’ordine mondiale neoliberista tra trasformazione e resilienza

di Salvatore Biasco

La mia è una riflessione su cosa stia succedendo nell’ordine mondiale della politica e dell’economia, con un interrogativo in mente: siamo alla vigilia di una qualche uscita dal regime neoliberale che ha informato questa fase del capitalismo negli ultimi decenni? Quand’anche non sia così, occorre interrogarsi sulle fratture e le contraddizioni interne che si addensano in quel regime che, proprio perché interne, aggiungono elementi al disordine del sistema e aprono dinamiche politiche la cui direzione dipende da molti elementi, ma in primis dalla forza e dalla guida dei movimenti di protesta.
La mia prospettiva è essenzialmente rivolta al mondo occidentale e alla posta in gioco per la sinistra. Pur soffermandomi sull’ordine economico, mi è ben chiaro che questo si intreccia con tante altre connotazioni del quadro mondiale (militari, geopolitiche, antropologiche, religiose, attinenti al fenomeno migratorio ecc.).

Focus. Il neoliberismo oltre se stesso

L’invidia da passione mobilitante a detonatore di rivolta

di Nadia Urbinati

Vincitori e vinti sono categorie portanti della storia dell’umanità, che potrebbe essere scandita secondo i mezzi e le forme delle lotte e delle competizioni che hanno prodotto vincitori e vinti. La civiltà liberale alla quale apparteniamo produce e riproduce vincitori e vinti sul campo di battaglia del mercato, per mezzo del denaro e con l’ambito traguardo di una distribuzione dei beni soddisfacente (dove la soddisfazione è mutevole in ragione del mutamento dei bisogni). Nella sua ricca e suggestiva ricognizione dell’ordine liberale mondiale nel quale annaspiamo oggi, Salvatore Biasco suggerisce di riprendere in mano la categoria marxiana della “contraddizione” che si sorregge su un impianto architettonico fatto di fondamenta e sovrapposizioni.

Focus. Il neoliberismo oltre se stesso

Seduzioni e delusioni del neoliberismo

di Carlo Galli

Sotto l’apparenza di essere uno sviluppo del razionalismo moderno – dell’utilitarismo, dello strumentalismo, dell’individualismo –, il neoliberismo attinge la propria energia e legittimità da fonti irrazionali, dalla mobilitazione del sentimento e del desiderio, da una volontà di potenza latente nelle soggettività moderne, emotivamente eccitata e governata dalle agenzie di senso (alte e basse, mediatiche e teoretiche) che nel radicarsi del neoliberismo hanno avuto un’importanza decisiva.
Il neoliberismo è la dottrina, di derivazione marginalistica (Mises e Hayek), che si pone l’obiettivo di distruggere la teoria classico-marxiana del valore-lavoro, e di spostare il baricentro del pensiero economico dalla produzione, e dalle sue contraddizioni, al rapporto domanda-offerta, e ai suoi equilibri (il kosmos, l’ordine spontaneo).

Focus. Il neoliberismo oltre se stesso

Ridefinire il rapporto tra economia e società

di Mauro Magatti

Siamo dunque alla fine del neoliberismo? Anche se nella storia le continuità sono sempre rilevanti, io credo di sì. La crisi finanziaria ha rotto gli equilibri del ventennio 1989-2009 e ora il capitalismo è alla ricerca di una nuova conformazione. Di cui si intravvedono alcuni elementi embrionali. La buona notizia è che la partita non è ancora chiusa e c’è tuttora spazio (non per molto però) per una soluzione positiva. Anche se, nel frattempo, i rischi sono enormi.
Che piaccia o no, la presidenza Trump ha iniziato una nuova fase storica in cui l’obiettivo della potenza americana è quello di costruire nuovi rapporti di forza, militari e commerciali, a livello globale.

Focus. Il neoliberismo oltre se stesso

Come smontare il regime neoliberale

di Ferruccio Capelli

In molti negli ultimi anni hanno espresso meraviglia per il modo in cui il sistema neoliberale ha superato la bufera della grande crisi: la crisi finanziaria del 2007-08 e quella del debito del 2011. Essa, affrontata con un afflusso massiccio di risorse pubbliche e con alcuni aggiustamenti nella regolamentazione del sistema bancario, sembra superata e riassorbita. La crisi del sistema, temuta o vagheggiata nel mezzo della tempesta finanziaria, sembrerebbe quindi scantonata: le cose possono andare avanti come prima.
In realtà un osservatore attento dovrebbe cogliere il formarsi di una linea di frattura che, con il passare del tempo, dà segni di un progressivo aggravarsi. Come scrive Biasco, le strutture portanti dell’economia continuano sostanzialmente a operare come nel periodo precedente la crisi, mentre si è aperto un problema di legittimazione culturale – e politica! – del sistema.

Focus. Il neoliberismo oltre se stesso

Scenari di un interregno

di Guido Solti

Più che il neoliberismo, è il capitalismo il vero filo rosso del saggio di Salvatore Biasco pubblicato in questo numero di “Italianieuropei” (si tratta di mettersi d’accordo sulle gerarchie), con i suoi corollari di politiche, cultura ed equilibri internazionali. Del modo in cui si presenta oggi il capitalismo contemporaneo egli ci offre il più completo check-up a più di dieci anni dalla crisi finanziaria. Il quadro traccia gli elementi di una transizione da un mondo definito (coeso e tale da marcare un regime) a un altro mondo che ancora non si conosce completamente. Non a caso Biasco cita Wolfgang Streeck: il capitalismo potrebbe distruggersi da solo senza che vi sia un’alternativa. Ma Biasco non la pensa così: sono la coerenza del sistema e la sua coesione politica a potersi distruggere, non certo il capitalismo.

Il racconto

La bandiera rossa e i capricci del vento

di Mimmo Gangemi

Cicco, pur giovane, si sentiva mastro muratore di fino. Aveva però origini campagnole, i suoi erano imbrattati di terra, a menare di zappa per dieci ore filate, lui stesso aveva cominciato così. Apposta, quelli che mastri lo erano da generazioni e lo esibivano orgogliosi – alcuni avevano preteso il don davanti al nome – torcevano il muso al sentirlo annomare mastro e “mastricchio” correggevano. Apposta non lo avevano accettato tra i socialisti, nella fede che legava alla maestranza, la classe di mezzo in quegli anni Cinquanta, più di un rosso cerasuolo sui ghiri fritti in padella. Apposta Cicco s’era scostato più in là, comunista. Comunisti dichiarati ce n’erano pochi nel paesino alle prime pendici dell’Aspromonte. Il più infervorato era il professore Rollo.

I fatti. Mondo

Le ragioni forti di una pace giusta in Medio Oriente

di Massimo D'Alema

Da molti anni a questa parte in Occidente e in Europa la causa palestinese si sta indebolendo. A essere debole è innanzitutto l’azione dei governi che, al di là del rituale richiamo europeo alla necessità di due Stati, sembra aver perduto ogni efficacia e convinzione. Ma ancor più allarmanti sono la debolezza del sostegno dell’opinione pubblica e la scarsa eco che la causa palestinese ha sui mezzi di informazione e nelle scelte politiche programmatiche dei principali partiti. Anche un paese come l’Italia, che ha una lunga tradizione di solidarietà con il popolo palestinese, storicamente sorretta da un larghissimo consenso politico, è pienamente investito da questo riflusso e da questo cambiamento nell’orientamento della pubblica opinione.
Cosa si può fare per rilanciare la causa palestinese e riproporla all’attenzione dell’opinione pubblica e quindi rimetterla al centro dell’azione di governo? Perché si è determinata tale situazione?

I fatti. Mondo

Copyright: una normativa europea equa e favorevole all’Italia

di Enrico Gasbarra

Sono particolarmente orgoglioso che la legislatura al Parlamento europeo si sia conclusa con la vittoria di una grande e significativa sfida come l’approvazione della revisione della direttiva sul copyright nel mercato online. La normativa sul diritto d’autore, concepita nel 2001, si dimostrava infatti ormai obsoleta e ricca di lacune legislative, pensata com’era per uno scenario completamente diverso, in cui il tema dello sfruttamento online a fini di lucro di contenuti culturali e creativi ancora non imperversava.
L’evoluzione digitale impetuosa degli ultimi anni ha invece imposto all’Unione europea un solido lavoro di aggiornamento legislativo, capace di introdurre e riconoscere maggiori tutele ai proprietari di diritti per far fronte al Far West creatosi nella rete.

Le persone. Parliamo di lui/lei

Le tante vite di Bernard Tapie

di Gianni Marsilli

Più che un imprenditore, è un capogiro. Più che un politico, è un torcicollo. Seguirlo nelle sue peripezie giudiziarie fa venire le vertigini, ci si perde come in un labirinto. Attribuirgli un colore politico è rischioso come una puntata alla roulette. Anche oggi che conta 76 giri di valzer, convive con due tumori e ha appena ritrovato il suo ciuffo, per quanto incanutito, dopo l’offesa della chemioterapia. Bernard Tapie, detto Nanard, è così. O meglio “i” Bernard Tapie sono così. Perché ce ne sono una diecina, forse di più. Si assomigliano come gocce d’acqua, ma non vanno confusi. C’è il cantante pop degli anni Sessanta, che voleva rivaleggiare con Johnny Hallyday e Françoise Hardy e gorgheggiava alla TV in bianco e nero con quella bella faccia da mascalzone, un tocco di Belmondo nel sorriso ampio e uno di Delon nello sguardo duro a piacere. Lui spopolò, la sua canzonetta no.

Le recensioni di Italianieuropei

Fascismo e antifascismo: usi e abusi

di Paolo Corsini

Da tempo ormai nel nostro paese, così come in Europa, si assiste alla recrudescenza di manifestazioni di impronta neofascista, qualcosa di più di isolati, sporadici episodi: richiami espliciti al Ventennio, esaltazione della Repubblica Sociale Italiana, negazione dell’Olocausto, celebrazioni di Hitler e del nazismo, invocazione di un “nuovo ordine europeo” retto sulla nazione e sulla razza in nome di una diversità biologica, ben oltre le forme di neorazzismo in circolazione, ricorrenti nel quadro di una diffusa indifferenza da parte di un’opinione pubblica sempre meno reattiva e sempre più apatica: i vari tipi di razzismo differenzialista, concorrenziale, addizionale, da allarme, da pregiudizio eurocentrico per richiamare una classificazione ormai codificata delle ostilità neorazziste più frequentemente operanti nel corpo sociale.

Dizionario civile

Solidarietà

di Carlo Borgomeo

La solidarietà, ovviamente, non è misurabile. Gli unici dati, più o meno oggettivi, che possono essere utilizzati sono quelli che si riferiscono alla consistenza del volontariato o al valore delle donazioni. Sono dati in crescita in tutto il paese. Ma, più in generale, si ha l’impressione che le esperienze di solidarietà, di gratuità, abbiano una particolare diffusione.
Probabilmente tale maggiore propensione al dono dipende da due circostanze. Da una parte, è riconducibile alla violenza della crisi economica e alle carenze delle tradizionali strutture di welfare: l’aumento del numero di persone in povertà assoluta e il diffondersi di situazioni di disagio che spesso assumono le caratteristiche di gravi patologie sociali indubbiamente inducono molti a darsi da fare per accogliere, assistere, condividere.