Italianieuropei 1/2021
Italianieuropei 1/2021

In questo numero

 

Dove va la destra dopo Trump. Nella cornice del cambiamento di prospettiva europeo e sull’onda della vittoria di Joe Biden negli Stati Uniti, abbiamo voluto dare la parola alla destra per offrire elementi di analisi su cui riflettere per comprendere su quali basi le forze conservatrici italiane intendono costruire il loro progetto politico dopo la fine dell’esperienza di Trump. Pur non essendo “Italianieuropei” un luogo neutrale del confronto politico, riteniamo utile in questo momento contribuire al dibattito pubblico con un approfondimento di merito su questioni di grande importanza e sulle quali certamente torneremo a discutere.

Viaggio nel Gruppo di Visegrad. Dal momento della sua nascita, esattamente 30 anni fa, il Gruppo di Visegrad, cui partecipano oggi Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e la Slovacchia, si è riunito allo scopo di dimostrare la capacità dei suoi membri di cooperare tra loro e, così facendo, di accelerare il processo di aggiustamento e poi di adesione all’UE e alla NATO.

 

il Sommario

gli Articoli

Agenda. Dove va la destra dopo Trump

Introduzione

di Redazione

Il 2020 rimarrà nell’immaginario di tutti come l’anno terribile della emergenza sanitaria, economica e sociale causata dal Covid-19. Sullo sfondo della crisi, e in parte per ragioni che sono a essa legate, abbiamo assistito anche al verificarsi di alcuni importanti cambiamenti di ordine politico. Tra questi, due in particolare potranno avere effetti importan­ti anche sugli scenari politici italiani. Da un lato, il cambiamento di prospettiva dell’Unione europea, che di fronte alla pandemia ha saputo trovare una solidarietà e una progettualità inattese e da tempo invocate; dall’altro, la sconfitta di Trump nelle elezioni per la conquista di un secondo mandato che non solo, con la fine della parentesi dell’“America first”, può aprire prospettive nuove al multilateralismo e agli strumenti della governance internazionale, ma priva le forze della destra mondiale di un punto di riferimento al quale, pur con toni e sfumature diverse, richiamarsi.

Agenda. Dove va la destra dopo Trump

L’insurrezione populista e la destra dopo Trump

di Giovanni Orsina

Con la sconfitta di Donald Trump, resa più pesante ancora dagli avvenimenti del giorno dell’Epifania, si chiude un periodo: il “quadriennio populista” apertosi nel 2016 con la sua ascesa alla Casa Bianca da un lato e il referendum sulla Brexit dall’altro. Ora, la fine del quadriennio mette senz’altro i partiti politici di destra e centrodestra, italiani e non, sovranisti e non, di fronte alla necessità di ripensarsi. Al centrodestra moderato lascia credere che si possano aprire gli spazi per una rivincita, per recuperare gli elettori perduti. Alla destra populista richiede una riflessione strategica: se l’ondata 2016-20 è entrata in una fase di riflusso, è possibile immaginare una “guerra” sovranista di posizione piuttosto che un assalto all’arma bianca alle roccaforti del potere?

Agenda. Dove va la destra dopo Trump

Il trumpismo non è stato un incidente della storia

di Giorgia Meloni

L’elezione di Joe Biden alla presidenza degli Stati Uniti è stata accolta con un diffuso entusiasmo dalle élite occidentali, convinte di avere inflitto un colpo decisivo al sovranismo montante in diverse aree del pianeta e di avere ritrovato un partner più propenso al dialogo multilaterale e meno muscolare nelle relazioni internazionali. Queste legittime valutazioni hanno assunto i toni della propaganda, ampli­ficati dalla gran parte della stampa internazionale e dai social media, che hanno attuato una campagna di censura senza precedenti nei confronti del presidente Trump che dovrebbe suscitare allarme in ogni sincero democratico. Ma su questo tornerò più avanti.

Agenda. Dove va la destra dopo Trump

Con la presidenza Biden, Europa e Usa più vicini

di Mariastella Gelmini

L’insediamento di Joe Biden alla Casa Bianca, all’esito della più partecipata elezione americana della storia dell’ultimo secolo, non costituirà probabilmente quella cesura con il passato recente della più grande democrazia del mondo che molti osservatori hanno inteso leggere o hanno ferventemente auspicato. E questo per una pluralità di ragioni che dovrebbero sconsigliare un approccio superficiale – e talvolta un po’ provinciale – al tema dell’impatto delle elezioni presidenziali statunitensi sia sull’evoluzione di relazioni internazionali sempre più complesse che sulle vicende politiche italiane. Solo un’analisi superficiale e un eccesso di faziosità possono consentire di traslare il risultato americano in un superamento di fenomeni ben più profondi che hanno riguardato le società più evolute e che, per semplicità, vengono definiti di volta in volta nel dibattito pubblico come “populismi”, “sovranismi” quando non addirittura “nazionalismi”.

Agenda. Dove va la destra dopo Trump

La visione strategica della Lega

di Lorenzo Fontana

Gli eventi dell’ultimo anno hanno incisivamente cambiato il quadro politico sia a livello nazionale che a livello europeo e mondiale, e a oggi è ancora difficile capire come evolveranno gli scenari. Ma alcuni dei fatti accaduti meritano un serio approfondimento.
Per quanto riguarda l’Unione europea, un punto a mio giudizio dirimente è il netto cambiamento di rotta e la discontinuità con le politiche di austerità e rigorismo che hanno profondamento segnato le economie di alcuni Stati, e in particolare il nostro, fino allo scorso anno. Conscia di aver mancato di leadership e probabilmente di lucidità durante la crisi finanziaria del 2008 soprattutto per quanto concerne le azioni a salvaguardia dei cittadini, l’Unione, che nella crisi finanziaria, avvitandosi nel rigorismo improduttivo e nell’austerità, aveva generato una spirale di povertà, ha completamente cambiato strategia.

Agenda. Dove va la destra dopo Trump

La destra tra euro-atlantismo e superamento del trumpismo

di Gaetano Quagliariello

Nelle letture a fini di studio, per forza di cose più disordinate e disorganiche di quelle di un tempo, mi è capitato recentemente d’imbattermi in una polemica, risalente ai primi anni Sessanta, tra Giuseppe Maranini e Vittorio De Caprariis. La diatriba verteva sul sistema elettorale auspicabile: il primo era sostenitore di un maggioritario “british”, il secondo propugnatore del proporzionalismo in quanto funzionale al varo di un centrosinistra che allora si prospettava come approdo ancora incerto. Maranini e De Caprariis, in politica interna, avevano come idealtipo comune di riferimento il sistema politico di tipo anglosassone, poggiato su un’ampia base sociale e per questo in grado di produrre divisioni “dentro” il sistema e non “sul” sistema.

Agenda. Dove va la destra dopo Trump

Dalla politica dei capri espiatori a quella delle soluzioni

di Annalisa Chirico

L’Italia la ricostruiranno gli italiani, l’Italia la ricostruiremo noi. Come già accaduto in passato, ci rimboccheremo le maniche e lavoreremo sodo per risollevare le sorti del nostro grande paese. Con strumenti e modalità nuovi, dacché la storia si ripete per analogie, non per identità perfette. “Aiutati che Dio t’aiuta” è un modo di dire che ritorna ne “I promessi sposi” quando Agnese, nel suggerire alla figlia Lucia e a Renzo la celebrazione di un matrimonio a sorpresa, scandisce: «Dio dice: aiutati ch’io t’aiuto». E una tal saggezza popolare riecheggia, tra previsioni meteorologiche e aforismi vari, nelle pagine dell’“Almanacco del povero Richard”, a firma di Benjamin Franklin, laddove compare la seguente massima: «God helps those who help themselves».

Focus. Viaggio nel Gruppo di Visegrad

Il Gruppo di Visegrad e l’UE: conflitto d’interessi o diverse visioni del futuro?

di Thierry Vissol

Il 15 febbraio 1991 i capi di Stato e di governo della Polonia, dell’Ungheria e della Cecoslovacchia, riuniti nella cittadina, altamente simbolica, di Visegrad,1 capoluogo poco distante da Budapest fondato dal primo mitico re ungherese, santo Stefano, decisero di associarsi per dar vita ad alcune forme di cooperazione in campo militare, culturale, economico ed energetico con l’obiettivo di accelerare il loro processo di adesione all’Unione europea e alla NATO. La separazione della Slovacchia dalla Repubblica Ceca il 1° gennaio 1993 ha portato a quattro i membri di questo gruppo, denominato da allora Gruppo di Visegrad o V4. Benché il gruppo abbia una presidenza a rotazione annuale, una piccola struttura amministrativa e si sia dotato di un Fondo internazionale d’investimento e di aiuto finanziario con un bilancio annuale di 3 milioni di euro, non ha una sede fissa e non pretende di costituirsi in una istituzione o fare concorrenza a quelle europee.

Focus. Viaggio nel Gruppo di Visegrad

La torsione illiberale e il rapporto con l’UE

di Simona Guerra

Da alcuni decenni è in atto un processo di declino della democrazia nel mondo. La democrazia intesa come insieme di istituzioni democratiche basate su pluralismo liberale, con valori condivisi dai cittadini, è attaccata da più parti e in più paesi nel mondo. Vengono colpite le fonti di informazione, la società civile, il mondo dell’istruzione e della giustizia. I colpi inferti alla democrazia non vengono compiuti attraverso attacchi diretti o frodi elettorali o colpi di Stato. Questi cambiamenti avanzano gradualmente, sono gli stessi leader eletti dai cittadini che mettono mano alla autonomia della giustizia, alla libertà della stampa e dell’informazione televisiva, alle elezioni stesse. Non si assiste a un movimento contrario al processo democratico, ma si svuotano le democrazie dall’interno, e si privano dei loro perni centrali. La facciata esterna è quella della democrazia, all’interno si producono declino ed erosione della democrazia.

Focus. Viaggio nel Gruppo di Visegrad

Le complesse dinamiche nel Parlamento Europeo

di Daniele Pasquinucci

Nel febbraio del 1991, i governi di Cecoslovacchia, Polonia e Ungheria dettero vita al Gruppo di Visegrad. Tra i motivi che spinsero Václav Havel, Lech Wałęsa e József Antall a compiere quel passo vi fu l’idea che l’unione delle forze avrebbe favorito la trasformazione economico-sociale, la democratizzazione e l’ingresso nella nascente Unione europea dei loro rispettivi paesi. A quel tempo, Visegrad significava occidentalizzazione ed europeizzazione. Commettono un errore quanti, oggi, vedono nel Gruppo, chiamato anche V4, un blocco coeso e attestato su posizioni unitarie. Al contrario, Bratislava, Budapest, Praga e Varsavia divergono su molte questioni cruciali. Il rapporto con la Russia è il caso più evidente di disallineamento. La Polonia percepisce l’ingombrante vicino come una minaccia per la propria sicurezza, mentre gli altri membri del Gruppo hanno posizioni più articolate, con l’Ungheria che taluni considerano addirittura un proxy del Cremlino.

Focus. Viaggio nel Gruppo di Visegrad

Trenta gloriosi? il Gruppo di Visegrad fra ambizioni storiche, risultati tattici e fallimenti strategici

di Stefano Bottoni e Irene Polimeni

Ogni vicenda politica necessita di un mito fondativo che diventi narrazione identitaria. Per il Gruppo di Visegrad questo è il congresso che vide riuniti nell’autunno 1335, ospiti della fortezza che domina l’omonima cittadina ungherese sulle rive del Danubio, i re Giovanni I di Boemia, Carlo I d’Angiò d’Ungheria e Casimiro III di Polonia. I sovrani dei grandi regni centroeuropei dell’epoca medievale si incontrarono per rinsaldare rapporti diplomatici guastati da decenni di conflitti e turbolenze sociali e per formare un’alleanza antiasburgica mirata alla creazione di nuove rotte commerciali per bypassare il porto di Vienna e ottenere un più facile accesso ai principali mercati europei. La dimensione simbolica è quindi da sempre connaturata ai risvolti pratici della temporanea alleanza scaturita dall’incontro del 1335.

Focus. Viaggio nel Gruppo di Visegrad

L'Ungheria e lo stato di diritto

di Massimo Congiu

Le più recenti valutazioni della Commissione europea sullo Stato di diritto in Ungheria sono tutt’altro che incoraggianti e sottolineano diverse criticità. Secondo l’istituzione: «L’indipendenza e l’efficacia del consiglio dei media sono a rischio e la trasparenza della proprietà dei media non è pienamente garantita. Inoltre l’importante numero di inserzioni pubblicitarie dello Stato affidata ai mezzi di informazio­ne filogovernativi ha consentito al governo di esercitare un’influenza politica indiretta sui media.

Focus. Viaggio nel Gruppo di Visegrad

Gli intellettuali ungheresi, l’Europa e Orban

di Mariarosaria Sciglitano

Quello dell’identità europea, e di conseguenza dell’Ungheria come Stato membro dell’Unione europea, è uno dei temi maggiormente presenti nella riflessione degli scrittori e in generale degli intellettuali ungheresi più influenti in patria. Scrittori e intellettuali che da tempo denunciano, purtroppo non ascoltati, la deriva antidemocratica verso cui il sistema di Viktor Orban, secondo i critici, sta spingendo sempre più il paese. A loro giudizio l’attuale primo ministro ha messo da parte i principi europei di democrazia e rispetto dello Stato di diritto e si è avvicinato pericolosamente a Vladimir Putin, a ulteriore dimostrazione delle sue tendenze autoritarie.
Diversi scrittori e intellettuali ungheresi, attivi per lo più a Budapest, sono da tempo impegnati nella critica a un sistema-paese che fa fatica a guardarsi allo specchio per trarre spunti utili a una crescita sociale e culturale, tutto questo anche prima che Orban tornasse al potere.

Focus. Viaggio nel Gruppo di Visegrad

Causa efficiens. Appunti sul caso polacco

di Leszek Kazana

Da centocinquant’anni la storiografia polacca si domanda se vi fu una causa efficiens. Se lo domanda riguardo alle spartizioni che tra il 1772 e il 1795 cancellarono la prima repubblica nobiliare: che, peraltro, fu una monarchia, ma elettiva. Se vi fu, fu di ordine interno: il liberum veto, per cui ogni singolo deputato poteva far saltare la Dieta? O fu, al contrario, esterna: la rapacità di San Pietroburgo, Berlino e Vienna? Di Vienna forse un po’ meno, perché, firmando il primo trattato di spartizione, Maria Teresa, pare, piangeva. Federico II confermò, è vero, piangeva, e piangendo diceva: mi prendo anche questo e quello. Fino alla metà dell’Ottocento si puntò sulla causa esterna, poi su quell’interna, oggi prevale l’intreccio.
Nel periodo 1795-1918 i polacchi vissero sotto il domino di Russia, Prussia (dal 1871 Germania) e Austria (dal 1867 Austria-Ungheria). Stando male, insorsero un paio di volte e peggiorarono le cose: l’ordre règnait à Varsovie.

Focus. Viaggio nel Gruppo di Visegrad

La crisi dello stato di diritto in Polonia

di Daniele Stasi

La sentenza della Corte costituzionale (Trybunał Konstytucyjny) del 22 ottobre 2020, che definisce alcune restrizioni al diritto all’interruzione della gravidanza, ha gettato una luce sulla crisi in cui versa lo Stato di diritto in Polonia. La decisione della Corte, la cui maggioranza dei membri è stata nominata dall’attuale coalizione governativa nazionalpopulista, più che per stabilire la conformità della legge vigente sull’aborto alla Costituzione pare dettata dall’obiettivo di introdurre limitazioni consentanee alle linee programmatiche della maggioranza di governo, sostenuta in maniera massiccia dai settori clericali della società, tra cui l’integralista Radio Maryja, e sottoporre il massimo organo di controllo della costituzionalità delle leggi ai desiderata dell’esecutivo. La sentenza del 22 ottobre era stata preceduta da altri provvedimenti governativi attinenti all’organizzazione della magistratura che avevano messo in allarme l’Unione europea, tra cui la costituzione dell’Organo di controllo disciplinare della Corte suprema (Izba Dyscyplinarna Sądu Najwyższego) cui è attribuita la funzione di esaminare la correttezza degli adempimenti di natura giuridica nei tribunali polacchi.

Le recensioni di Italianieuropei

Una visione globale della politica del cibo

di Claudia Sorlini

La crisi causata dalla pandemia è l’occasione per l’autore di “Cibo sovrano. Le guerre alimentari globali al tempo del virus” per fare il punto sulle politiche del cibo dei più importanti paesi del pianeta, per identificare problemi e fragilità ed esprimere valutazioni e proposte. Il libro, oltre a essere molto ben documentato, si avvale anche dell’esperienza maturata da Maurizio Martina al ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali in una fase (2014-18) in cui l’Italia si è trovata al centro di un evento planetario, come l’EXPO Milano 2015, con le molteplici relazioni internazionali che ne sono conseguite.
L’autore parte dall’osservazione degli effetti socialmente ed economicamente devastanti della pandemia che ha accentuato vecchi problemi mai risolti e ne ha creato di nuovi: centinaia di milioni di persone che ancora soffrono la fame, nuovi poveri che si aggiungono a quelli preesistenti, incremento delle diseguaglianze all’interno di ogni paese con ulteriore allargamento della forbice fra gli strati più ricchi e quelli più poveri, dove la povertà economica si declina con quella culturale, abitativa e digitale.

Le recensioni di Italianieuropei

L’oscura potenza della Russia contemporanea

di Lorenzo Fattori

Gli anni più recenti sono stati segnati, nel campo politico, dall’insorgenza di fenomeni destabilizzanti in tutto l’Occidente, con i successi colti da quelle forze che vanno sotto l’etichetta di movimenti “sovranisti”. In questo scenario, svariati osservatori hanno ritenuto possibile individuare, in controluce, un ruolo attivo della Russia di Vladimir Putin: un tema postosi al centro del dibattito mondiale con l’inchiesta sulle possibili interferenze nelle elezioni statunitensi del 2016.
Che la Russia odierna, a prescindere da tali ricostruzioni, abbia saputo guadagnarsi uno spazio centrale nello scacchiere geopolitico non solo regionale ma, come dimostra ad esempio la sua crescente influenza nel Medio Oriente, di livello mondiale, è sotto gli occhi di tutti. La vera domanda è come ci sia riuscita, dopo la lunga stagione di convulse crisi che aveva attraversato dopo il crollo dell’URSS e, successivamente, nel periodo finale della presidenza di Boris El’cin.

Dizionario civile

Destra/Sinistra

di Marco Almagisti e Paolo Graziano

Non è la presenza di un governo a sancire la differenza fra la democrazia liberale e gli altri tipi di sistema politico. I governi, infatti, sono presenti in tutti i sistemi politici: democratico-liberali, autoritari e totalitari. Elemento specifico delle democrazie liberali, oltre a un suffragio universale effettivo, è l’esistenza di un’opposizione legalmente e socialmente riconosciuta. Non si comprende la specificità della cittadinanza democratica senza fare riferimento alla possibilità di dissenso etico e politico radicata nella libertà di critica.
Secondo Alessandro Pizzorno sono le peculiarità della storia europea a consentire, a seguito dell’affermazione della libertà religiosa, anche il conseguimento della libertà politica; ciò accade quando diviene possibile, per utilizzare una sua efficace espressione, «trasferire il contenuto del foro interno dell’individuo sul foro esterno».