studiosa di Lingue e letterature straniere, cura una rassegna sulla stampa estera per “L’Argine”.
Un gruppo di persone giovani (a colori), principalmente donne, entra in una stanza piena di uomini (in bianco e nero). Questa la copertina del “New Yorker”, a firma di Barry Blitt, dopo le elezioni di metà mandato dello scorso 6 novembre che hanno visto i democratici riconquistare – per la prima volta in otto anni – la Camera con il 9,2% in più rispetto ai repubblicani.
Il capitalismo è un enorme fallimento. «Se hai centinaia di migliaia di bambini che vivono in case dove non c’è abbastanza per sopravvivere, questo rappresenta un enorme fallimento. Come altro si potrebbe definire? (…) Com’è possibile parlare di successo quando il tuo paese è cresciuto di circa il 3% ma hai il più alto numero di senzatetto del mondo sviluppato?». A parlare è Jacinda Ardern, leader del partito laburista neozelandese e – nel momento in cui pronunciava queste parole – in procinto di diventare primo ministro della Nuova Zelanda.
Sulla stampa anglosassone, anche di orientamento conservatore e liberale, trovano sempre più spazio argomenti e idee propri di una sinistra d’ispirazione socialista. Che siano il “Financial Times”, il “Guardian”, il “New York Times” o “The Nation”, sulle loro pagine si incontrano ormai frequentemente analisi vicine a una certa sensibilità politica, anche quando non si sta parlando di Bernie Sanders o Jeremy Corbyn. Quelle idee, di stampo socialista, socialdemocratico, laburista, diventano visione, prospettiva, costituiscono la vera e propria chiave di lettura di alcuni articoli dedicati alle questioni sociali ed economiche. E tornano a essere considerate credibili.