Patriarcato

Written by Laura Bazzicalupo Thursday, 15 February 2024 12:35
Patriarcato ©iStockphoto/pilli

 

Ancora patriarcato? Il termine circola di nuovo insistentemente. Eppure sembrava archiviato dopo la stagione delle lotte femministe che lo avevano scelto come indicatore polemico della lunghissima storia del dominio maschile. L'Occidente non è una società patriarcale. Forse è possibile proiettare la definizione su altre culture, per sentirci civili e immaginare altre parti del globo da civilizzare. Ma da noi no, non esistono più il patriarcato né il silenzio delle donne. Al contrario il discorso sulle donne e delle donne è pervasivo: è il politically correct dominante. È impossibile oggi avanzare esplicitamente, da qualunque parte politica o sociale, argomentazioni razionali e politiche che affermino la superiorità del maschile sul femminile, pena levate di scudi e proteste.

Eppure... ci troviamo a parlare con un certo sgomento di patriarcato, di fronte a continui scoppi di violenza maschile con esiti spesso funesti, a denunce di abusi pregressi commessi da uomini di potere... Tracce di una lunga agonia: nella evidente e enfatizzata discontinuità, una persistenza segreta che esplode imprevista. Il codice patriarcale, cancellato, sembra funzionare in modo fantasmatico, ancora pilastro segreto della società, non solo in quella che si continua a pensare come la periferia del mondo, ma nel suo stesso, civilissimo cuore.

Come fonte di legittimità dell'ordine sociale, politico, sessuale è esaurito. Ma in un momento storico di profondo disordine di tutti gli istituti - e più che mai della famiglia - di disorientamento e instabilità, dalle crepe dell'edificio (recente e probabilmente non solido) della parità di genere appena conquistata, ecco che fuoriesce il vecchio fantasma. Vuol dire che non se ne era mai andato? Che lo sbandierato post-patriarcato non è che una forma di vita in cui quel fondamento sociale innestato sul vivo dei corpi soprattutto ma non solo femminili, continua a funzionare "sotto cancellatura"? O dobbiamo pensare che la rivoluzione non è conclusa (e succede sempre, nelle rivoluzioni, il replicarsi delle vecchie strutture del potere sociale e culturale, nei nuovi assetti di potere) dal momento che forme nuove, inedite di patriarcato emergono, sollecitate dalla mercificazione delle vite del sistema neoliberale? Forme di neo-patriarcato che ci sfidano a nuovi, accidentati cicli di lotte e nuovi aggiustamenti, come nuove sono le contraddizioni, i disordini, i fraintendimenti prodotti dall'emergente "femminilizzazione" che valorizza quei caratteri che denotavano la minorità femminile: duttilità, adattatività, resilienza.

È necessario forse intenderci sulla semantica del termine.

1. Che cos'è patriarcato? È stato innanzitutto una potentissima, millenaria forma di organizzazione sessuale sociale politica ed economica, stabilizzata dal diritto romano e confermata-rafforzata dalla religione giudaico-cristiana.

C'è poi un patriarcato moderno, indubbiamente indebolito e 'travestito' entro un lessico giuridico e politico liberale formalmente ugualitario. Fino alle costituzioni postbelliche, il suo è un dominio esplicito e riconosciuto sulla vita privata materiale e immateriale, con una coloritura più affettiva e protettiva, ma comunque gerarchica; lascia peraltro la sua impronta nella costruzione dello spazio pubblico e nella forma dello Stato amministrativo e paternalista. Sulla minorità giuridico-politica delle donne in una rappresentazione ugualitaria liberale e democratica, si appunta la loro battaglia emancipazionista, in un'ottica di inclusione e parità. Le costituzioni postbelliche, sancendo la parità giuridica, dichiarano la fine 'ufficiale' del patriarcato.

Di patriarcato a questo punto parleranno, e molto, le femministe della seconda ondata, negli anni Settanta, in termini di "ordine simbolico". Che persiste ed è operativo, nonostante la formale parità giuridica: un ordine che organizza i processi profondi di soggettivazione maschili e femminili, reiterando lo schema della minorità delle donne. È questo il nodo della nostra contemporaneità: un codice simbolico attivo nella formazione della soggettività rende difficile e contrasta la 'liberazione'. Un nodo che sposta le lotte dal piano politico-economico tradizionalmente gestite dalla sinistra, al privato che è direttamente politico. Generando incomprensione in quella parte della sinistra che 'non capisce' la prospettiva soggettivista, e la ritiene connivente con l'individualismo neoliberale.

Il disorientamento innescato da una lotta contro un ordine invisibile, interiorizzato, performativo delle organizzazioni di potere ma anche di quelle del contro-potere, evidenzia il delicatissimo problema delle dinamiche di riproduzione del potere sociale, nelle quali potere e contestazione sono co-implicati. Induce a rivedere i fronti, le alleanze. Il patriarcato sembra oggi segnalare - al rovescio - un fronte nuovo intersezionale di critica, nel quale il collante non è esclusivamente il genere ma il sovrapporsi di posizioni 'dominate', razziali, economiche, coloniali, culturali.

Ma, quali sono le 'ragioni' storiche di una così potente persistenza, a dispetto della sua infondatezza?

2. Innanzitutto le origini, l'oscuro momento di insorgenza. L'antropologia (che opera anche sui miti che legittimano l'ordine sociale) lo rinviene nel punto di innesto della cultura (che è umana, sociale) sull'invariante biologica della riproduzione sessuata. Non il sesso ma la fecondità è la differenza naturale originaria, decisiva per la sopravvivenza della specie e in sé anarchica, animale. Su di essa, il dominio maschile innesta l'appropriazione e il controllo, per far propria la filiazione. Atto sociale e pre-politico (nel senso di pre-istituzionale) che muta l'egualitarismo indeterminato iniziale, l'accoppiamento disordinato, e determina la divisione dei compiti e degli spazi. Tutto ciò che segue è effetto dei discorsi di legittimazione, dei miti di conferma, dei dispositivi educativi che conservano l'ordine, che operano attraverso la forma binaria delle valorazioni, sempre asimmetriche, che strutturano l'ordine sociale: spirito/corpo, ragione/natura, ordine/disordine: maschile/femminile.

La riproduzione da fatto biologico diventa pilastro sociale: dalla presa sul corpo delle donne del proprio gruppo si passa allo "scambio delle donne", attraverso l'interdetto dell'incesto e dunque l'obbligo alla alleanza esogamica. Interdetti e appropriazioni, non sono 'fatti' naturali, ma sociali e pre-politici: il primo anello del dominio patriarcale, articolato sulla spartizione dei compiti, è agganciato a questa primitiva presa di possesso della capacità riproduttiva femminile e al confinamento delle donne nell'oikos (nella casa) dove, sotto sorveglianza/protezione, partoriscono, allevano, curano i figli. L'obiettivo del controllo sulla riproduzione è la costante. Confermata perfino oggi dall'ossessiva normazione sui corpi delle donne fertili o meno e sulle tecniche di riproduzione: tanto più quando la gestione autonoma della fertilità, con i contraccettivi, sfugge dalle mani di chi non ne possiede 'naturalmente' il bandolo.

Il carattere post-naturale del sistema trova la sua stabilizzazione nella patria potestas romana, pressoché assoluta, pilastro della civitas romana. Si formalizza quell'omologia tra forma dell'ordine politico e forma della famiglia patriarcale, che ritroviamo in Jean Bodin, teorico del fondamento profano della sovranità: summa potestas legata al maschile, alla ragione, all'ordine, mentre il femminile, se lasciato a sé stesso, non è che disordine, stregoneria. Nel diritto romano la paternità biologica cede alla assunzione giuridica della paternità - i membri della familia sono alieni iuris, privi di diritti propri - decisa liberamente dal pater attraverso il gesto (la sollevazione del neonato) e la parola di accettazione. A conferma della natura economica e pre-politica del dispositivo patriarcale, funzionale al controllo sulla filiazione patrilineare, cui consegue la trasmissione del 'patrimonio' e del 'patronimico'. Ed è in quest'ottica che si rafforza il ferreo controllo sulla fedeltà delle mogli, che, se adultere, sono condannate a morire di inedia. Col cristianesimo, il dato biologico della genitorialità torna ad essere rilevante entro una struttura familiare del tutto accentrata, anche se il Pater - a somiglianza del modello divino - assume ora una funzione simbolica protettiva e provvidenziale: incarnazione del dualismo carne-spirito.

La modernità sembra rompere con il patriarcato: come attesta la polemica Locke-Filmer. Ma è una discontinuità ambigua. L'invenzione mitologica, ma non perciò meno efficace, di Freud - il parricidio, da parte dell’orda primitiva, del padre-patriarca che monopolizzava le donne, la procreazione e il piacere, e il passaggio del suo potere alla comunità di fratelli uguali - racconta la forma moderna del patriarcato. Al parricidio non segue l'anarchia dei desideri, ma l'introiezione della Legge del Padre. La persistenza di questo dispositivo di potere inclusivo/escludente nel cuore della autorappresentazione razionale e ugualitaria del contrattualismo liberale moderno e della stessa rivoluzione francese dell'89, è la grande contraddizione: matrice di quelle sociali, razziali e coloniali denunciate prima della diseguaglianza di genere, a riprova della rocciosa rimozione che la riguarda. La dicotomia pubblico-privato, atto fondativo della politica moderna, separa gli spazi. Lo spazio pubblico - formalmente spazio dei liberi e uguali - si fonda sulla invisibilità delle donne: lo abita il soggetto giuridico-politico universale, ugualitario, prodotto mediante l'astrazione delle concrete differenze e però imposto dal differente-dominante maschile che lo modella su sé stesso (è infatti maschio, bianco e proprietario). Il privato - spazio di produzione e riproduzione - dove è 'naturale' e legittima la diseguaglianza, è depoliticizzato, invisibile. Nel privato - 'naturalmente' non egualitario, gerarchico e patriarcale - abitano le donne che ci svolgono la funzione riproduttiva, di cura e allevamento, in cambio della protezione maritale. Patriarcato maritale. Invisibili e mute le donne. La contraddizione è tale che, se pur con estrema difficoltà, a riprova dell'efficacia performativa del modello, la forma giuridica egualitaria diventa, dialetticamente, leva del processo di emancipazione. La matrice dell'emancipazionismo anti patriarcale è interna al discorso liberale e democratico, non ne intacca la struttura logica, piuttosto opera sulla contraddizione tipica dell'egualitarismo: chiede eguali diritti, parità nell'accesso al pubblico, abolizione delle discriminazioni. La critica marxista marca piuttosto la parità nei luoghi di lavoro e il non pagato lavoro di riproduzione e cura, subordinandoli alla centralità della lotta di classe.

Anche prescindendo dalle rivendicazioni femministe, le contraddizioni si moltiplicano. Relegare la donna nel silenzio dell'intimità privata - dove la sentimentalità romantica onora l'affettività materna e riconosce la passione erotica - determina nevrosi e lacerazioni, complica le relazioni e indebolisce la stessa incarnazione maschile della Legge del padre. Che resta però, per Freud, indispensabile al processo di 'normale' soggettivazione: il prezzo del disagio della civiltà. Le istituzioni sociali, famiglia Stato-patria-nazione, d'altronde, continuano a mimare la sua logica verticale e la sua funzione ordinante. Non stupisce che, quando la liberal-democrazia decretando costituzionalmente estinto, anche a livello familiare, il dominio maschile, sancisce la parità di genere, sembra che tutto non cambi abbastanza.

3. È infatti il patriarcato come ordine simbolico, ad operare, assai più duro da scalfire: per Bourdieu, "l'archeologia oggettiva del nostro inconscio" dove sono depositate le abitudini, le credenze, che replicano l'arbitraria gerarchia dei sessi, originata da fatti sociali e sentita come biologica. Sono le femministe della differenza - Irigaray, Lonzi, Muraro e tutte le altre - negli anni Settanta, contestando la connivenza dell'emancipazionismo con il codice patriarcale, a spostare l'attenzione sulla sua introiezione nelle strutture inconsce della soggettività femminile che la condannano a ripetere i moduli di condotta assoggettata. Nella stagione della generale contestazione dell'autorità, il patriarcato è l'epitome del logos autoritario nella microfisica dei poteri sociali: e la filosofia decostruttiva del fallogocentrismo lo conferma. Si cercano allora forme alternative di coordinazione, orizzontali e plurali, esperienziali, non sussumibili nel linguaggio riduttivo-astraente del giuridico.

Intanto, dall'altra parte dell'oceano, dall'interno di quel linguaggio normativo, opera l'attivismo giurisdizionale del femminismo anglosassone, denunciando gli spazi di residuale disparità, concentrandosi sull'autogestione del corpo femminile, per sottrarlo alle legislazioni intrusive, larvatamente paternaliste. Azioni affermative, giuridicamente sostenute. Nel segno, si intende, del liberalismo e poi del neo liberalismo e della sua enfasi su una libertà individuale, autonomista, competitiva. Si espande il potere femminile, ma parla un linguaggio identico, o non molto dissimile, al vecchio maschio patriarcale.

In questo scenario eterogeneo, contraddittorio, da un lato matura, con i suoi tempi lunghi, la grande rivoluzione carsica della mentalità e delle aspettative di donne e bambine, che si sentono 'naturalmente' pari ai maschi, i quali, da parte loro, modificano condotte e forma mentis: non tutti certo e non sempre. Dall'altro lato, la società neoliberale liquida, post-edipica, consumista, anti-paternalista (ma non per questo materna, in quanto prestazionale e competitiva), dissolve i confini, le protezioni, nella flessibilità delle vite: evaporazione del Padre nel 'papi' berlusconiano. Collasso della sua Legge.

4. E siamo ad oggi. Le ambivalenze si accumulano. La cosiddetta femminilizzazione post-patriarcale può riferirsi tanto alle posizioni di potere assunte da donne, che si omologano al modus maschile, quanto al lavoro sottopagato e non tutelato che è omologo ai tipici caratteri del lavoro femminile.

Se torniamo alla aggressività maschile dalla quale abbiamo preso le mosse, tanto più violenta quanto più reattiva, residuale e inconsciamente perdente, possiamo chiederci se il termine patriarcato sia adeguato. Lo è, solo nel senso che dell'antico potentissimo 'cardine' sociale è restato il nudo 'fatto' della violenza fisica, che era al suo interno, ma che oggi è forza fisica senza più la legittimazione simbolica, che la rendeva davvero potente. È venuto meno il cardine simbolico e resta solo l'esibizione di materialità bruta, da parte di maschi frustrati, che si vedono sottratta la identificazione virile e potente e non hanno che i muscoli per imporla; lo stesso vale per gli scontri muscolari tra gruppi dall'identità sociale e politica vacillante, minata dal liberismo globalizzato, che si aggrappano a violente parole patriarcali ormai screditate.

Anche se il patriarcato non è più la struttura logica e pratica che sorregge l'intera società, nondimeno permane e ritorna come espressione di disagi profondissimi: oggi le forme neo-patriarcali si ricostituiscono a danno di minorità trasversali all'essere donna. Occorrono, per contrastarle, alleanze intersezionali fra diverse subalternità e marginalità: economica, sociale, razziale e migrante. Contro un ordine che si fa più violento, dacché la sua crisi permanente mostra che il re è nudo.

 

Bibliografia minima

  • Bourdieu P., Il dominio maschile, Feltrinelli Milano 1998/2009
  • Davis A., Donne, razza e classe, (1981), Edizioni Alegre, 2018
  • Heritier F., Maschile e femminile, Laterza, Roma Bari 2000
  • Iragary I., Speculum. L'altra donna, Feltrinelli, Milano 1977
  • MacKinnon, C., Le donne sono umane?, Laterza Bari Roma 2015
  • Morini C., Per amore o per forza. Femminilizzazione del lavoro e biopolitiche del corpo, Ombre corte, Verona 2010
  • Okin S.M. Giustizia, genere e famiglia, Dedalo Bari,1999,
  • Pateman C., Il contratto sessuale, Editori Riuniti, Roma 1997
  • Rudan P., Donna. Storia e critica di un concetto polemico, Il Mulino, Bologna 2020
  • Strazzeri I., Post-patriarcato. L'agonia di un ordine simbolico, Aracne, Roma 2014