Giuliano Amato

Giuliano Amato

già presidente del Consiglio, più volte ministro e presidente della Corte costituzionale, è professore emerito dell’Istituto universitario europeo e dell’Università “Sapienza” di Roma.

Il presidente della Repubblica, cos’è e cosa alcuni vorrebbero che fosse

Ho sempre considerato la figura del presidente della Repubblica l’invenzione più difficile, eppure forse la più riuscita, dei nostri padri
costituenti. Era la più difficile perché in essa non potevano non essere conservati alcuni tratti del precedente capo dello Stato – tratti
tipici comunque del ruolo – che era necessario tuttavia sconnettere da quello che era il profilo proprio del re: un capo dello Stato rappresentativo della nazione, ma non solo rappresentativo e anzi partecipe tanto del potere esecutivo, quanto di quello legislativo.

Più Europa e meno uniformità europea

Non ci attendiamo grandi trasformazioni nel funzionamento interno e nell’azione dell’Unione europea per il solo fatto che tutti, europeisti e antieuropeisti, hanno promesso che i cambiamenti ci saranno. C’è di mezzo la capacità di resistere al nuovo che le istituzioni europee hanno dimostrato in più occasioni di avere; e c’è l’attitudine dei leaders a evitare decisioni atte a modificare uno status quo in cui ciascuno, negli anni, ha trovato il suo spazio e le sue autodifese.

Misuriamoci insieme con la novità del futuro

Caro Massimo, mi sono capitati sott’occhio in questi giorni gli appunti che mi ero fatto mentre leggevo il libro di Pierre Lellouche sul “Nuovo mondo”. Stavo preparando una relazione sull’Europa e sui cambiamenti che essa doveva affrontare in un mondo tanto diverso da quello in cui era cresciuta negli anni dell’economia fordista e della geopolitica dominata dal bipolarismo sovietico-americano. I miei appunti rivelano che dei tanti cambiamenti trattati in quel libro a testimonianza del disordine (e non dell’ordine) mondiale che si stava preparando, io feci una istintiva selezione: le nuove condizioni socioeconomiche, e quindi le grandi ricchezze, i grandi divari e le diffuse incertezze che esse stavano generando tutto intorno a noi e anche nelle nostre società (che stavano diventando società del rischio e non più della stabilità); i nostri nuovi rapporti con l’Est europeo,destinato in parte crescente a ritornare a essere Europa e quindi a condividere con noi i nostri mercati dei prodotti, il nostro mercato del lavoro e le nostre risorse comuni; la bomba demografica sempre più vicina a esplodere ai nostri confini meridionali, con milioni e milioni di poveri che per alcuni decenni avrebbero continuato a lievitare, ponendo noi davanti a un drastico dilemma: attrezzarci a fronteggiare flussi migratori incontenibili (accompagnati da scoppi di conflittualità forse altrettanto incontenibili nei paesi di origine), o attrezzarci a una efficace redistribuzione dello sviluppo.

L'Italia e la cultura

Il patrimonio culturale che l’Italia possiede va ben oltre l’immenso tesoro di opere d’arte presenti sul nostro territorio. Di esso fanno parte anche tutti i prodotti della capacità di tanti professionisti e artigiani di fare le cose belle che piacciono al mondo e di cui nessun nuovo ciclo tecnologico può cancellare la riconoscibile qualità italiana. Dalla tutela e valorizzazione di questo patrimonio culturale inteso nel suo senso più ampio possono venire non solo un considerevole contributo alla crescita economica del paese, ma anche un vero e proprio nuovo Rinascimento italiano.

 

Europa 2013. Un nuovo inizio?

Fare il punto sull’Europa alla fine del 2012 induce a valutazioni diverse da quelle che facevamo nei suoi primi mesi. Dominavano allora sentimenti di incertezza, incertezza sulla forza di quanto si stava facendo per restaurare la necessaria fiducia nell’euro e nei titoli pubblici dei paesi più indebitati e incertezza sulle prospettive future, tracciate in modo confuso e poi ripetutamente negate da rallentamenti e ripensamenti.

Il punto sull’UE

Non sono sconvolgenti, ma sono ripetuti e continui i cambiamenti che intervengono nell’Unione europea e in particolare nell’eurozona. Per questo fare il punto su di essi è un’esigenza alla quale non è facile tener dietro e a stento riesce a farlo la nostra rivista, ora che da bimestrale è diventata mensile. È importante seguirli, registrarne i possibili effetti e soprattutto capire in quale direzione ci stanno portando.

Il costo della democrazia

La democrazia americana sembra aver perso la bussola da quando la Corte Suprema ha consentito a chiunque, società commerciali e istituzioni finanziarie incluse, di finanziare senza limiti le campagne elettorali.

Essere “Italianieuropei”: il senso della partecipazione al progetto europeo

Per garantire una rinnovata stabilità alla moneta unica, l’Europa deve perseguire l’integrazione non solo fiscale ma anche e prima di tutto politica; il vuoto di democrazia proprio dell’assetto istituzionale comunitario è il primo e più grande ostacolo da rimuovere se si vuole salvare il progetto europeo.

Editoriale. Quale governo per l’economia europea?

In termini di governance, sono due le chiavi di lettura delle decisioni che in sede europea si sono venute adottando sul terreno della politica economica e finanziaria negli ultimi mesi, sino al Consiglio europeo di fine marzo. La prima chiave è quella delle novità entrate nelle procedure comuni, che negli ultimi anni sono in genere nate sul terreno del coordinamento intergovernativo, ma hanno poi preso in prestito tratti di integrazione comunitaria, per ottenere quell’efficacia di risultati che altrimenti non avrebbero. La seconda chiave è quella dei rapporti reciproci fra le istituzioni europee, che si stanno assestando sui nuovi binari e sulle nuove competenze conseguenti al Trattato di Lisbona. Sotto entrambi i profili, le novità segnalate dagli articoli che seguono sono molte e davvero diverse.

Editoriale. Il futuro della Germania in Europa

Uno dei frutti migliori del lungo dopoguerra europeo è che noi italiani siamo diventati sinceri amici della Germania. La critichiamo malvolentieri e ci dispiace trovare nelle sue scelte e nei suoi comportamenti delle ragioni per farlo. Riconosciamo infatti la capacità che ha dimostrato di liberarsi del nazismo, di condannarlo senza indulgenze e di saper vivere senza riserva alcuna in un assetto democratico fondato sulla più salda garanzia dei diritti.