Bilancio dell’UE: un pericoloso passo indietro

Di Gianni Pittella Mercoledì 20 Febbraio 2013 14:12 Stampa
Bilancio dell’UE: un pericoloso passo indietro Foto: European Council

Per la prima volta nella storia dell’integrazione, il Consiglio europeo ha raggiunto un accordo sul prossimo quadro finanziario pluriennale che prevede un bilancio inferiore rispetto a quello degli anni precedenti. Un taglio in linea con le politiche di austerità perseguite da molti governi europei che avrà un impatto negativo sulla crescita e lo sviluppo dell’UE.


Il metodo intorno al quale si è ormai consolidata in questi anni di crisi economica e sociale la governance dell’Unione europea – ultimo esempio, ma solo in ordine di tempo, la vicenda della formulazione del budget europeo per la prossima programmazione – pone seri interrogativi alla politica in generale e mette seriamente alla prova la capacità delle forze progressiste di dare risposte adeguate alla domanda di cambiamento posta dai cittadini europei.

L’Europa ha bisogno di raccogliere le energie per compiere un balzo in avanti verso la propria innovazione economica e istituzionale, attraverso la quale articolare e rafforzare i poteri di rappresentanza trasferiti dalla sfera nazionale all’entità sovrastatuale dell’Unione. Si badi bene che con questo processo non si intende certo accentrare ulteriormente il potere decisionale e di indirizzo nelle attuali burocrazie di Bruxelles, ma al contrario devolvere e allargare la guida dell’Europa direttamente all’esercizio democratico dei cittadini europei, che lo esprimono attraverso partiti opportunamente riformati nella dimensione continentale e i loro rappresentanti eletti nel Parlamento di Strasburgo, un’istituzione che deve assumere una nuova centralità nella futura architettura dei pesi e dei contrappesi dell’Unione europea. L’espressione del voto di ogni singolo cittadino dovrà determinare anche la scelta dei vertici della Commissione, trasformata in uno snello organismo esecutivo che procede secondo le indicazioni vincolanti del Parlamento e del Consiglio.

A dettare l’agenda politica dell’Europa a 27 in questa lunga fase di recessione economica e sociale sono stati prima l’alta finanza e poi i governi degli Stati che ne detengono in parte le leve. Non dovrà più accadere che decisioni di grande peso per la vita e il futuro dei cittadini, anche per singoli paesi aderenti, vengano assunte nel chiuso di una logica intergovernativa dove prevalgono gli interessi nazionali dei più forti, come è platealmente accaduto nella gestione di questa crisi. Decisioni che hanno scatenato un’emergenza sociale e occupazionale senza precedenti, che attende ancora di essere affrontata con misure e risorse adeguate a far ripartire l’economia.

Il nostro impegno deve essere volto a imporre e ottenere con una vera rivoluzione democratica questo mutamento di rotta dell’Unione europea, a cominciare dal confronto in atto tra Parlamento e governi sul bilancio europeo, al quale alcuni paesi guardano esclusivamente come una voce tra le tante da tagliare per far quadrare i conti nazionali davanti ai loro elettori. Un’ottica miope, la stessa che ha condotto anche l’Italia a imboccare la strada di politiche rigoriste fini a se stesse che hanno avuto un effetto significativamente deprimente sulla nostra economia e sull’occupazione, sul tenore di vita delle famiglie e sul livello di povertà.

Il compromesso raggiunto in occasione dell’ultimo vertice europeo non è assolutamente all’altezza delle sfide che ci attendono. Il Parlamento europeo chiedeva, e continuerà a chiedere, un bilancio dell’Unione moderno e ambizioso, capace di sostenere la ripresa europea e contribuire a mettere definitivamente alle spalle la crisi economica e finanziaria.

Ma siamo evidentemente lontanissimi dalle attese. È impossibile contrastare in maniera credibile e seria le difficoltà del momento sostenendo un bilancio che, per la prima volta nella storia europea, registra una diminuzione rispetto agli anni precedenti: un passo indietro che non ha alcuna logica e non può essere compreso. I tagli proposti avrebbero delle ricadute negative sulla vita quotidiana di tutti gli europei e per tali ragioni questo Parlamento non può accettare l’accordo così com’è. In un momento in cui si iniziano a intravedere i primi deboli segnali di ripresa, dopo anni di durissima crisi finanziaria, sarebbe ragionevole investire sull’Europa, non tagliare le gambe alla Strategia 2020. In gioco c’è la qualità delle politiche europee per il prossimo decennio: ricerca, formazione, educazione, politica estera e politica di sviluppo, e un accordo del genere non farebbe gli interessi dei cittadini europei.

È venuto il momento di voltare pagina e di indicare ai cittadini europei una nuova prospettiva, di innovazione, di giustizia sociale, di prosperità e di progresso.

 

 


 

Foto: European Council

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