già dirigente della presidenza del Consiglio dei ministri, insegna Economia politica all’Università di Firenze.
Nonostante alcuni motivi di insoddisfazione, il giudizio complessivo sulle misure del decreto liberalizzazioni, in particolare quelle su gas, trasporti e servizi pubblici locali, appare positivo. Si tratta di un primo passo nella direzione giusta, che però ha già sollevato una levata di scudi: piuttosto che lamentarsi di quanto manca nel decreto bisogna augurarsi che quello che c’è venga effettivamente attuato e che si continui sulla strada delle liberalizzazioni.
La ristrutturazione dell’assetto regolatorio delle reti di pubblica utilità è un processo in atto da più di vent’anni; tuttavia governance regolatoria insoddisfacente, privatizzazioni incomplete e liberalizzazioni non riuscite hanno impedito alle riforme di raggiungere i risultati attesi. La riuscita del nuovo assetto dipende dalla qualità istituzionale del paese.
La riforma dei servizi infrastrutturali ha recentemente avuto un ruolo centrale nelle politiche economiche di tutti i paesi avanzati. Con vari gradi, in ogni paese si è sviluppata una crescente insoddisfazione causata dallo stato delle cose e dalla struttura storica prodottasi nel corso del secolo scorso. Le riforme che ne sono conseguite, pur con caratteristiche ampiamente differenti, in particolare tra gli Stati Uniti e i paesi europei, hanno avuto un denominatore comune: il progressivo ritirarsi dello Stato dal controllo diretto sulle decisioni in diversi settori. In questo saggio verranno presi in considerazione i principali trend comuni in alcuni paesi ad economia avanzata, le differenze nei processi di riforma e si discuteranno alcune riforme di particolare significato e dense di conseguenze per l’esperienza italiana. Infine, si cercherà di rispondere alla domanda proposta nel titolo alla luce di alcuni sviluppi recenti.