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Possiamo saperne abbastanza dei migranti del nostro tempo. Nella cornice mediatica dell’emergenza, le loro immagini si sono consegnate ogni giorno al nostro sguardo che, a volte, si scopre abituato alle testimonianze drammatiche dei destini ancora affidati al mare. Conosciamo i teatri delle guerre, delle persecuzioni, della carestia e della miseria che, dall’Africa, dall’Asia e dall’Est europeo, spingono a partire per raggiungere le coste italiane, punto di approdo e porta d’ingresso al Vecchio continente tra i più favorevoli. E vediamo i migranti ritratti in tutte le fotografie del paese reale: più di cinque milioni di persone che hanno scelto di vivere in Italia, diventandone parte integrante senza che si sia ancora compiuto il loro processo di integrazione.
Più difficile è ascoltarne e comprenderne i sogni. Continua a spaventarci il cambiamento che i numeri dell’esodo ci hanno imposto proprio mentre già cedevano le nostre certezze materiali e le nostre forme sociali.
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