Una classe dirigente finita

Di Marco Follini Martedì 17 Aprile 2018 16:06 Stampa

Nessuno di noi può ragionevolmente dire: l’avevo previsto. Ma quello scricchiolio che annunciava un profondo rivolgimento politico ed elettorale si sentiva già da un po’. E soprattutto se ne sentiva l’accentuarsi nelle ultime settimane. Non era tanto il frastuono che annunciava l’arrivo delle armate della rabbia e della protesta, con le loro bandiere al vento. Era semmai il suono sinistro del cedimento di quasi tutte le giunture del palazzo, con la sua architettura apparentemente imponente e con la sua fragilità strutturale.

Sotto questo profilo, il risultato elettorale non lascia margini al dubbio. È una sentenza di condanna della classe dirigente che s’è trovata alla guida in tutti questi anni. Una condanna particolarmente severa verso Renzi e il Partito Democratico, ma quasi altrettanto verso Berlusconi e la sua illusione di eternità. Il campo “centrista”, quello su cui si poteva scommettere in previsione di uno scenario di coalizione alla tedesca, ne viene sconvolto. Cosa che può indurre a una mediocre soddisfazione, dati i molti demeriti di questa compagnia di giro. Ma che forse dovrebbe indurci a una riflessione più profonda e accorata sul percorso che abbiamo intrapreso, tutti noi. Compresi quelli più critici verso la direzione politica che si è presa.

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