L’India e le relazioni bilaterali con i BRICS

Di Sauro Mezzetti Mercoledì 20 Settembre 2023 15:05 Stampa
L’India e le relazioni bilaterali con i BRICS Illustrazione di Emanuele Ragnisco

La comparsa dei BRICS ha coinciso con una ridefinizione della politica estera indiana ed è stata il primo passo verso un ritorno con un ruolo di primo piano sugli scenari mondiali.
Dopo l’indipendenza la politica estera indiana era stata caratterizzata da un tentativo di giocare un ruolo globale, come leader dei paesi emergenti – in un mondo che si avviava velocemente verso un processo di decolonizzazione – e cercando di muoversi con autonomia rispetto ai blocchi che si stavano formando con l’avvio della guerra fredda. Il primo ministro indiano Pandit Nehru fu il più attivo promotore della nascita del movimento dei paesi non allineati, e anche di una forte politica di amicizia con la Cina popolare. Tale visione si infranse con il conflitto territoriale e la disastrosa guerra combattuta contro la Cina nel 1962, che ha lasciato un’eredità di tensioni – che perdura tutt’oggi – e che si è rinfocolata negli ultimi anni. In seguito, la politica estera indiana si è sempre più concentrata a livello locale, nell’ambito dell’Asia Centro-Meridionale, e allineata al blocco sovietico a causa delle dinamiche regionali, pur rimanendo formalmente uno dei leader del movimento dei paesi non allineati. Inoltre, il sistema economico indiano, protezionista e poco aperto ai mercati esteri, aveva ulteriormente contribuito al mantenimento di un ruolo molto limitato della sua partecipazione agli affari internazionali. Successivamente, le riforme economiche iniziate dagli anni Novanta, la crescita dei settori dell’economia della conoscenza, in particolare dell’informatica e delle biotecnologie, portarono l’India alla ribalta, a «prendere di sorpresa il mondo» secondo quanto affermato dal primo ministro Manmohan Singh.
All’inizio del XXI secolo il termine BRIC cominciò a essere conosciuto, inizialmente come un semplice acronimo che sottolineava l’ascesa economica delle potenze demografiche non occidentali e un indicatore di nuovi paradigmi globali. L’elevata popolazione non veniva più vista come un freno allo sviluppo – anzi poteva rappresentare un vantaggio competitivo in caso di una popolazione giovane – e le grandi economie mondiali non coincidevano necessariamente con quelle con il reddito pro capite più alto. L’attenzione a questo fenomeno emergeva in concomitanza con un maggiore attivismo dell’India nelle relazioni internazionali, prima sul piano economico ma poi, in maniera più decisa a partire dal secondo e terzo decennio del secolo, anche su quello geopolitico.
Dopo aver rappresentato, per qualche anno, un’espressione e un forum informale i BRIC si sono costituiti come raggruppamento nel 2009 e hanno allargato immediatamente l’associazione al Sudafrica. La loro costituzione avvenne all’indomani della crisi finanziaria globale del 2008 e rispondeva inizialmente al tentativo di costruire una forte associazione economica del Sud del mondo senza entrare necessariamente in competizione con l’Occidente. Nel corso del tempo questa caratteristica si sarebbe attenuata fino ad assumere, in tempi recenti, un motivo conduttore sempre più indirizzato in maniera competitiva alla creazione di un multipolarismo globale.
La crisi del 2008 aveva reso manifeste alcune debolezze del sistema economico indiano. Si pensava inizialmente che ci sarebbe stato un decoupling, visto il livello relativamente scarso di apertura dell’India ai mercati mondiali, ma ciò avvenne solo in parte. Sebbene gli effetti della crisi fossero stati limitati rispetto ad altri paesi, furono, tuttavia più forti del previsto. L’India era diventata, in pochi anni, uno dei principali destinatari di investimenti finanziari istituzionali in Asia e il forte deflusso di capitali americani ebbe un impatto importante sulle borse locali, che raggiunsero il minimo storico anche se non registrarono i crolli avvenuti in altre parti del mondo.1
L’istituzionalizzazione dei BRICS ha rappresentato quindi un elemento di diversificazione, una risposta alla dipendenza dall’occidente nel mercato dei capitali tramite una maggiore cooperazione Sud- Sud.
La composizione dei BRICS tocca tre continenti – Asia, Africa, America Latina – con alcune tematiche economiche comuni ma con una diversa intensità delle relazioni geopolitiche. Per quanto riguarda l’India sono molto forti quelle con Cina e Russia, potenze che fanno parte del suo contesto regionale prossimo e del suo sistema sicurezza. Sudafrica e Brasile non hanno con l’India lo stesso grado di coinvolgimento, anche se hanno un sistema di relazioni importanti. Le relazioni trilaterali tra questi paesi precedono, anzi, la costituzione dei BRICS.
Nel 2003, a margine del summit G8 di Evian, i tre paesi decisero di dar vita all’IBSA (India, Brasile, Sudafrica), un forum del Sud per la democrazia, che fu formalizzato con la dichiarazione di Brasilia del 6 giugno 2003. Si trattava di un’iniziativa pioneristica tra «vibranti democrazie appartenenti a tre regioni differenti del mondo in via di sviluppo, attive su scala globale, con lo scopo di esaminare i temi dell’agenda internazionale e quelli di mutuo interesse», riconoscendo che «negli ultimi anni era apparsa chiara l’importanza di un processo di dialogo tra le nazioni emergenti dei paesi del Sud».2 Oltre alla collaborazione su investimenti, temi economici e politici, la dichiarazione di Brasilia si incentrava anche su obiettivi sociali, di sviluppo sostenibile, inclusivo, sull’eliminazione del divario di genere e del divario digitale, auspicava uno scambio di informazioni su best practice e attività congiunte su agricoltura, cambiamenti climatici, cultura, istruzione, difesa, energia, sanità, turismo e trasporti. Intese trilaterali sono state siglate nel settore dell’agricoltura, dei biocarburanti, della definizione degli standard tecnici, della società dell’informazione e in quello marittimo. In particolare, l’India pose una forte attenzione agli accordi con il Brasile sui biocarburanti per migliorare la propria efficienza energetica e ridurre le emissioni di carbonio. Le consultazioni nell’ambito IBSA avvengono soprattutto a livello di coordinamento sulle politiche globali e regionali, cooperazione su specifici progetti tramite gruppi di lavoro e forum tra i popoli e assistenza ad altri paesi in via di sviluppo tramite progetti finanziati da un apposito fondo IBSA. Il fondo è dedicato soprattutto a piccoli progetti di lotta alla fame e alla povertà e – dalla sua creazione nel 2006 – sono stati effettuati 35 interventi in 31 paesi.3
L’India ha un’importante interazione col Brasile anche in un altro forum multilaterale, il G4 – costituito nel 2005 – che include anche il Giappone e la Germania, per ottenere il riconoscimento di un seggio permanente al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Le candidature indiana e brasiliana sono appoggiate da tutti gli attuali membri permanenti del Consiglio di sicurezza con una riserva per la Cina, che condiziona il suo appoggio a una fuoriuscita dal G4 per svincolarsi dal Giappone, contro cui pone un veto. La proposta del G4 è però osteggiata da un raggruppamento di paesi a leadership italiana, Uniting for Consensus, che si oppone all’aumento del numero dei seggi permanenti e propone invece un allargamento dei seggi non permanenti. Anche molti paesi africani non appoggiano la proposta in quanto esclude una rappresentanza del continente. Di fatto la riforma del Consiglio di sicurezza ha raggiunto uno stallo ormai ventennale, ma i paesi del G4 continuano a fare fronte comune e prendere posizioni congiunte in varie circostanze.
India e Brasile rappresentano entrambi paesi in via di sviluppo che nella seconda metà del XX secolo hanno intrapreso una strategia economica di import substitution e forte protezionismo, e iniziato a riaggiustare le loro economie in prossimità della conclusione del millennio. La partecipazione al gruppo dei BRICS ha dato un importante slancio agli scambi tra loro, che sono cresciuti nell’ultimo quarto di secolo a un tasso annuo del 16% per le esportazioni indiane e del 10% per quelle brasiliane.4 Nel 2022 l’interscambio è stato di 16,5 miliardi di dollari rispetto a 12,2 nel 2021. Per il Brasile, l’India è il quinto partner commerciale,5 mentre per l’India il Brasile è solo ventiduesimo, ma con un volume di affari importante, paragonabile, ad esempio, a quello dell’Italia o della Svizzera. Il Brasile è il principale partner economico dell’India in America Latina. Tuttavia, a differenza della Cina, le relazioni commerciali dell’India con l’America Latina devono ancora consolidarsi e crescere. L’India è ancora lontana dai volumi di scambio raggiunti dalla Cina anche se c’è stata una notevole crescita, soprattutto con il Messico, l’Argentina – paesi candidati a entrare nei BRICS – e il Costa Rica, dove ha importanti investimenti nel settore informatico.
Anche il Sudafrica ha conosciuto una crescita importante nelle relazioni commerciali con l’India e nel 2021 è diventato il principale partner commerciale nel continente, superando la Nigeria. Il valore del commercio bilaterale è passato da 2,5 miliardi di dollari nel 20036 a 18,8 nel 2022. Il Sudafrica rappresenta tra un quinto e un sesto dell’intero commercio indiano con l’Africa. Negli ultimi anni l’India ha conosciuto una forte crescita delle relazioni commerciali con l’Africa nel suo complesso, che nel 2021 hanno raggiunto un valore analogo a quello con l’Unione europea dopo aver registrato un incremento del 38,7% rispetto all’anno precedente. L’India è anche il quinto paese investitore nel continente africano.
L’India nutre una particolare attenzione rispetto all’Africa, dove risiede un’importante popolazione di origine indiana – emigrata durante il periodo coloniale nei paesi sotto il dominio britannico – assai attiva nel settore commerciale e terziario. Anche se con un certo ritardo è partita una competizione rispetto alla penetrazione commerciale e finanziaria cinese che – attualmente – è tre volte superiore. Negli ultimi anni l’India è intervenuta in maniera importante in Africa anche con politiche di aiuto, linee di credito agevolate, donazioni e scambi culturali, sociali e universitari. Ha anche attivato un dialogo con il Giappone per la creazione di un corridoio afro-asiatico per la crescita. L’India ha costituito nel proprio ministero degli Esteri un dipartimento per la cooperazione e lo sviluppo che tradizionalmente operava nei paesi vicini ma che ha assegnato una forte priorità all’Africa, che è divenuta il principale percettore di interventi di aiuto e destinataria di oltre il 40% dei crediti agevolati.7 Il Sudafrica occupa una posizione speciale nelle relazioni con l’India anche al di là della sfera economica. Ha un’importante popolazione di origine indiana – pari a un milione e mezzo di persone, quasi il 3% del totale – immigrata nella seconda metà del XIX secolo. Gandhi ha vissuto in Sudafrica per 21 anni, dal 1893 al 1914, e ha iniziato in quel paese a sviluppare la propria filosofia e praticare tecniche di non violenza. La stessa denominazione del movimento antiapartheid di Congresso nazionale africano – l’attuale partito di governo – è la medesima del movimento di liberazione indiano, il Congresso, che fu a lungo guidato da Gandhi dopo il 1920. Il Congresso nazionale africano è stato fondato nel 1912 e quello indiano nel 1885, e presentano in qualche modo una affinità di cultura nei sistemi di resistenza al potere nell’ambito dell’Impero britannico. In entrambi i casi non si trattava di rappresentare un partito o un’ideologia, ma un’intera nazione che cercava di esprimere la propria voce rispetto a un sistema oppressivo. L’India è stata tra i principali oppositori dell’apartheid, ha interrotto le relazioni diplomatiche con il governo sudafricano già nel 1946, un anno prima di conseguire l’indipendenza, e le ha riprese solo nel 1993. Le relazioni dell’India con Russia e Cina sono molto più fitte e complesse. Tutti e tre i paesi hanno interazioni strette anche su altre piattaforme multilaterali, in particolare lo SCO, l’Organizzazione per la cooperazione e la sicurezza di Shangai, che include nove paesi dell’Asia Centrale e Meridionale, compresi Iran e Pakistan. Si può affermare che nella configurazione attuale dei BRICS esistano due livelli di intensità nel sistema di relazioni interne. I rapporti con la Russia sono più lineari – si tratta infatti di un’eredità della stretta collaborazione con l’Unione Sovietica e i paesi del Patto di Varsavia – mentre, invece, sono più contradditori con la Cina, dove vi è un mix di collaborazione e competizione, anche se quest’ultima tende a prevalere.
Jawaharlal Nehru aveva visitato l’URSS quando ancora era un leader emergente del movimento per l’indipendenza e un grande ammiratore dei piani quinquennali, che cercò di applicare come modello economico, anche se in un contesto democratico, una volta divenuto primo ministro dell’India indipendente. Come capo di governo – dal 1947 al 1964 – cercò di mantenere un rapporto bilanciato sia con gli Stati Uniti che con l’URSS e di realizzare programmi di assistenza economica con entrambi i paesi; tuttavia, nel 1971, con la guerra per la liberazione del Bangladesh, si definirono schieramenti precisi con l’Unione Sovietica che appoggiava l’India, mentre la Cina e gli Stati Uniti appoggiavano il Pakistan. Questa configurazione si andò sempre più cristallizzando negli anni seguenti, con il disgelo tra USA e Cina e l’invasione dell’Afghanistan, che polarizzò il sistema nella regione in due blocchi, tra Pakistan, USA e Cina da una parte e Unione Sovietica e India dall’altra.
Le relazioni dell’India con gli Stati Uniti sono cambiate negli ultimi anni, soprattutto in funzione di un contenimento anticinese, ma ciò non ha comportato alcun mutamento nei solidi rapporti tenuti con la Russia. Nonostante la costruzione di legami forti con gli Stati Uniti, l’India è riuscita a gestire con successo un difficile equilibrio. Ciò è stato più facile durante la presidenza di Trump, che aveva ottimi rapporti personali con il primo ministro Narendra Modi e una posizione di minor ostilità nei confronti della Russia. L’Amministrazione Biden ha esercitato maggiori pressioni. L’avvento della crisi ucraina ha creato, inizialmente, aspettative sul fatto che l’India dovesse rivedere le sue posizioni ed effettuare una chiara scelta di campo ma, in realtà, è successo il contrario.
L’India, assieme al Giappone, è un partner fondamentale nella strategia di contenimento della Cina in Asia, di cui gli Stati Uniti hanno dovuto, per forza di cose, tenere conto. Le esigenze energetiche e di sicurezza dell’India presentano una dipendenza importante dalla Russia e non possono contare su una riconversione in tempi brevi. La Russia è uno dei principali fornitori di combustibile e tecnologie per il nucleare civile indiano e il 42% della capacità installata è frutto della collaborazione sovietica o russa. Inoltre, la Russia ha un accordo con l’India per concedere forniture a paesi terzi, soprattutto quelli in via di sviluppo. Si tratta di mercati cui l’India non ha un accesso diretto in quanto non ha firmato il trattato di non proliferazione nucleare. Per questo motivo non fa parte dello NSG, il gruppo dei paesi fornitori nucleari, nonostante abbia posto da tempo la sua candidatura. Sebbene sia appoggiata dagli Stati Uniti e da altri paesi membri – inclusa l’Italia – la Cina ha posto un veto a meno che l’ammissione non venga concessa anche al Pakistan.
La Russia è anche il principale partner nel settore della difesa, al quale contribuisce con oltre il 60% delle importazioni. La pressione americana, quindi, ha potuto essere assai contenuta e la diplomazia occidentale si è limitata a favorire un processo di diversificazione che è in corso da qualche anno.
L’India ha una spesa per la difesa molto alta, la terza al mondo – per via delle tensioni con Cina e Pakistan, che sono anch’esse potenze nucleari – e rappresenta quindi un mercato potenziale di grande interesse per diversi fornitori, come Stati Uniti, Francia, Israele e anche Italia. La crisi ucraina, anziché comportare un raffreddamento delle relazioni con i paesi della NATO, per via delle astensioni dell’India alle Nazioni Unite e nei vari forum internazionali, ha invece accentuato la tendenza a favorire accordi bilaterali nel settore della difesa che sono stati siglati anche dall’Italia durante la visita del presidente del Consiglio Giorgia Meloni a Delhi nel marzo 2023.
Poiché in questa fase l’India è un alleato e un mercato irrinunciabile, i paesi NATO hanno chiuso un occhio anche sul fatto che l’India ha incrementato le proprie importazioni petrolifere dalla Russia, che erano trascurabili prima della guerra con l’Ucraina – soltanto l’1% – e hanno raggiunto un picco del 42% nel maggio 2023. Tali importazioni a prezzi scontati hanno contributo a evitare ripercussioni negative sull’economia indiana e sono state pagate direttamente in rupie, con l’ulteriore vantaggio di evitare i costi di conversione della valuta. Sono anche state avviate trattative per realizzare un meccanismo permanente di conversione della rupia, che però si sono arenate per il timore del governo russo di cumulare troppe riserve in valuta indiana, che non possono essere facilmente collocate nei mercati internazionali. È un segnale che lascia presagire come il progetto di una moneta comune dei BRICS – uno dei temi dell’agenda di quest’anno – abbia comunque un percorso complesso da seguire. La Cina rappresenta oltre il 70% dell’interscambio bilaterale tra l’India e gli altri paesi BRICS, con un surplus commerciale a suo favore di oltre 70 miliardi di dollari.8 Nell’ultimo quinquennio gli scambi economici tra i due paesi sono cresciuti al tasso annuo del 29%9 nonostante il progressivo deteriorarsi delle loro relazioni. La Cina rappresenta in qualche modo un elemento dominante e una sorta di convitato di pietra anche nelle relazioni bilaterali con gli altri paesi BRICS. Anche se le relazioni commerciali sono cresciute in maniera esponenziale negli ultimi vent’anni, i rapporti tra i due paesi sono andati decisamente peggiorando. Erano relativamente buoni a inizio secolo, quando venne coniata la formula BRICS, al punto che si parlava, impropriamente, di “Cindia”, ma hanno raggiunto un livello che ricorda pericolosamente quello che ha preceduto la guerra sinoindiana del 1962 con frequenti scontri di confine. L’India condivide 3000 chilometri di confini terrestri maldefiniti con la Cina, con territori contesi e reclamati da ambo le parti. Le dispute territoriali non sono il solo fattore di confronto. L’India sente minacciata la propria sicurezza dagli investimenti infrastrutturali e portuali che la Cina ha effettuato nei vicini paesi dell’Asia Meridionale – Bangladesh, Nepal, Sri Lanka, Pakistan, Maldive – e dall’iniziativa della Via della Seta, che prevede anche la creazione di infrastrutture in una parte di territorio pakistano che è rivendicata dall’India. Questa presenza della Cina nella regione ha indotto l’India a una maggiore azione assertiva nelle politiche regionali, cercando di rafforzare il ruolo del BIMSTEC, un’associazione per la cooperazione economica dei paesi del Golfo del Bengala – che include Bangladesh, Myanmar, Sri Lanka, Thailandia e Nepal –, alcuni dei quali condividono la preoccupazione per la penetrazione cinese. L’India interviene anche fuori dall’ambito regionale, supportando paesi come il Vietnam e le Filippine, che hanno un contenzioso con la Cina nel Mar Cinese Meridionale, e investendo in infrastrutture portuali in Iran. Altri fattori critici sono la gestione delle risorse idriche e del patrimonio fluviale che scorre in entrambi i paesi, soprattutto nell’altipiano tibetano, e gli ostacoli frapposti dalla Cina all’inclusione dell’India tra i paesi fornitori di nucleare.10
La politica cinese nei confronti dell’India ha un doppio registro: è caratterizzata sia da risposte forti, anche militarmente, ma anche da aperture e dialogo. È diffusa a Pechino l’idea che l’India sia un mercato troppo grande e con un surplus troppo importante: non si può tirare troppo la corda, pena spingerla totalmente nell’orbita americana. In realtà l’India ha già fatto passi enormi di riavvicinamento agli Stati Uniti e costituito un asse forte per la difesa unitamente al Giappone e all’Australia con il rilancio del QUAD, un’intesa quadrilaterale per la difesa e la sicurezza nell’Asia e nel Pacifico che effettua regolarmente anche manovre militari congiunte. La Cina è particolarmente irritata da questa organizzazione, che ritiene un tentativo di creare una NATO asiatica. Di recente il QUAD ha allargato la collaborazione anche ad altri settori, oltre la difesa, come ad esempio la sanità. Durante la pandemia di Covid-19 è stato raggiunto, ad esempio, un accordo per favorire la distribuzione di vaccini fabbricati in India – che ne è il primo produttore mondiale – nei paesi in via di sviluppo, per contrastare l’uso politico che la Cina faceva della distribuzione dei propri vaccini.
Tra i paesi del QUAD l’asse col Giappone costituisce un cardine della politica estera indiana. Si tratta di un legame che si è rafforzato soprattutto a partire dall’arrivo al governo di Shinzo Abe – che era erede di una tradizione diplomatica di attenzione per l’India risalente ai tempi di Nehru – e di Narendra Modi. A partire dal 2018 i due paesi hanno istituito un programma annuale di esercitazioni militari congiunte chiamato Dharma Guardian, ossia il Guardiano della legge.
Le difficili relazioni tra India e Cina non hanno finora compromesso un buon partneriato all’interno dei BRICS, come per esempio nella gestione della New Development Bank e anche in altre istituzioni finanziarie di recente creazione come lo AIIB, la Banca asiatica per l’investimento nelle infrastrutture di cui i due paesi sono i principali finanziatori. Si può in qualche modo sottolineare come tra i due paesi vi sia una forte polarità – se non un vero e proprio scontro – in atto nell’Asia Meridionale e Centrale e un comune interesse – invece – negli scenari globali per favorire la crescita di un mondo multipolare, dove entrambi, però, sono in forte competizione per la leadership del Sud globale.
Il recente vertice di Johannesburg sembra aver modificato gli equilibri. La Cina ha attivamente promosso un allargamento dei BRICS, verso il quale l’India ha mostrato una certa freddezza. La nuova configurazione dei BRICS potrebbe infatti cambiare la natura del raggruppamento da un’associazione tra partner uguali di economie emergenti, a un fronte anti-occidentale a egemonia cinese. Il summit di Johannesburg è stato anche un momento di distensione nei rapporti bilaterali, con il primo vertice formale tra Modi e Xi, per discutere le questioni dei confini, dopo gli scontri di frontiera del 2020. Segnali di distensione che sono ancora deboli e soggetti a messaggi contraddittori da Pechino che, a pochi giorni di distanza, ha iniziato un’altra controversia pubblicando mappe della Cina che includono territorio indiano. Tutto lascia presagire che la complessità delle relazioni sino-indiane rimarrà un fattore determinante nel backstage dei BRICS anche con la nuova configurazione e condizionerà le loro dinamiche.


[1] Si veda S. Mezzetti, G. Prodi (a cura di), Produrre nella terra dei servizi. Le imprese italiane in India, il Mulino, Bologna 2010, p. 159.

[2] IBSA, Brasilia Declaration, 6 giugno 2003, disponibile su web.archive.org/web/20070915141009/http://www.ibsa-trilateral.org/brasil_declaration.html.

[3] IBSA Fund, disponibile su www.ibsa-trilateral.org/ibsa_fund.html.

[4] Si vedano i dati relativi agli scambi economici tra India e Brasile disponibili su oecworld/en/profile/bilateral-country/ind/partner/bra.

[5] Si veda, India: 5th largest trading partner of Brazil in 2021, in “NewsOnAir”, 28 gennaio 2022, disponibile su newsonair.com/2022/01/28/india-5th-largest-trading-partner-of-brazil-in-2021/#:~:text=India%20became%20the%205th%20largest,India%2C%20Brazil%20in%20a%20tweet.

[6] Si veda il documento dal titolo India-South Africa Relations presente sul sito del ministero degli Affari esteri indiano disponibile su www.mea.gov.in/Portal/Foreign-Relation/India-SouthAfrica_Relations.pdf.

[7] Si veda India among Africa’s top investors, bilateral trade at $89.5bn in FY22: EAM, in “Business standard”, 20 luglio 2022, disponibile su www.business-standard.com/article/current-affairs/india-among-africa-s-top-investors-bilateral-trade-at-89-5bnin-fy22-eam-122072000023_1.html.

[8] Si vedano i dati relativi agli scambi economici tra India e Cina disponibili su oec.world/en/profile/bilateral-country/ind/partner/chn.

[9] Si veda IBEF-India Brand Equity Foundation, India China Trade, febbraio 2023, disponibile su www.ibef.org/indian-exports/india-china-trade.

[10] Si veda S. Mezzetti, India, la lunga partita dei confini, in “Arel. La Rivista”, 3/2018, pp. 105-10.