Intervento al vertice BRICS di Johannesburg

Di Luiz Inácio “Lula” da Silva Mercoledì 20 Settembre 2023 15:04 Stampa
Intervento al vertice BRICS di Johannesburg Illustrazione di Emanuele Ragnisco

 

INTERVENTO AL VERTICE BRICS DI JOHANNESBURG

È una gioia tornare a Johannesburg, una città che è stata una tappa importante nella lotta contro l’apartheid e che continua a essere fon- te d’ispirazione per la lotta contro ogni forma di discriminazione e diseguaglianza.

L’ultima volta che ho partecipato a questo summit, nel 2010, ho avuto l’onore di accogliere, a Brasilia, i capi di Stato e di governo di Russia, India e Cina, oltre al Sudafrica come ospite. Appena un anno dopo, abbiamo confermato l’ingresso del Sudafrica nel primo ampliamento del nostro gruppo. La sua inclusione ci ha permesso di riflettere meglio la nuova configurazione del potere mondiale. Ne usciamo rafforzati.

Oggi rappresentiamo il 41% della popolazione e siamo responsabili del 31% del PIL mondiale a parità di potere d’acquisto. Ma ci troviamo di fronte a uno scenario più complesso rispetto a quando ci siamo riuniti per la prima volta. In pochi anni siamo passati da uno scenario di multipolarità benigna a uno che riprende la mentalità obsoleta della guerra fredda e della competizione geopolitica. Questa è una follia che genera grandi incertezze e corrode il multilateralismo. Sappiamo dove questo percorso può portarci. Il mondo deve capire che i rischi connessi sono inaccettabili per l’umanità. Non possiamo evitare di affrontare il principale conflitto attuale, che si svolge in Ucraina e ha effetti globali.

Il Brasile ha una posizione storica di difesa della sovranità, dell’integrità territoriale e di tutti gli scopi e i principi delle Nazioni Unite. Troviamo positivo che un numero crescente di paesi, tra cui i paesi BRICS, abbiano contatti diretti anche con Mosca e Kiev. Non sotto- valutiamo le difficoltà nel raggiungimento della pace. Né possiamo rimanere indifferenti davanti alle morti e alle distruzioni che aumentano ogni giorno. Siamo pronti a unirci a uno sforzo che possa effettivamente contribuire a un rapido cessate il fuoco e a una pace giusta e duratura. Tutti soffrono le conseguenze della guerra. Le popolazioni più vulnerabili nei paesi in via di sviluppo sono colpite in modo sproporzionato. La guerra in Ucraina evidenzia i limiti del Consiglio di sicurezza. I BRICS devono agire come una forza di comprensione e cooperazione. La nostra volontà si esprime nel contributo della Cina, del Sudafrica e del mio paese agli sforzi per risolvere il conflitto in Ucraina.

Molti altri conflitti e crisi non ricevono la dovuta attenzione anche se causano enormi sofferenze alle popolazioni. Haitiani, yemeniti, siriani, libici, sudanesi e palestinesi meritano tutti di vivere in pace. È inaccettabile che la spesa militare globale in un solo anno superi i 2000 miliardi di dollari, mentre la FAO ci dice che 735 milioni di persone soffrono la fame ogni giorno nel mondo. La ricerca della pace è un dovere collettivo e un imperativo per uno sviluppo giusto e sostenibile.

In molti luoghi, mentre gli uomini fanno la guerra, sono le donne a lottare per la conciliazione. Valorizzare e rafforzare il ruolo delle donne nella risoluzione dei conflitti sarà sempre più centrale per un mondo pacifico. Inoltre, l’emancipazione delle donne è una precondizione per il pieno sviluppo economico e sociale. Per parafrasare Thomas Sankara, grande leader panafricano: non possiamo aspirare a una società in cui metà della popolazione è messa a tacere dal machismo e dalla discriminazione nella partecipazione politica e nel mondo del lavoro.

Cari colleghi, il crollo della governance globale è evidente anche nelle agende di sviluppo, finanziamento e lotta al cambiamento climatico. Al mio ritorno alla presidenza del Brasile, mi rattrista vedere che l’attuazione dell’Agenda 2030 è a rischio in tutto il mondo. Un recente rapporto delle Nazioni Unite indica forti battute d’arresto. Assistiamo al più grande aumento delle diseguaglianze tra paesi negli ultimi tre decenni. Nel 30% degli obiettivi ristagniamo o regrediamo. È molto difficile combattere il cambiamento climatico mentre tanti paesi in via di sviluppo sono ancora alle prese con la fame, la povertà e altre forme di violenza. Resta rilevante il principio delle responsabilità comuni ma differenziate. I maggiori responsabili delle emissioni di carbonio che hanno causato la crisi climatica sono stati coloro che hanno realizzato la rivoluzione industriale e alimentato un estrattivismo coloniale predatorio. Hanno un debito storico nei confronti del pianeta Terra e dell’umanità. Dobbiamo valorizzare l’Accordo di Parigi e la Convenzione sul clima, invece di esternalizzare le responsabilità climatiche al Sud del mondo.

Il Brasile sta recuperando il suo ruolo guida nell’agenda ambientale. Il coordinamento con altri paesi in via di sviluppo con foreste tropi- cali per agire nelle COP su clima e biodiversità sarà vitale per dare peso ai nostri interessi. Il Summit dell’Amazzonia, tenutosi l’8 e il 9 agosto, rappresenta una pietra miliare per la necessaria costruzione di un modello di sviluppo sostenibile più equo. Le nostre risorse non devono essere sfruttate a vantaggio di pochi, ma valorizzate e messe al servizio di tutti, soprattutto per il benessere delle popolazioni locali. Ma affinché le promesse già fatte dai paesi ricchi possano essere mantenute, i finanziamenti per il clima e la biodiversità devono essere veramente nuovi e aggiuntivi rispetto ai finanziamenti per lo sviluppo. Abbiamo bisogno di un sistema finanziario internazionale che, invece di alimentare le diseguaglianze, aiuti i paesi a basso e medio reddito ad attuare cambiamenti strutturali. Ciò avverrà solo con un’adeguata rappresentanza nelle istituzioni di Bretton Woods e nei loro fondi per il clima.

L’indebitamento estero limita lo sviluppo sostenibile. È inaccettabile che i paesi in via di sviluppo siano penalizzati con tassi di interesse fino a otto volte superiori a quelli applicati ai paesi ricchi. È necessario aumentare la liquidità, espandere i finanziamenti agevolati e porre fine alle condizionalità. Il sistema commerciale multilaterale deve essere rilanciato per fungere ancora una volta da strumento per un commercio giusto, prevedibile, equo e non discriminatorio. Nessuno si ricorda più del round di sviluppo dell’Organizzazione mondiale del commercio.

La decarbonizzazione delle nostre economie deve essere accompagnata dalla creazione di posti di lavoro dignitosi, dall’industrializzazione, da infrastrutture verdi e da servizi pubblici per tutti. Attraverso la Nuova banca di sviluppo (NDB), possiamo offrire le nostre alternative di finanziamento, adatte alle esigenze del Sud del mondo. Sono certo che, sotto la guida della compagna Dilma Rousseff,1 la Banca sarà all’altezza di queste sfide. La creazione di una valuta per le transazioni commerciali e di investimento tra i membri BRICS aumenta le nostre opzioni di pagamento e riduce le nostre vulnerabilità. Presidenti, oggi i BRICS sono pienamente consolidati come marchio e asset politico di valore strategico. La partecipazione di decine di capi di Stato e di governo alla sessione allargata di domani rappresenterà un risultato storico. L’interesse di diversi paesi ad aderire al gruppo è il riconoscimento della sua crescente rilevanza. Avremo anche una troika nel G20 con solo membri BRICS, dal 2023 al 2025. Questa è ancora un’altra opportunità per portare avanti le preoccupazioni del Sud del mondo riguardo alle diseguaglianze e allo sviluppo sostenibile.

Possa l’impulso che ha motivato la creazione dei BRICS quindici anni fa continuare a ispirarci nella costruzione di un ordine multipolare, giusto e inclusivo.2

 

[1] Dilma Rousseff è stata presidente del Brasile dal 2011 al 2016. Dal marzo 2023 è presidente della Nuova banca di sviluppo (NDB).

[2] Intervento del presidente del Brasile Luiz Inácio “Lula” da Silva al vertice BRICS di Johannesburg, 22-24 agosto 2023.