Sergio Fabbrini

Sergio Fabbrini

è direttore della School of Government dell’Università di Roma LUISS “Guido Carli”.

L'America ha votato ma non ha ancora un governo

Il sistema americano di separazione dei poteri prevede istituzioni che non necessitano della fiducia reciproca per operare e i cui rappresentanti sono costretti a collaborare per poter governare. In questo quadro, il voto alle elezioni presidenziali e congressuali dello scorso 6 novembre ha fatto emergere un governo diviso fra un presidente democratico, una Camera a maggioranza repubblicana e un Senato in cui, pur in presenza di una maggioranza democratica, i repubblicani possono bloccare ogni proposta di legge indesiderata. Dato questo scenario problematico, chi governerà l’America fino al 2014?

L’ineguaglianza tra economia e politica. Recensione a Joseph E. Stiglitz, The Price of Inequality,

Quali sono le ragioni che hanno condotto a una drammatica ineguaglianza nei principali paesi occidentali – e negli Stati Uniti in particolare? Il volume del premio Nobel per l’economia Joseph Stiglitz costituisce una formidabile e documentata critica delle politiche di deregolamentazione dei mercati (definite generalmente come neoliberiste, da non confondere con neoliberali) che sono state introdotte prima negli Stati Uniti e poi in Europa negli anni Ottanta del secolo scorso. Secondo Stiglitz, negli Stati Uniti, l’esito di quelle politiche è stato una drammatica redistribuzione del reddito a favore dell’1% “super ricco” della popolazione, con relativo impoverimento del rimanente 99%.

Il futuro di Obama

I risultati delle elezioni di metà mandato tenutesi negli Stati Uniti nel novembre del 2010 tracciano un quadro piuttosto chiaro delle sfide che Obama si troverà a fronteggiare nel prossimo biennio. Soltanto con un intervento incisivo a favore della ripresa economica e dell’aumento dell’occupazione il presidente potrà sperare di vincere le elezioni del 2012.

Dove va l'America? Interpretazioni e conseguenze delle elezioni del novembre 2004

Le elezioni del novembre 2004 hanno registrato un successo «generalizzato» del Partito repubblicano e l’affermazione di una filosofia politica neo-conservatrice in vaste aree del paese. Generalizzato perché, come si sa, le elezioni del novembre 2004 riguardavano il rinnovo della presidenza, dell’intera Camera dei deputati (435 seggi) e di 1/3 dei seggi del Senato (33 su un totale di 100). Inoltre, le elezioni riguardavano anche il rinnovo di molte istituzioni statali, cioè governatorati e legislativi statali. Peraltro, tale successo del Partito repubblicano è avvenuto in presenza di una crescita sensibile della partecipazione elettorale. Nelle elezioni presidenziali ha votato il 60% degli aventi diritto, cosa che non avveniva dalle elezioni del 1968.

 

Primato della politica o primato della Costituzione?

Nelle democrazie competitive, come è ormai divenuta l’Italia, stare all’opposizione non è facile. In tali democrazie (e ancora di più in quelle maggioritarie, si pensi al Regno Unito), l’opposizione è esclusa da ogni corresponsabilità di governo, dovendosi limitare a controllare e a denunciare l’azione della maggioranza parlamentare e del suo esecutivo. Tuttavia, tale assenza di responsabilità dirette può avere anche i suoi vantaggi. Può consentire all’opposizione di ripensare e rivedere le proprie strategie e la propria cultura, così da prepararsi adeguatamente per la competizione elettorale successiva.

 

Il dilemma transatlantico. Perché l'Unione europea e gli Stati Uniti faticano a intendersi?

Con l’intervento militare in Iraq nella primavera del 2003, un conflitto aperto si è manifestato tra gli Stati Uniti e alcuni dei principali paesi dell’Unione europea (come la Francia e la Germania, che di quest’ultima sono stati tradizionalmente i paesiguida). Sul piano geostrategico, gli Stati Uniti e i paesi guida dell’Unione europea hanno manifestato una differente visione del futuro dell’ordine internazionale, centrata sul potere indiscusso degli Stati Uniti (la prima) ovvero finalizzata a promuovere una condivisione del potere internazionale tra più potenze (la seconda).

 

L'Italia nell'Unione europea: le condizioni dell'influenza

L’Italia, tanto durante la prima Repubblica quanto nel corso della seconda, ha esercitato a livello europeo un’influenza inferiore alle sue capacità e alle sue necessità. Le ragioni sono da ricercare nell’instabilità dei governi e nella scarsa coesione delle maggioranze parlamentari. In tempi recenti si è assistito a un maggiore coordinamento delle politiche comunitarie, rimane tuttavia il problema del reclutamento dei cosiddetti policy entrepreneurs.

Vino nuovo in botti vecchie. Il semiparlamentismo per chiudere la transizione italiana

L’Italia è ancora in piena transizione istituzionale. Naturalmente, è bene non confondere la transizione con la crisi. Infatti, la seconda coincide con la messa in discussione di un equilibrio politico-istituzionale vecchio, mentre la prima rinvia alla ricerca di un equilibrio politico-istituzionale nuovo. Nel caso italiano, la crisi è coincisa con la messa in discussione del modello consensuale di democrazia, mentre la transizione rinvia alla istituzionalizzazione di un modello competitivo di democrazia.

 

Che cosa sono le primarie americane?

L’America è come il calcio: tutti ne parlano, ma pochi la conoscono. La democrazia americana (nel senso degli Stati Uniti) sembra essere a portata di mano, tanto appare semplice e decifrabile. Figuriamoci le primarie: semplicissime. Così semplici da dividere i favorevoli e i contrari. Ma su che cosa? Nessuno che spieghi che cosa siano. Qui, procederò diversamente. Primo, spiegherò cosa sono le primarie americane. Secondo, discuterò quando e perché sono nate. Terzo, descriverò alcune delle implicazioni che esse hanno avuto sui partiti politici. Quarto, cercherò di trarre alcuni insegnamenti utili per chi è interessato alla democratizzazione della politica. La mia conclusione è che le primarie americane non siano esportabili, tanto sono specifiche al contesto che le ha generate. Tuttavia, esse possono fornire alcune indicazioni utili al nostro riformismo.

 

È finita l'epoca del dopo 11 settembre? Gli Stati Uniti e le elezioni di metà mandato del 2006

Le elezioni americane di midterm del novembre 2006 sono destinate ad avere un’importanza rilevante sulla politica americana e sulla sua proiezione internazionale. Dopo sei anni di inusuale governo unificato, da parte del Partito Repubblicano, delle istituzioni separate tra il 2001-06 (con la sola eccezione di una risicatissima maggioranza democratica di un seggio al senato tra il 2001-02), gli Stati Uniti sono ritornati al governo diviso che aveva connotato il periodo 1968-2000 (con le eccezioni del quadriennio 1977-80 e del biennio 1993-94). Infatti, sull’onda dello shock prodotto nel paese dagli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001, il partito del presidente repubblicano George W. Bush fu in grado di riconquistare, nelle elezioni di midterm del 2002, la maggioranza al senato e di accrescere quella già esistente alla camera dei rappresentanti.