Italianieuropei 1/2007

il Sommario

l' Editoriale

Interessi e valori: la politica estera italiana

È ancora presto per giudicare i risultati della strategia di politica estera sviluppata dal governo Prodi. È presto per valutare se la svolta attuata rispetto agli anni di Berlusconi darà tutti gli effetti sperati, anzitutto sulla scena mediorientale. Ed è presto per dire quanto il nuovo ruolo internazionale dell’Italia riuscirà a contribuire – come vorrebbero le nostre aspirazioni – a una crescita del ruolo globale dell’Europa e a una ripresa di importanza delle Nazioni Unite.

gli Articoli

Riforme istituzionali

Vi ricordate le riforme?

di R. C.

Per quasi 25 anni, dalla costituzione della Commissione bicamerale Bozzi in avanti, l’esigenza di riformare le istituzioni italiane è stata al centro del dibattito pubblico, dei programmi di governo e dell’agenda delle principali forze politiche del paese (e spesso anche delle forze minori, come la Lega). Oggi si ha l’impressione che la tensione intorno a questi temi sia improvvisamente calata. Poniamoci allora tre domande: perché le riforme istituzionali non sembrano essere oggi tra le priorità dell’agenda politica? Quali che siano le ragioni, è saggio accantonare questo tema, o non è oggi più che mai necessario affrontarlo? Se il tema deve essere affrontato, da dove ripartire per non rischiare l’ennesimo fallimento?

Riforme istituzionali

Riforme istituzionali: perché servirebbe un approccio diverso

di Cesare Pinelli

Le reazioni politiche al referendum del giugno scorso sulla seconda parte della Costituzione sono state dominate dalla prudenza. Poiché, si è detto da più parti, il corpo elettorale ha detto no solo a quella amplissima modifica costituzionale, non a revisioni puntuali, si può ripartire da queste. Visti i sorprendenti risultati, sia in termini di partecipazione (oltre la metà del corpo elettorale), sia in termini di voti contrari alla legge costituzionale (la schiacciante maggioranza), la prudenza era inevitabile. Ed è giusto pensare, non solo per prudenza, a revisioni puntuali.

Riforme istituzionali

Le vicende finanziarie della Regione Sardegna e il federalismo fiscale

di Francesco Pigliaru

L’esperienza di un assessore al bilancio e alla programmazione di una regione, e in particolare di una regione autonoma, permette di osservare da vicino le regole di ingaggio adottate da Stato e regioni nel discutere questioni rilevanti, quali la definizione, anno per anno, delle cifre da trasferire in virtù delle principali compartecipazioni IRPEF e IVA assicurate alla regione dalla carta costituzionale. Permette anche di valutare in che misura il patto di stabilità interno è (in)capace di indurre la necessaria «disciplina fiscale» e di farsi un’idea su quali rischi corre il cittadino italiano di fronte alla proliferazione di tributi regionali in assenza di un forte coordinamento statale.

Americana

È finita l'epoca del dopo 11 settembre? Gli Stati Uniti e le elezioni di metà mandato del 2006

di Sergio Fabbrini

Le elezioni americane di midterm del novembre 2006 sono destinate ad avere un’importanza rilevante sulla politica americana e sulla sua proiezione internazionale. Dopo sei anni di inusuale governo unificato, da parte del Partito Repubblicano, delle istituzioni separate tra il 2001-06 (con la sola eccezione di una risicatissima maggioranza democratica di un seggio al senato tra il 2001-02), gli Stati Uniti sono ritornati al governo diviso che aveva connotato il periodo 1968-2000 (con le eccezioni del quadriennio 1977-80 e del biennio 1993-94). Infatti, sull’onda dello shock prodotto nel paese dagli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001, il partito del presidente repubblicano George W. Bush fu in grado di riconquistare, nelle elezioni di midterm del 2002, la maggioranza al senato e di accrescere quella già esistente alla camera dei rappresentanti.

Americana

I democratici americani e la risposta alla globafobia

di Will Marshall
I repubblicani hanno trovato una comoda spiegazione per la perdita della maggioranza al Congresso alle elezioni di medio termine: è stata tutta colpa del presidente Bush. L’epica confusione con cui Bush ha gestito la guerra in Iraq, dicono, ha riportato al potere i democratici che da dodici anni erano in minoranza.Questa pur rassicurante spiegazione non tiene conto di un altro aspetto quasi altrettanto importante: la diffusa ansia riguardo alla situazione economica. Non c’è dubbio che il pasticcio in Iraq abbia spalancatola porta alle ragioni dei democratici per un cambiamento di rotta. Ma le elezioni sono anche state un referendum sull’imposta sui profitti lordi (GOP) e sulle politiche economiche che ben pochi vantaggi hanno portato alle famiglie della classe media.
Americana

Anatre zoppe e aquile imperiali

di Carlo Pinzani
Sembra di essere in Italia. Qualche giorno dopo le elezioni americane del 7 novembre, il senatore democratico del South Dakota Tim Johnson ha subito un intervento neurochirurgico per la risoluzione di un aneurisma cerebrale e, subito, si sono avanzate ipotesi, speranzose o allarmate, di un rovesciamento della maggioranza al senato. Questo avrebbe potuto dividersi tra cinquanta senatori democratici e altrettanti repubblicani, rendendo così decisivo il voto del vicepresidente Cheney (che, in questo modo, avrebbe finito per svolgere un ruolo in qualche modo comparabile con quello dei senatori a vita nel senato italiano).
Americana

I repubblicani si preparano al dopo Bush

di Maurizio Molinari

La sconfitta subita nelle urne alle elezioni di midterm segna il momento di inizio di una campagna presidenziale repubblicana che punta nel 2008 a conservare la Casa Bianca riconquistando i settori moderati e centristi dell’opinione pubblica. Se è vero che la perdita del controllo di entrambi i rami del Congresso è stata uno smacco superiore alle previsioni dei leader repubblicani – che pensavano di mantenere il controllo del senato – quando lo stratega elettorale Karl Rove si è trovato a dover spiegare al presidente George W. Bush cosa era avvenuto si è limitato a svelare un numero: 77 mila. Tanti sono stati i voti che hanno fatto la differenza nelle urne dei collegi elettorali decisivi per il voto di midterm: se fossero andati ai repubblicani avrebbero consentito di mantenere il controllo di entrambe le camere.

Americana

Il realismo etico e la battaglia per l'anima dell'America

di John Hulsman

Diversi anni fa, fui invitato ad un confronto con un esponente neoconservatore americano di fronte alla commissione relazioni estere del Bundestag tedesco. Terminato l’evento, gli chiesi in privato che cosa sarebbe accaduto al suo movimento se la guerra in Iraq fosse andata male. Non ho mai dimenticato ciò che replicò. Rispose con tono indifferente: «Se la guerra va male, ne daremo interamente la colpa all’incompetenza del presidente e della sua squadra, e passeremo a John McCain. E voi realisti continuerete a essere una voce di minoranza all’interno del Partito (Repubblicano)». Ripenso a quella conversazione quasi ogni giorno, poiché molto di ciò che discutemmo in tale occasione si è effettivamente verificato. Soprattutto, il mio avversario mi ricordò che le idee e i movimenti ideologici sono filtrati dalle persone reali e dalla politica reale. Avere ragione non basta; senza il potere politico, avere ragione è pura impotenza informata.

Energia

Introduzione

di Redazione

In Europa come negli Stati Uniti, dove la campagna per le prossime elezioni presidenziali è in pratica già iniziata, il tema dell’energia e quello, strettamente connesso, del cambiamento climatico sono al centro del dibattito politico.

Sono temi scomodi per la politica, perché tanto il sistema energetico che quello climatico sono caratterizzati da una notevolissima inerzia: qualsiasi nuova politica introdotta oggi avrà i suoi effetti solo tra molti anni, quando i politici che hanno preso la decisione avranno da tempo abbandonato la scena. In questo, energia e ambiente sono temi simili all’educazione e al governo della popolazione, che pure offrono un rapporto costi/benefici politici decisamente poco incoraggiante per i governanti.

Energia

A quando una politica energetica di largo respiro?

di Fabio Gobbo

Politica energetica o politica dello struzzo? L’Italia è dipendente dall’estero per l’84% del suo fabbisogno energetico, percentuale che aumenta sensibilmente se si considera la sola dipendenza per il petrolio, che è pari al 93%. Questa elevata dipendenza dalle fonti di produzione non domestiche ha messo il nostro paese in una condizione di estrema vulnerabilità di fronte alle turbolenze geopolitiche internazionali, col grave risultato che l’Italia è, storicamente, alla mercè dei grandi produttori di gas e petrolio internazionali, rispettivamente Russia e Algeria e, in generale, i paesi OPEC.

Energia

Le prospettive energetiche mondiali secondo il World Energy Outlook 2006

di Giuseppe Surdi

Crescita incontrollata del fabbisogno energetico, sicurezza di approvvigionamenti economicamente accessibili, incertezza sugli investimenti necessari e rischi ambientali sempre più rilevanti sono le sfide globali che il «World Energy Outlook 2006» individua come prioritarie per l’intera comunità internazionale. L’Agenzia internazionale dell’energia (AIE) nel suo rapporto annuale presenta due proiezioni al 2030 delle tendenze energetiche globali: uno «scenario di riferimento», elaborato ipotizzando l’assenza di politiche innovative rispetto a quelle attualmente in atto, e uno «scenario alternativo», in cui si assume che i governi intervengano in modo deciso in ambito energetico e ambientale.

Energia

L'offerta di gas in Europa in una prospettiva di lungo termine

di Manfred Hafner

A causa della crescente domanda europea di gas e del calo dell’offerta interna, l’Europa, nei prossimi decenni, dovrà affrontare una crescente dipendenza dalle importazioni. Le aree confinanti con l’Europa dispongono di notevoli riserve e di risorse che possono coprire l’aumento di fabbisogno delle importazioni a medio-lungo termine. Con lo sviluppo di utilizzi differenziati, soprattutto per la produzione di energia, il gas sta acquistando sempre maggiore importanza per la sicurezza delle forniture energetiche europee.

Energia

I nuovi orizzonti della politica europea dell'energia

di Giacomo Luciani

Il 10 gennaio 2007 la Commissione europea ha pubblicato un insieme di documenti che costituiscono la proposta di nuova strategia energetica dell’Unione. Si tratta di un corpus vasto e complesso che tocca molti punti di estrema importanza, e che non si vuole riassumere in questo articolo. La Commissione pone le preoccupazioni ambientali al centro della strategia, proponendo un obiettivo minimo di riduzione delle emissioni di gas serra del 20% al 2020 rispetto al 1990. Da questo obiettivo fa discendere una serie di iniziative nel campo delle energie rinnovabili, del risparmio energetico, dell’utilizzo dell’energia nucleare.

Energia

Energia nucleare. La promessa dell'elettrificazione dei bilanci energetici

di Anne Gaudard Intervista Pierre-René Bauquis
Di fronte agli imperativi posti dall’inevitabile declino nella produzione mondiale di idrocarburi e dai cambiamenti climatici, il professor Pierre-René Bauquis ritiene che sia urgente avanzare lungo la strada del «nucleare durevole». La soluzione più promettente per il 2030 è l’elettrificazione dei bilanci energetici. È il solo modo di rispondere al doppio vincolo attuale: limitazione delle emissioni di gas a effetto serra e picco della produzione di petrolio e gas. Un’opzione che non esclude, tuttavia, gli altri due necessari pilastri di una politica energetica duratura: il risparmio energetico e lo sviluppo delle fonti rinnovabili.
Europa/Europe

La sovranità in mezzo al guado: il dilemma europeo

di Giulio Sapelli

Il saggio di Giuliano Amato «Ha un futuro la Costituzione europea?»1 ha l’autorevolezza duplice dello studioso e del testimone e merita un commento che affronti il nodo del problema che esso solleva. Tale problema è quello della legittimità di una architettura costituzionale che, prima che porsi dinanzi alla sovranità, si pone in rapporto con la meccanica della decisione politico-istituzionale. Il racconto dell’iter delle riunioni del Consiglio dell’Unione europea, dove gli ambasciatori surrogano la decisione politica con l’attività di compensazione degli interessi affinché la regola dell’unanimità non blocchi qualsivoglia iniziativa, bene disvela gli arcani imperi della decisione sovranazionale e intrastatuale, che tutto è, tranne che democratica. Perché questo è il problema.

Europa/Europe

Democratizzare l'Europa

di Stefan Collignon

L’Europa versa in una crisi profonda. Emersa dal voto francese e olandese contro il Trattato costituzionale, questa crisi coinvolge tutti gli Stati membri dell’Unione europea. La presidenza tedesca dell’UE nel 2007 cercherà di trovare una via d’uscita. Se questa occasione andasse perduta, l’Unione potrebbe benissimo sparire, disperdendosi in una moltitudine di patti bilaterali tra gli Stati-nazione europei.

Mezzogiorno

Mezzogiorno e Mediterraneo. Integrazione, sviluppo locale ed emersione

di a cura di Daniela Ferrazza, Luca Meldolesi e Nicol

Una parola d’introduzione L’idea portante delle pagine che seguono risale all’estate scorsa, quando divenne chiaro che la svolta impressa dal governo di centrosinistra alla politica estera italiana dopo la guerra del Libano aveva sorpreso positivamente l’opinione pubblica internazionale – come se si trattasse di una rara avis, di un segno di cambiamento insperato, che avrebbe potuto produrre conseguenze benefiche. Perché non assecondare questa evoluzione inattesa nell’area mediterranea, tramite una partecipazione corale di iniziative meridionali amiche, allo scopo d’irrobustire, ad un tempo, queste ultime e quelle prospettive appena socchiuse? Da questo interrogativo è scaturito il workshop su «Mezzogiorno e Mediterraneo: integrazione, sviluppo locale ed emersione» svoltosi presso la Fondazione Italianieuropei il 25 ottobre 2006, da cui è tratto il contributo che segue.

Mezzogiorno

Mezzogiorno senza mafie. Un'altra idea di sviluppo economico e sociale

di Orfeo Notaristefano

Tutti gli indicatori dei principali istituti di ricerca confermano che anche negli ultimi cinque anni il Mezzogiorno d’Italia ha conosciuto sporadici slanci di crescita economica, subito vanificati da altrettanto rapidi balzi all’indietro. Il risultato è che le disparità, storiche o recenti, tra il Sud e il Centro-Nord non sono diminuiti, ma si sono accentuati.

Le idee

Introduzione all'Afghanistan

di Nicola Minasi
Se l'Afghanistan è il cimitero degli eserciti e la comprensione è una conquista, seppure mentale, l’Afghanistan si sottrae anche a questa forma di controllo. Del resto per qualcuno «l’Afghanistan è lo specchio del mondo»1 e del mondo riassume tutte le contraddizioni che, in definitiva, lo rendono incomprensibile, o almeno inaccettabile. Queste note, più che risposte sul futuro dell’Afghanistan, cercano di fornire alcuni dati di fondo su tale complessità. Le soluzioni non sono facili, ma riconoscere la molteplicità degli interessi in gioco è indispensabile per evitarne il continuo scontro e annullamento reciproco. Il primo sguardo è sull’Afghanistan, con un riferimento al Pakistan, il secondo alla comunità internazionale.