Dopo la Germania

Di Redazione Lunedì 02 Settembre 2002 02:00 Stampa

Un bipolarismo privo di trucchi e forzature, un partito socialista che sfiora il quaranta per cento dei voti, un’alleanza equilibrata al proprio interno e combattiva solo verso il proprio esterno. Ma soprattutto un riformismo capace di rivendicare le buone cose fatte al governo così come di indicare con onestà i traguardi incompiuti, presentandosi al paese con una proposta di governo chiara e credibile. Visti a due settimane di distanza, i risultati delle elezioni tedesche del 22 settembre ci dicono che la spinta della destra europea – che sbaglieremmo a considerare esaurita – può essere contrastata con efficacia solo da un’ opzione riformista solidamente consapevole della propria cultura di governo.

 

Un bipolarismo privo di trucchi e forzature, un partito socialista che sfiora il quaranta per cento dei voti, un’alleanza equilibrata al proprio interno e combattiva solo verso il proprio esterno. Ma soprattutto un riformismo capace di rivendicare le buone cose fatte al governo così come di indicare con onestà i traguardi incompiuti, presentandosi al paese con una proposta di governo chiara e credibile. Visti a due settimane di distanza, i risultati delle elezioni tedesche del 22 settembre ci dicono che la spinta della destra europea – che sbaglieremmo a considerare esaurita – può essere contrastata con efficacia solo da un’ opzione riformista solidamente consapevole della propria cultura di governo.

Di fronte ad un centrodestra che pure aveva smesso i panni dell’ etnonazionalismo più spregiudicato, la sinistra tedesca ha scelto di articolare una proposta realistica per affrontare il difficile passaggio nel quale si trova oggi il paese. Mostrandosi capace di erigere una barriera di solidarietà di fronte alla tragedia dell’alluvione, anche con il ricorso a correttivi di politica economica. Perché quella proposta poggiava sui risultati di quattro anni di riforme. Durante i quali la coalizione guidata da Gerhard Schröder ha saputo avviare il cambiamento del sistema pensionistico, ha ridotto considerevolmente la pressione fiscale, ha varato una legge sull’ immigrazione di portata storica per un paese che faceva della discendenza di sangue il criterio della cittadinanza. Quanto alla politica estera, non devono ingannare i clamori della polemica con gli Stati Uniti (che pure dovrà trovare una ricomposizione). Il governo rosso - verde si è qualificato sin dalla sua nascita per la volontà di fare della Germania un protagonista dei nuovi equilibri continentali, assumendosi le proprie responsabilità quando si trattava – come nel caso del Kosovo e dell’Afghanistan – di affiancare la comunità internazionale nella risposta alle nuove minacce alla sicurezza. Se i rischi di una rinnovata stagione di unilateralismo statunitense sono stati percepiti in maniera così drammatica, tanto da orientare una consistente parte del voto popolare, è anche per la definitiva uscita della Germania dalla lunga era post-bellica e per la sua capacità di discutere senza più inibizioni degli indirizzi di politica estera. E in questa preoccupazione, su cui Schröder ha imperniato la posizione di autonomia della Germania, dobbiamo leggere l’auspicio che l’ Europa sappia esprimere anche sui temi della lotta al terrorismo una convergenza di strumenti e vedute.

È anche per queste ragioni che in settembre a Berlino – così come a Londra un anno fa – non ha vinto l’appello identitario di una sinistra chiusa in un angolo ma la riconoscibilità di un riformismo che ha finito per risultare più credibile della destra nella guida del paese in una fase di rinnovata incertezza e quindi sullo stesso terreno dell’ innovazione necessaria. Non a caso – e fondamentalmente per le stesse ragioni – la SPD sta progressivamente erodendo i consensi dell’ex partito comunista nei Länder dell’Est. E ora, la palla passa ad altri riformismi…

Questo numero di Italiani europei si apre con una sezione dedicata all’ Ulivo, nella convinzione che non sia più rimandabile quello scatto in avanti – ripetutamente predicato ma assai debolmente praticato – per la cost ruzione di un’alleanza di centrosinistra riconoscibile ed efficace. Per questo abbiamo inteso raccogliere la sollecitazione di alcuni sindaci e di un ampio gruppo di parlamentari – aderenti all’associazione Artemide – insieme alle risposte dei segretari dei cinque partiti dell’ Ulivo. Il salto di qualità nella costruzione di un Ulivo ben riconoscibile acquista maggiore urgenza di fronte all’appannamento del governo Berlusconi e allo sfarinarsi dei suoi fantasiosi scenari economici, su cui scrivono Paolo Onofri e Pierluigi Bersani. Dai direttori della rivista viene un invito al PSE affinché sia avviato un processo capace di far convergere i diversi riformismi europei verso una rinnovata e più ampia famiglia politica: un soggetto capace di contrastare con maggiore efficacia la nuova destra europea e di rispecchiare i mutati confini della politica continentale. Due ampie parti monografiche sono dedicate alla destra che governa in Eu ropa occidentale – e in particolare al Pa rtito popolare europeo e al caso spagnolo – e alla sinistra che guida i principali paesi dell’ Europa centrorientale. Torniamo poi sui temi dell’immigrazione, del rapporto tra le due sponde dell’ Atlantico (con una originale ricerca sul confronto tra le opinioni pubbliche in tema di sicurezza), del profilo del capitalismo europeo. Ma molto altro trovate su questo numero, con il quale la nostra rivista compie il suo primo anno di vita.

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