Riconciliazione come umiltà

Di Padre Vincenzo Coli Lunedì 01 Aprile 2002 02:00 Stampa

Come ci ricorda il saluto di Francesco e Chiara («Il Signore Vi dia pace e faccia che Voi siate sempre con Lui», Fonti francescane 121; 28), il mistero di Dio, accolto e vissuto come presenza d’amore, alla maniera dei due santi assisani, costituisce per tutti gli uomini una solida base per incontrarsi, dialogare e accogliere le diversità e le ricchezze altrui, per riconciliarsi e guardare al futuro in modo più positivo. L’accoglimento del concetto di presenza, in una visione biblicofilosofica, esige atteggiamenti nuovi nell’uomo, rivolti alla sicurezza, alla serenità, alla speranza, alla voglia di incontrarsi, di dialogare; un’immagine positiva dell’altro come ricchezza offerta alla stessa realtà personale dell’individuo, fino a riconoscere l’altro come indispensabile alla propria autentica realizzazione.

 

Come ci ricorda il saluto di Francesco e Chiara («Il Signore Vi dia pace e faccia che Voi siate sempre con Lui», Fonti francescane 121; 28), il mistero di Dio, accolto e vissuto come presenza d’amore, alla maniera dei due santi assisani, costituisce per tutti gli uomini una solida base per incontrarsi, dialogare e accogliere le diversità e le ricchezze altrui, per riconciliarsi e guardare al futuro in modo più positivo. L’accoglimento del concetto di presenza, in una visione biblicofilosofica, esige atteggiamenti nuovi nell’uomo, rivolti alla sicurezza, alla serenità, alla speranza, alla voglia di incontrarsi, di dialogare; un’immagine positiva dell’altro come ricchezza offerta alla stessa realtà personale dell’individuo, fino a riconoscere l’altro come indispensabile alla propria autentica realizzazione.

Nella visione di Francesco il tema della riconciliazione è legato alla signoria/sovranità del Cristo. È dono di Dio e impegno dell’uomo. Per questo investe sia la natura e l’uomo, sia il Creatore. Per scoprire e vivere tutta la ricchezza offertaci da Francesco dobbiamo ricorrere a quei testi dove egli parla delle relazioni umane. Per Francesco infatti l’uomo è relazione, è rapporto. E l’altro, il fratello e la sorella, non sono un’appendice del nostro essere poiché la vera personalità è interpersonale. Francesco indica due cammini indispensabili: la riconciliazione con se stessi e la riconciliazione con i fratelli; e suggerisce alcuni atteggiamenti: la benevolenza come atteggiamento preliminare, ovvero una visione positiva dell’altro, saper vedere con il cuore e saper udire e ascoltare. L’accettazione dell’altro così com’è – nella Lettera ad un Ministro dice che non dobbiamo volere che gli altri siano migliori per noi. L’umiltà, che non significa disprezzarsi ma semplicemente non porsi al centro del mondo, poiché la persona umile afferma la propria identità, ma fa spazio anche a quella dei fratelli. Solo così è possibile la comunione nella diversità, ambedue frutto dello Spirito Santo di Dio. Infine il dialogo, che è possibile quando facciamo spazio agli altri in noi ed esige una ricca vita interiore di cui il vero dialogo si nutre. Non si tratta di addivenire a compromessi, ma di convergere verso possibili valori condivisi per un nuovo progetto di vita.

Questo è quanto mi sembra ci suggerisca Francesco in questo luogo a lui dedicato dal genio dei grandi e dalla pietà popolare. L’augurio è che il suggerimento di Francesco sia accolto e vissuto nella misura del possibile da ciascuno di noi. Occorrono gesti simbolici, come la storica giornata di preghiera per la pace del mondo del 24 gennaio, che richiamino oggi gesti antichi come quelli già presenti nel Primo Testamento. Mi riferisco a Giacobbe (Genesi 28,18): lui per «bloccare» in qualche modo la divinità; noi per confermare, da una parte, l’impegno di giustizia, di condivisione, di solidarietà che dia come frutto la pace, e dall’altra, per operare la riconciliazione con noi e tra noi. Perché credo che la giustizia, la condivisione e la solidarietà siano il frutto di uomini rappacificati, riconciliati con sé e con gli altri, con Dio o con la propria visione della vita.