L'importanza di un'Agenzia indipendente per la valutazione

Di Giuseppe Benagiano e Giulia Ajello Venerdì 27 Marzo 2009 20:18 Stampa

Si auspica la creazione di un’agenzia nazionale per la valutazione e il controllo nel suo complesso del sistema sanitario italiano. I compiti dell’agenzia do­vranno essere l’autorizzazione e l’accreditamento delle strutture, la loro valutazione e quella della qua­lità dei servizi erogati. Il cittadino va reso partecipe di questo processo associandolo alla gestione e al­le scelte effettuate dalle direzioni delle aziende.

Nella seconda metà del 2008 il sottosegretario al ministero del Lavoro, della salute e delle politiche sociali Ferruccio Fazio aveva annunziato la trasformazione dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, AGENAS, in un ente terzo per la valutazione della qualità dei servizi sanitari erogati in Italia. La nuova agenzia negli intenti del sottosegretario dovrebbe tener conto del giudizio dei cittadini, attraverso metodi per valutare la loro soddisfazione (la cosiddetta customer satisfaction). Si tratterebbe di un importante passo avanti perché, se i cittadini saranno chiamati ad esprimersi sui servizi erogati, sulla loro accessibilità e qualità, essi saranno finalmente cooptati nel governo del loro sistema salute.

È giusto sottolineare che il Gruppo sanità di Italianieuropei aveva proposto fin dal 2004 la creazione di un’agenzia indipendente per un monitoraggio continuo del servizio sanitario italiano, sostenendo la necessità di una reale separazione dei compiti nello ambito delle strutture del servizio stesso. Il motivo della proposta era ed è ben preciso; un sistema sanitario moderno deve basarsi su quattro cardini: chi chiede servizi, chi li offre, chi li paga e chi li controlla. Ora, in Italia questi quattro soggetti non sono sempre tra loro distinti e indipendenti. Mentre a chiedere i servizi sono ovviamente i cittadini, a fornirli sono i privati, le aziende ospedaliere e le ASL e a pagare sono le Regioni, le assicurazioni e i singoli cittadini. Gli attori sono quindi ben identificati anche se il ruolo di ciascuno non è stato ancora definito. Ciò che invece crea problemi è il settore del controllo del sistema che deve essere severo, puntuale, capillare e continuativo su tutto il territorio nazionale. È fondamentale che chi supervisiona sia totalmente indipendente dagli altri attori. Questo in Italia non avviene: infatti, oggi i controlli straordinari sono affidati ai Nuclei antisofisticazione dei Carabinieri (NAS), che svolgono questo lavoro con grande capacità e competenza; tutti gli altri controlli ordinari sono invece affidati alle ASL che si trovano così in una chiara situazione di conflitto di interessi, perché in pratica devono controllare se stesse. In tale anomala situazione è ovvio e inevitabile che i controlli siano più severi nei confronti dei privati piuttosto che delle strutture pubbliche che sono spesso parte integrante delle ASL stesse. È poi visibilissima l’assenza dei cittadini in tutto questo processo: essi non solo non possono chiedere che siano eseguiti controlli, ma non possono neppure far sentire la loro voce in termini di soddisfazione per i servizi ricevuti.

Al momento l’agenzia preannunciata dal sottosegretario Fazio dovrebbe nascere dalla trasformazione di un ente già esistente, l’AGENAS, che ha compiti ben definiti. Invece occorrerebbe creare un ente nuovo e indipendente con compiti esclusivamente valutativi e di controllo su tutto il territorio nazionale. Esso dovrebbe avere lo scopo di porre tutti, erogatori e operatori, su una base di assoluta uguaglianza di diritti e di doveri, in modo che tutti forniscano uniformemente un’assistenza di qualità in condizioni di assoluta trasparenza, garantendo a tutti l’equità nell’accesso ai servizi. Questa è l’unica strada per riuscire ad identificare in modo puntuale e continuo ciò che non funziona, obbligando chi gestisce a rimediare con rapidità al disservizio. Senza quest’opera di controllo non solo le attuali gravi disuguaglianze e talora anche gravi carenze continueranno ad esistere, ma addirittura nessuno sarà in grado di identificarle ed eliminarle con rapidità. L’agenzia poi dovrebbe creare dei meccanismi di ascolto dei cittadini, per conoscere le loro lagnanze, esigenze, opinioni e proposte, procedendo rapidamente a migliorare la soddisfazione per i servizi resi.

Questa impostazione non contrasta affatto con il processo di devoluzione e l’autonomia regionale in materia di sanità perché l’autonomia va intesa come autonomia gestionale, non della qualità dei servizi erogati. Questa qualità deve essere uniforme su tutto il territorio nazionale, ragion per cui la valutazione e i controlli non possono essere su base locale. Anche perché la regionalizzazione, accentuata dalla riforma del Titolo V della Costituzione, ha ancora una volta messo in rilievo la diversa attitudine delle Regioni a svolgere in autonomia le proprie competenze. Per questo, voler assicurare accessibilità al diritto alla salute e uniformità della qualità dei servizi su tutto il territorio nazionale, comporta che lo Stato debba mantenere un ruolo attivo e incisivo sulla valutazione e sui controlli. Vi è in proposito una triade inseparabile di fasi per giungere alla soluzione dei problemi legati ad un controllo effettivo della qualità dei servizi resi: ascoltare, valutare, agire. Ascoltare Si è molto parlato e oggi tutti danno per scontato che occorra “porre il cittadino al centro del sistema sanitario”; purtroppo però, non esiste un meccanismo per attuare neppure il primo e indispensabile passo in questa direzione: permettere ai cittadini di far sentire la loro voce. Perché il cittadino medio possa far conoscere la propria opinione e avanzare proposte anche pratiche – primo, fondamentale passo perché possa riappropriarsi della gestione della propria salute – occorre che egli sia in qualche modo presente nelle aziende che si prendono cura di lui. Ciò può avvenire in molti modi, inclusa la creazione di comitati consultivi di controllo, costituiti e gestiti dai cittadini appartenenti ad una ASL. Il miglioramento della qualità dell’ascolto richiede: da un lato, la messa a punto di strumenti di misurazione e valutazione che consentano di analizzare e verificare lo scostamento, o la sintonia, tra le attese del cittadino e la sua percezione effettiva; dall’altro, la creazione di strumenti, anche di comunicazione, che consentano una gestione corretta delle aspettative.

Un piano di azione continuativo dovrebbe quindi prevedere una consultazione periodica e diffusa dell’utenza che consenta di evidenziare le macroproblematiche della struttura e un successivo approfondimento di alcuni aspetti, in modo da interpretare puntualmente le principali esigenze. Valutare Oggi il sistema di valutazione italiano è fragile e in parte confuso; un sistema efficiente è però assolutamente indispensabile al miglioramento della qualità dell’assistenza erogata. Senza sistemi di valutazione precisi, trasparenti ed efficaci il sistema sanitario nel suo complesso (pubblico e privato) non potrà migliorare, non avendo a disposizione gli strumenti per operare scelte appropriate ed economicamente efficienti. Un aspetto di solito trascurato quando si parla di valutazione è quello relativo alle mutevoli necessità dei cittadini; mille fattori, tra cui l’invecchiamento e le crescenti disabilità che esso comporta, rendono indispensabile acquisire un quadro epidemiologico globale credibile e aggiornato, senza il quale non è possibile prevedere nuovi fondi e strutture per i settori che più ne hanno bisogno. In tempi di gravi ristrettezze economiche è anche fondamentale indagare sulle enormi variazioni che esistono sul territorio nazionale in termini di efficienza della spesa. I differenziali di efficienza tra le strutture (aziende ospedaliere) tendono ad aumentare di anno in anno. Il costo per punto di Diagnosis Related Groups (DRG) variava già un paio d’anni fa da 1.800 a 7.100 euro, ovvero di oltre il 400%. Differenze di questo genere sono imputabili soprattutto a piante organiche squilibrate (in particolare per la quota di personale non sanitario) e produttività del personale. Tre sono considerate le materie oggetto di un vero processo di monitoraggio della qualità dei servizi sanitari; essi verranno qui definiti nei principi e costituiranno l’oggetto degli approfondimenti degli altri articoli su questo tema: autorizzazione e accreditamento; monitoraggio continuo delle strutture del sistema; valutazione dell’appropriatezza delle cure prestate. Agire Se conoscere e valutare rappresentano i due prerequisiti per ogni intervento, essi sono vani se poi non si agisce con prontezza e decisione. Agire significa poter intervenire tempestivamente in presenza di una situazione non regolare o, peggio, pericolosa. Questo in Italia succede di solito dopo che è avvenuto un fatto mortale. Tale modo di agire va invece ribaltato: gli episodi anche gravissimi di cui gli italiani sono di continuo testimoni, siano essi di inefficienza o di corruzione, vanno prevenuti, non solo puniti. È questa la sfida che l’Italia ha di fronte: attuare un monitoraggio continuo che permetta di conoscere in tempo reale la situazione su tutto il territorio e far seguire questo monitoraggio da interventi rapidi e puntuali di fronte ad ogni abuso o omissione. Il tragico problema della corruzione dei controllori – piaga che colpisce il nostro paese, non solo nel campo della medicina, ma in maniera trasversale tutti i settori – va affrontato pagando adeguatamente chi controlla e punendo severamente chi si lascia corrompere. Anche nel caso degli interventi volti a ripristinare condizioni di normalità ed efficienza si pone il problema delle competenze. Le Regioni hanno il diritto di vedere le loro prerogative mantenute e salvaguardate, ma i cittadini hanno il diritto primario di veder repressi ed eliminati abusi, incompetenze, comportamenti di dubbia eticità. Questo è possibile se l’agenzia indipendente di cui si auspica la creazione potrà tempestivamente identificare ogni anomalia e l’autorità regionale avrà l’obbligo di intervenire prontamente. Ciò però presuppone un diritto vicariante dell’autorità nazionale ad intervenire qualora la Regione non adempisse con rapidità ai suoi obblighi. I tre metodi di valutazione Il monitoraggio della qualità dei servizi erogati passa attraverso tre momenti distinti ma integrati. Autorizzazione e accreditamento Il primo consiste nell’autorizzazione e accreditamento di tutte le strutture sanitarie erogatrici di prestazioni medicoassistenziali. Tra i moltissimi compiti che l’auspicata agenzia indipendente dovrà svolgere, questo è certamente uno dei più complessi e vitali. Un rigoroso sistema di accreditamento che disciplini l’autorizzazione ad operare in campo sanitario delle strutture pubbliche e private è necessario, perché chi produce non tende spontaneamente, se non è costretto da vincoli prestabiliti, ad erogare le prestazioni più appropriate. In carenza di precisi indirizzi di programmazione pubblica, vi è il rischio di alimentare dei comportamenti di tipo opportunistico. Oggi l’autorizzazione e l’accreditamento avvengono su base regionale e gli standard applicati non sono affatto omogenei. Inoltre in molte Regioni il processo è chiaramente burocratizzato, tende sì a controllare il rispetto delle norme, ma solo in minima parte la qualità dei servizi erogati. Il ritardo del Servizio sanitario nazionale (SSN) in tema di valutazione del sistema è sotto gli occhi di tutti. Inoltre, è stato fatto notare quanto sia difficile, forse impossibile all’atto pratico, togliere l’autorizzazione e l’accreditamento ad una struttura pubblica. Infatti, mentre l’emergenza economica rallenta le opere di bonifica e di miglioramento, le necessità dei cittadini fanno sì che, anche se deficitarie, molte strutture debbano continuare a funzionare. Vi è infine il problema, di difficile attuazione ma nel lungo termine non eludibile, dell’armonizzazione della qualità dei servizi su base europea. Sebbene fino ad oggi l’Unione europea sia stata assente in questo settore, il principio generale alla base dell’esistenza stessa dell’UE, la libera circolazione di beni e servizi, obbliga gli Stati membri ad attivarsi per giungere a politiche, se non uniche, almeno ben coordinate. Nei mesi scorsi è arrivato un richiamo alle responsabilità degli Stati membri dalla proposta di direttiva comunitaria del 2 luglio 2008 sui diritti dei pazienti transfrontalieri e sull’effettiva possibilità di usufruire dei servizi garantiti dalla legislazione nazionale in un altro Stato membro. Il traguardo è chiaro, ma il cammino è arduo; come dimostra l’accusa all’Italia – e non senza fondamento – di avere ben venti (se non addirittura ventuno) sistemi sanitari diversi. Monitoraggio continuo delle strutture del sistema Il lavoro di valutazione non si esaurisce certamente attuando in modo efficiente e uniforme un sistema di autorizzazione e accreditamento. È indispensabile procedere ad un monitoraggio continuo di tutte le strutture, della loro efficienza e naturalmente anche della loro economicità di gestione. Ciò va realizzato utilizzando processi di valutazione basati su standard di qualità definiti con un metodo che sia il più possibile scientificamente valido. Occorre poi prendere coscienza del fatto che il processo di adeguamento è dinamico e necessita di un continuo miglioramento nelle strutture, sia nella tecnologia che nei processi e nei risultati. Questo sistema comporta naturalmente costi notevoli e una continua attenzione alla qualità, ma è certamente in grado di produrre vantaggi straordinari. Valutazione dell’appropriatezza delle cure prestate Autorizzare, accreditare e monitorare le strutture e i servizi sono passaggi fondamentali per il miglioramento della qualità del SSN; ma un’agenzia che si prefigga di sorvegliare l’intero sistema deve per forza di cose estendere la propria attività alla valutazione del modo con cui si pratica l’arte sanitaria. Non si tratta davvero di un concetto nuovo: da anni si va ripetendo che occorre definire dei percorsi diagnostico-terapeutici ben precisi; collegare in rete i presidi in modo da indirizzare il cittadino nel luogo di cura a lui più adatto; sviluppare la cosiddetta clinical governance (concetto non correttamente tradotto in italiano con “governo clinico”);1 rimodulare il sistema di remunerazione; sviluppare indicatori di appropriatezza. Un primo, importante passo verso l’erogazione di cure più appropriate è quello della creazione di linee guida per il trattamento delle principali patologie, magari – almeno inizialmente – mutuandole da linee guida dei paesi più avanzati in questo campo. In Italia, tuttavia, prima ancora dell’invito alle nostre società scientifiche a produrre precisi orientamenti terapeutici e preventivi, occorre creare le condizioni perché sia monitorato il loro rispetto da parte della classe medica in generale e degli specialisti in particolare. Grazie agli sforzi pionieristici di Cochrane, si sta oggi diffondendo nel mondo della sanità una nuova cultura, quella della medicina basata sull’evidenza, che permette di intervenire secondo linee terapeutiche o preventive che abbiano il sostegno dell’evidenza clinico-sperimentale. Attuare comportamenti il più uniformi possibile perché basati sull’evidenza scientifica e sulla prova di efficacia clinica è un’esigenza non più eludibile se si vuole aumentare la sicurezza dell’atto medico e, in ultima analisi, la qualità dell’assistenza prestata. C’è poi la vexata quaestio, di cui oggi molto si parla, della necessità di sottoporre il personale medico ad una valutazione puntuale del proprio operato. A onor del vero questa valutazione andrebbe effettuata al momento del conferimento ad un medico di un incarico dirigenziale nel SSN, cosa che oggi in pratica non avviene quasi più, essendo tutto affidato alla discrezionalità dei direttori generali. Successivamente, i dirigenti (e i medici tutti) andrebbero sottoposti ad una valutazione ex post che permetta a tutti i cittadini di conoscere i risultati raggiunti sia dal singolo professionista che dalle strutture ospedaliere e territoriali.

Si tratta di un sogno? Forse, ma di certo tutti dovrebbero sentirsi impegnati a permettere al cittadino una vera possibilità di scelta, informandolo sulla qualità dei servizi disponibili sul territorio e lasciandolo libero di rivolgersi ai migliori. Solo così si creerà quell’incentivo essenziale per attuare una riforma meritocratica attraverso la quale vengano scelti i migliori per ogni posizione e situazione. Se il successo di un’azienda ospedaliera o territoriale dipenderà dalla fiducia che i propri servizi riscuotono tra i cittadini, sarà sempre più difficile scegliere gli operatori con criteri clientelari. Anche se nell’attuale situazione di cronica emergenza finanziaria rendere pubblici i risultati della valutazione sembra un sogno e una chimera, è a questo traguardo che si deve tendere

Nell’ambito delle molteplici forme di valutazione da affidare all’auspicata agenzia, c’è quello della sicurezza, cioè a dire la tematica della gestione del rischio clinico, quindi dell’individuazione e della prevenzione degli errori in medicina. Se da un lato l’errore umano non è eliminabile, dall’altro esso deve essere ridotto al minimo. Le già citate linee guida per i principali interventi preventivi, diagnostici e terapeutici possono contribuire molto alla diminuzione dell’errore umano; altro strumento fondamentale è quello dell’aggiornamento (la cosiddetta educazione medica continua). Esso va monitorato di continuo per evitare abusi e inefficienze e va effettuato in collaborazione con le principali società scientifiche nazionali.

Infine, in materia di appropriatezza delle cure, vanno posti in atto e sottoposti ad attenta valutazione i modi attraverso cui viene integrata e data continuità ai percorsi per le patologie acute con quelli delle patologie croniche a lungo termine, perché solo così si avrà la certezza che assistenza ospedaliera e territoriale si saldino completando il ciclo terapeutico-riabilitativo.