Antonio Sciortino

Antonio Sciortino

è direttore di “Famiglia Cristiana”.

Quando l’uomo conta più delle merci

Per dare all’Italia una crescita sostenibile e duratura, è fondamentale investire sulla famiglia. Una società più equa, dove l’uomo conti più delle merci, non è un’utopia: serve, però, un nuovo “paradigma morale”, improntato su sobrietà e solidarietà. Una rinnovata presenza dei cattolici in politica può servire allo scopo.

La catechesi quotidiana: come il messaggio della Chiesa arriva alle famiglie

Famiglia e parrocchia sono gli snodi principali per la trasmissione della fede e del ricco patrimonio della dottrina sociale della Chiesa in vista di una formazione che sia “adulta” e permanente, non episodica o legata solo alle tappe sacramentali. Alla crescita umana e cristiana danno un contributo essenziale anche altre “agenzie” educative come l’oratorio, l’associazionismo, la scuola. E, soprattutto, l’uso dei nuovi media, luogo privilegiato per l’evangelizzazione.

La dottrina sociale della Chiesa nel XXI secolo

In risposta ai guasti, non solo economici, prodotti dalla cri­si in atto, la Chiesa propone, in alternativa alle soluzioni ispirate ai principi del capitalismo sfrenato o dello statali­smo, una nuova via per lo sviluppo, una “economia civile” in cui i soggetti coinvolti si pongano obiettivi diversi da quel­lo del conseguimento del mero profitto. Solo se verranno adottate nuove regole e assunti modelli positivi di svilup­po, improntati alla sobrietà, alla solidarietà e alla sussidia­rietà, le difficoltà dell’oggi potranno trasformarsi in oppor­tunità per costruire un futuro più giusto e sostenibile.

Il valore sociale della famiglia

In un paese che registra tassi di natalità sempre più bas­si e un progressivo e drammatico invecchiamento della popolazione, la famiglia viene sempre più considerata, dalla politica come dagli individui, un peso invece che una risorsa. Le politiche per la famiglia adottate finora hanno condiviso un approccio ispiratore prevalentemen­te individualistico, che mancava di riconoscere l’apporto positivo che la famiglia può dare all’organizzazione del lavoro e della società. Il superamento di questo approc­cio, e quindi l’elaborazione e l’adozione di un “welfare comunitario” consentirebbe finalmente di riconoscere il valore sociale aggiunto che la famiglia può offrire.