Enzo Di Nuoscio

Enzo Di Nuoscio

insegna Filosofia della scienza all’Università del Molise e Metodologia delle scienze sociali all’Università Luiss Guido Carli.

Dissenso

«Per capire chi vi comanda – diceva Voltaire – basta scoprire chi non vi ha permesso di criticare». Libertà significa innanzitutto libertà di criticare il potere politico, dalle cui degenerazioni sono storicamente venute le più gravi minacce alle libertà individuali. Tanto che Karl Popper non esita a sostenere che una delle più importanti domande che deve porsi chi ha a cuore i valori della democrazia è: «come controllare chi comanda?» e più precisamente: «come possiamo organizzare le istituzioni politiche in modo da impedire che i governanti cattivi o incompetenti facciano troppo danno?».

Democrazia (esportare la)

Se la democrazia fosse inscritta nella linea evolutiva di ciascun popolo, allora basterebbe aspettare per vederla trionfare; se la sua affermazione fosse legata soltanto alla rimozione dei suoi nemici, allora sarebbe sufficiente mandare i marines per abbattere il regime di turno; se coincidesse con il “governo del popolo” scelto mediante elezioni, allora basterebbero i Caschi blu dell’ONU per avviare un regime democratico; se si riducesse soltanto a una questione di ingegneria istituzionale ed elettorale, allora sarebbe sufficiente inviare politologi e costituzionalisti. Ma così non è.

La sfida del polo progressista in un nuovo bipolarismo

Nel tempo accelerato della “società liquida” il consenso elettorale, le aspettative degli elettori e l’orizzonte delle decisioni politiche sono forzatamente confinati nel breve periodo. Si accorcia così la vita delle “stagioni politiche”. Alleanze, elaborazioni programmatiche, condivisione di prospettive, per non dire analisi sociali e geopolitiche del contesto in cui si inseriscono le scelte politiche, non solo non hanno più il tempo di maturare e di produrre i propri risultati, ma diventano quasi un lusso che non ci si può permettere. La strategia viene sostituita dalla tattica. Non c’è tempo, e forse neanche la capacità, di “guerre di posizione”, e meno che mai di strategie di “egemonia culturale”; tutto si risolve in “guerriglie di movimento” tra partiti. E, per giunta, nel rapporto con gli elettori spesso si punta più sul pathos che sul logos.

 

Sturzo al centro del dibattito contemporaneo sulla democrazia

«I classici, scriveva Italo Calvino, non finiscono mai di dire quello che hanno da dire», sono in qualche modo i «contemporanei del futuro» per la loro capacità di illuminare dal passato i problemi del presente. E così, in un momento storico come il nostro, in cui le democrazie occidentali stanno vivendo una delle fasi più delicate della loro giovane storia, minacciate dall’interno da spinte populiste e dall’esterno da fenomeni (non solo economici) che sfuggono alle regole degli Stati nazionali, nonché dal soft power di potenze illiberali, il ritorno a un grande classico, come il pensiero di Luigi Sturzo, rappresenta un deciso valore aggiunto nel dibattito sulla democrazia.

Una sinistra liberale e socialista per rinnovare l’alleanza tra democrazia e capitalismo

La democrazia, diceva Gaetano Salvemini, è una perenne “rivoluzione omeopatica”, l’esito di un lungo, drammatico e sempre reversibile processo evolutivo, che ha sostituito l’uso della forza con la discussione critica, realizzando una delle più grandi conquiste dell’umanità: il passaggio dalla critica ad hominem alla critica ad rem, dallo scontro tra persone al confronto tra idee. Come testimoniano i settanta anni di pace dell’Europa occidentale, ha trasformato le istituzioni nei luoghi in cui facciamo morire le idee al nostro posto.
Una delle più importanti cause della massiccia affermazione democratica nel Novecento è data dall’alleanza tra democrazie ed economia di mercato. Alleanza non naturale, né scontata, e tuttavia necessaria.

Conoscenza, mercato, solidarietà

La relazione tra competitività e giustizia sociale è certamente il tema su cui, in questi anni, le sinistre di governo si sono maggiormente interrogate, non di rado lacerate – e proprio l’Ulivo ne sa qualcosa con la caduta del governo Prodi – di fronte a quella che è stata spesso percepita come una alternativa tra le ragioni dell’economia (particolarmente severe in tempi di crisi economica) e quelle della solidarietà. Un dilemma che ha opposto il cuore alla mente della sinistra, provocando continui e fastidiosi mal di pancia. Mal di pancia, non è difficile prevedere, che sono destinati ad acutizzarsi in vista della Grande Alleanza Democratica (GAD), la quale dovrà fare i conti con l’aspro confronto tra la sinistra riformista e quella sinistra radicale che, uscita irrobustita dalle elezioni europee, non ha perso tempo a chiedere un centrosinistra «più di sinistra», cioè più attento alle ragioni della solidarietà.

 

Solidarietà e Stato di diritto nel pensiero di Luigi Einaudi

«Un classico è un libro che non ha mai finito di dire quel che ha da dire». A questa definizione di Calvino non sembrano sfuggire quei classici del pensiero politico ed economico rappresentati dalle opere di Luigi Einaudi. Irriducibilmente avverso alle speculazioni teoriche, Einaudi è stato uno scrittore implacabilmente legato al senso comune, impegnato com’era nel tentativo di costruire un liberalismo popolare. Se Croce proclamava la «religione della libertà», Einaudi dimostrava con esemplare chiarezza che senza economia di mercato le libertà civili e politiche sarebbero una formula vuota.