Mauro Calise

Mauro Calise

insegna Scienza politica all’Università di Napoli Federico II.

La sfida web per l’università

I MOOC, corsi universitari online diffusi gratuitamente da prestigiosi atenei, stanno rivoluzionando il sistema didattico, nel format e nel modello di business. Rendendo l’insegnamento più flessibile, più interattivo e molto più accessibile. Di fronte ai costi crescenti dell’accademia tradizionale e a una straordinaria pressione demografica del mercato globale dell’education, i MOOC sembrano destinati a diventare una disruptive innovation, anche grazie alla loro sinergia con le generazioni digitali. In questa rivoluzione culturale, l’Italia ha le carte e i bit in regola per giocare un ruolo di battistrada.

La comunicazione senza partiti

Il regime mediatico in cui siamo immersi definisce nuove regole del gioco. Cui, ci piaccia o meno, occorre attenersi se si vuole essere in partita. Dopo gli autogol incassati pretendendo di comunicare la ditta quando invece la ditta arrancava, di organizzare primarie travolgenti anche a livello locale, dove invece siamo stati travolti, o bollare come populisti i leader che, nel bene o nel male, riuscivano a mantenere vivo il contatto con la gente: forse conviene rassegnarsi all’idea che il sistema in cui viviamo lascia pochissimo spazio alla comunicazione di partito. E punta tutto sulle capacità del leader. E su questa base lavorare per darci, finalmente, una chance di vittoria.

La comunicazione contro

Il successo strepitoso di Grillo suona, per il PD, come una riedizione tecnologicamente aggiornata del meccanismo che aveva consentito a Berlusconi di vincere vent’anni fa. Ancora una volta una vittoria certa si trasforma in bruciante sconfitta per l’emergere di una leadership carismatica che crea, quasi dal nulla, un ingentissimo seguito elettorale affidandosi allo sfruttamento strategico di un canale mediatico. In questo caso, l’amarezza dell’occasione mancata è aggravata dal fatto che la televisione, dopotutto, era il dominio – anche privato – del Cavaliere. Ma come è stato possibile farsi prendere in contropiede sul web, che dovrebbe rappresentare il terreno naturale di crescita di una organizzazione come il PD che ha alla base del suo programma il cambiamento della società?

Il voto alla ricerca di un leader

Questa tornata amministrativa ha portato prepotentemente alla ribalta il grande assente della politica italiana: il voto – e i votanti – d’opinione. L’implosione di Berlusconi e l’ascesa del montismo e del grillismo hanno liberato una galassia di energie critiche su entrambi i fronti dello schieramento politico. Offrendo l’opportunità di riappropriarsi della televisione e della rete come canali di partecipazione e di mobilitazione. Ma confermando che, come nelle principali democrazie, il ritorno dell’elettorato d’opinione si coniuga con un rapporto stretto e diretto con un leader.

L’ascesa dell’esecutivo monocratico

Le democrazie contemporanee sono investite da un processo di presidenzializzazione. I governi si stanno rafforzando ai danni del Parlamento, e al loro interno emerge il primato del premier. L’ascesa degli esecutivi monocratici avviene nel contesto più ampio di un’espansione del potere personale in cui si agitano pulsioni profonde di una polis alla ricerca di nuovi approdi.

Alla ricerca delle radici perdute

Per capire la crisi del PD, non basta interrogarsi sugli errori di alleanza, sulla leadership, sulla strategia. Il terremoto
viene da lontano. Riguarda la dimensione fondativa di ogni partito politico: il rapporto tra centro e periferia. Il centrosinistra aveva la sua forza nelle radici territoriali, vecchie e nuove. Quando ha accettato di reciderle si è
condannato alla sconfitta.

Una squadra di leader per l'Ulivo

Lista unica, partito unico, coalizione unitaria. Sono i termini che descrivono la geometria del sistema politico italiano nella transizione infinita dalla Prima alla Seconda Repubblica. I suoi picchetti costituenti. Poi ci sono le variabili concomitanti: le cause profonde, spesso insondabili, sempre immodificabili. Le spiegazioni di comodo con il corredo pronto delle recriminazioni. Le ambizioni, le collusioni (mancano all’appello le visioni). Ma se si vuole capire la dinamica dei rapporti di forza, il primum movens di questo decennio e forse del prossimo, ci si può fermare a quel trittico.

 

Il voto che si fa in quattro

I sondaggi sono fondamentali nell’analisi del voto, ma spesso se ne fa un uso limitato alle variabili socioanagrafiche e al cosiddetto voto d’opinione. Riprendendo una tipologia classica, si esaminano qui
diversi circuiti di mobilitazione del consenso, come lo scambio e l’appartenenza, tutt’altro che scomparsi
dalla scena politica italiana, e si richiama l’attenzione sul peso sempre maggiore del “voto al leader”,
una nuova forma di appartenenza, non più ai partiti ma ai loro capi.