Antonio Missiroli

Antonio Missiroli

è Senior Research Fellow all’Istituto di Studi sulla sicurezza della UEO a Parigi

Da Prodi a Barroso: la Commissione nell'UE a 25

Fra la primavera e l’autunno 2004, alla Commissione europea si è vissuto uno strano interludio. Il mandato del collegio presieduto da Prodi è entrato infatti nella sua fase conclusiva e, come è spesso avvenuto anche in passato, per buona parte dei commissari e dei loro staff è scattata la ricerca di nuove responsabilità dopo l’esperienza compiuta a Bruxelles. Il fenomeno questa volta è stato acuito da sviluppi politici interni ad alcuni paesi membri, che hanno anticipato la fase di ricollocamento personale e politico: Michel Barnier è stato chiamato al Quai d’Orsay, Pedro Solbes al ministero delle finanze spagnolo e Anna Diamantopoulo è tornata alla politica greca, sia pure all’opposizione.

 

Dopo Berlusconi: la presidenza italiana e l'Europa

Il 2003 è stato un anno difficile per l’Unione europea, fra crisi irachena, crisi del Patto di stabilità e crisi della Conferenza intergovernativa (CIG) che avrebbe dovuto varare la nuova «Costituzione». E nella seconda metà dell’anno, la presidenza di turno è stata tenuta – probabilmente per l’ultima volta, se la rotazione semestrale sarà davvero abolita – proprio dall’Italia. Farne un bilancio il più possibile equilibrato, che tenga conto cioè dei vincoli effettivi e del clima generale in cui si è aperta, sviluppata e conclusa, può dunque essere un esercizio utile per meglio capire sia lo «stato dell’Unione» alla vigilia dell’allargamento a dieci nuovi membri e del rinnovo di Parlamento e Commissione, sia la posizione del paese nella nuova Europa che si va – letteralmente – costituendo.

 

Quasi gol? Convenzione e politica estera

Alla domanda su quale fosse stato, a suo parere, l’impatto storico della Rivoluzione francese, Zhou Enlai – che aveva studiato proprio a Parigi prima di diventare la mente, più che il braccio, di Mao Zedong – notoriamente rispose che gli sembrava ancora troppo presto per poter dare un giudizio. Che sia così anche per i trattati europei? Quello di Roma non fu certo percepito, all’epoca (1957), come una svolta decisiva verso l’integrazione economica e politica in Europa. L’Atto unico parve poca cosa, a suo tempo (1986), ma ha portato il mercato unico. Maastricht (1991) fu addirittura criticato come largamente inadeguato e monco, eppure ha portato all’euro.

 

Rivisitando la Strategia europea di sicurezza: oltre il 2008 e oltre la PESD

Dal lancio della Strategia europea di sicurezza nel 2003 moltissimi cambiamenti sono intervenuti a complicare gli scenari europei. Fragilità nella periferia più ampia dell’UE, politiche di potenza a Est, instabilità a Sud e crescente competizione per le risorse a livello mondiale: è questo a grandi linee il quadro agli inizi del 2008. Alla luce di quanto avvenuto negli ultimi anni e delle nuove sfide che l’Unione europea ha di fronte, a che cosa dovrebbe o potrebbe servire la rivisitazione della SES prevista per la fine del 2008?

Giochi di guerra? Calcio, Europa, integrazione

Tom Friedman, noto editorialista del «New York Times», ha scritto qualche tempo fa un articolo sull’allargamento della NATO in cui, fra molte altre cose, spiccava una considerazione apparentemente marginale. Spiegando come, in realtà, esistessero oramai nel mondo diversi tipi di coalizione a seconda dell’intensità e dei rischi delle eventuali missioni – via via più ristrette quanto più il gioco si fa duro (the going gets tough, come nella celebre gag dei «Blues Brothers») – Friedman osservava come, in tempi di guerra o quasi, il nucleo di forze davvero capaci di farvi fronte si restringesse più o meno a quattro paesi: i tre anglofoni Stati Uniti, Gran Bretagna e Australia, e la Francia, partner tanto coriaceo in tempi di pace quanto affidabile in tempi di guerra.