Gianfranco Viesti

Gianfranco Viesti

insegna Economia applicata all’Università di Bari.

Per una nuova politica di investimenti

Durante gli anni della crisi l’Italia ha visto progressivamente ridursi il flusso degli investimenti, sia pubblici che privati, nel suo sistema economico, con il conseguente rischio di compromettere i livelli di produttività della sua economia e il benessere dei suoi cittadini. Diventa perciò opportuno interrogarsi sul ruolo che le politiche pubbliche possono svolgere in questo quadro, e in particolare in quattro specifici ambiti, nei quali sarebbe importante mettere in atto in tempi rapidi interventi per il rilancio degli investimenti per le imprese, dell’operatore pubblico, nell’istruzione superiore e nel Mezzogiorno.

Il Sud dimenticato dalla politica

Proprio nel momento in cui il Mezzogiorno, colpito dalla crisi assai duramente e in misura maggiore rispetto al resto del paese, avrebbe bisogno di una riflessione culturale e di un’azione politica di straordinaria incisività sembra mancare da parte del governo una strategia all’altezza delle difficoltà del presente. Alcune recenti scelte di politica economica segnano peraltro un arretramento rispetto a quanto fatto dai due esecutivi precedenti. È necessario ripartire dai principi di progresso sociale e di uguaglianza tra i cittadini che dovrebbero ispirare un partito di centrosinistra.

Una moderna politica industriale:un tema importante per la sinistra italiana

È tornata la politica industriale: ovunque, ma non in Italia. In tutto il mondo ci si interroga sulle politiche per il rilancio del sistema produttivo, e i governi mettono in atto iniziative nuove, anche di grande rilevanza. In Italia, invece, tutto tace, con limitatissime eccezioni, sia sul fronte delle riflessioni e delle proposte che su quello dell’azione concreta.

Una nuova politica industriale per l'Italia

Nell’ultimo decennio le produzioni italiane si sono trovate in significativa difficoltà nel nuovo scenario internazionale; il nostro tradizionale modello di specializzazione può essere migliorato: è tempo di discutere obiettivi, strumenti e caratteristiche di una nuova politica industriale.

Un utile strabismo; interventi di breve e lungo termine per l'economia meridionale

La fase recessiva degli ultimi anni ha particolarmente colpito il Mezzogiorno. La crisi può essere però l’occasione per ripensare al Sud e alle sue debolezze e ricercare con creatività soluzioni ai suoi problemi. Per far questo, occorre concentrarsi su alcune questioni fondamentali, da risolvere soprattutto valorizzando l’enorme capitale umano costituito dai tanti giovani che nel Mezzogiorno vivono e che sono ora senza prospettive. Si può partire da alcune prime proposte, semplici ed efficaci, consapevoli però che esse potranno non bastare se non saranno inserite in una strategia complessiva di investimento e di modernizzazione del Sud sul lungo periodo. È, quella dello sviluppo del Sud, una battaglia che può essere vinta solo combattendo su questo duplice fronte temporale.

Una nuova politica industriale per l’Italia

Nell’ultimo decennio le produzioni italiane si sono trovate in significativa difficoltà nel nuovo scenario internazionale; il nostro tradizionale modello di specializzazione può essere migliorato: è tempo di discutere obiettivi, strumenti e caratteristiche di una nuova politica industriale.

La questione meridionale oggi e domani

Il dibattito sugli squilibri tra Nord e Sud del paese si è tristemente ridotto alla riproposizione di un “teorema meridionale” in base al quale lo stanziamento di risorse per il Mezzogiorno sarebbe inutile, visto che in passato esse non si sono rivelate efficaci a causa degli sprechi e della struttura clientelare della società meridionale. L’unica via percorribile per rilanciare l’economia non solo del Sud, ma di tutto il paese, è invece quella di rendere prioritarie nell’agenda politica italiana l’elaborazione e l’attuazione di politiche di sviluppo, che puntino anche alla crescita delle imprese e dell’occupazione nel Sud Italia.

Una questione dei meridionali?

Nell’ultimo biennio la discussione culturale e politica sui divari territoriali di sviluppo in Italia ha subito una forte involuzione. Si è imposto un vero e proprio teorema sul Mezzogiorno, la cui conseguenza più rilevante è che me­no si fa al Sud meglio è. Ma la realtà è più complessa e interessante della rappresentazione stereotipata che se ne dà. E la questione meridionale resta la più efficace car­tina al tornasole con la quale riflettere sullo sviluppo dell'intero paese. 

Il sistema produttivo italiano è alla deriva?

Un’economia alla deriva È stato efficacemente detto che l’economia italiana è «alla deriva». Continua cioè a seguire, per inerzia, una «rotta» che in passato le ha permesso straordinari successi, ma che nell’attuale quadro competitivo presenta crescenti difficoltà. La deriva nasce dalle ben nuove condizioni esterne e interne (concorrenza internazionale, crescente diffusione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, mutamento del regime di cambio, aumento della pressione fiscale sulle imprese, in conseguenza del doveroso aggiustamento fiscale). Queste nuove condizioni rendono più stringenti i vecchi vincoli allo sviluppo dell’economia italiana: la bassa qualità dei servizi pubblici, la modesta e decrescente (in chiave comparata) dotazione di infrastrutture, la presenza di situazioni di monopolio – o comunque di insufficiente concorrenza – in molti dei settori dei servizi e a rete che producono input chiave per tutti i produttori di beni e servizi finali.