Pierluigi Battista

Pierluigi Battista

è notista politico de «La Stampa»

L'indignazione come mestiere

Quando venivano bersagliati dalle contumelie di Palmiro Togliatti alias Roderigo di Castiglia, gli intellettuali organici incassavano con dolore, ma in silenzio. Nel PCI avevano trovato un fronte, un terreno propizio alla «battaglia delle idee», un rifugio, un dispensatore di certezze, un padre-padrone. E per chi aveva avuto prolungate e remunerative frequentazioni con il fascismo, un fonte battesimale, un salvacondotto. L’«intellettuale collettivo», il «Partito con la P maiuscola», in fondo non chiedeva loro vincoli dottrinari troppo rigidi e, a parte l’omaggio formale chiesto e interpretato come doveroso atto di sottomissione, a nessuno veniva intimato di seguire alla lettera gli imperativi di Ždanov. Certo, non si potevano oltrepassare le colonne d’Ercole dell’eresia e della disinvoltura ideologica e il «caso Vittorini» dimostra a sufficienza quanto la morsa fosse destinata a stringersi per manifesta incompatibilità con l’intellettuale troppo insofferente ai dettami dell’ortodossia.