a cura di Daniela Ferrazza, Luca Meldolesi e Nicol

a cura di Daniela Ferrazza, Luca Meldolesi e Nicol

Daniela Ferrazza è dottore di ricerca in Sociolgia all’Università di Roma «La Sapienza».

Luca Meldolesi presiede il Comitato per l’emersione del lavoro non regolare del ministero del Lavoro.

Nicoletta Stame insegna Politica sociale all’Università di Roma «La Sapienza».

Mezzogiorno e Mediterraneo. Integrazione, sviluppo locale ed emersione

Una parola d’introduzione L’idea portante delle pagine che seguono risale all’estate scorsa, quando divenne chiaro che la svolta impressa dal governo di centrosinistra alla politica estera italiana dopo la guerra del Libano aveva sorpreso positivamente l’opinione pubblica internazionale – come se si trattasse di una rara avis, di un segno di cambiamento insperato, che avrebbe potuto produrre conseguenze benefiche. Perché non assecondare questa evoluzione inattesa nell’area mediterranea, tramite una partecipazione corale di iniziative meridionali amiche, allo scopo d’irrobustire, ad un tempo, queste ultime e quelle prospettive appena socchiuse? Da questo interrogativo è scaturito il workshop su «Mezzogiorno e Mediterraneo: integrazione, sviluppo locale ed emersione» svoltosi presso la Fondazione Italianieuropei il 25 ottobre 2006, da cui è tratto il contributo che segue.

2001-08, ovvero la Russia di Putin

Putin ha preso il potere in Russia in un momento di forte crisi. Oggi le condizioni sono decisamente migliorate, ma sebbene sul fronte economico il merito sia essenzialmente da attribuirsi ad altre cause, Putin ha saputo sfruttare la situazione a suo vantaggio, guadagnandosi la riconoscenza dei cittadini e divenendo simbolo di stabilità. Così il sostegno popolare gli è garantito nonostante gli insuccessi nei punti più delicati, come la questione cecena. Questo perché i russi non vedono alternative valide, che Putin stesso ha provveduto ad eliminare, creando un sistema di potere rigido e accentrato, segno forse più di insicurezza che non del contrario. Ciò induce i russi a disinteressarsi delle questioni di Stato, su cui sanno di non poter avere alcuna influenza, limitandosi ad osservare la politica da lontano e preferendo occuparsi delle proprie faccende private.