Giovanni Cartosio

Giovanni Cartosio

membro della segreteria della FIOM-CGIL Varese.

Siamo della FIOM ma la sinistra è lontana da noi

In provincia di Varese la Lega ha una storia lunga. Qui ha mosso i suoi primi passi negli anni Ottanta e già un quarto di secolo fa, alle elezioni provinciali del 1993, sfiorava la maggioranza assoluta con il 49%. Di Varese sono il fondatore ora accantonato Bossi, i governatori della Lombardia Maroni e Fontana, molta della classe dirigente che ha ricoperto ruoli amministrativi, di governo e di gestione di imprese partecipate. Alle elezioni del 4 marzo la Lega ha ottenuto il 29,5% (poco meno di 150.000 voti). Da sempre molto diffuso è il voto leghista tra gli addetti dell’industria (in cui lavora il 33% degli occupati in provincia, contro il 26% della Lombardia e il 20% nazionale) e nel mondo operaio, con numerosi elettori della Lega tra gli iscritti alla FIOM-CGIL. Sulle ragioni del voto del 4 marzo ho raccolto le opinioni di Remo (50 anni), Vittorio (59 anni, appena pensionato), Franco (30 anni), Alberto (43 anni) e Giuliano (48 anni).

Ricomporre un dialogo tra lavoratori e sindacato

Tra i molti pregi che l’attività sindacale nella FIOM-CGIL ha per chi la svolge uno appare particolarmente significativo: il contatto con il mondo del lavoro permette di sottrarsi alle mistificazioni del senso comune liberista che, presentato come “buon senso”, da anni orienta gran parte delle scelte di politica economica e sociale ed è dominante nel dibattito pubblico. La condizione materiale dei lavoratori, l’interazione con le controparti imprenditoriali, i rapporti tra capitale e lavoro, le conseguenze delle cosiddette “riforme” (per i più il termine è ormai sinonimo di sventura) sulla vita delle persone con cui si hanno rapporti quotidiani mettono a nudo la realtà che la costruzione ideologica neoliberista ha prodotto, camuffandola da “modernizzazione”, in decenni di egemonia culturale e politica.