Angelo Bolaffi

Angelo Bolaffi

già direttore dell’Istituto italiano di cultura di Berlino, è filosofo della politica e germanista

La Germania, leader suo malgrado

Venticinque anni dopo la caduta del muro di Berlino, evento che aveva creato in molti l’illusione che si fosse all’inizio di un’epoca di
pace perpetua, la crisi di Crimea ha svelato bruscamente l’inganno in cui l’Europa si era cullata, ovvero che nel Vecchio continente dialogo e compromesso avessero preso il posto, una volta per tutte, della politica di potenza. La minaccia della Russia di Putin all’ordine geopolitico post sovietico ha fatto invece riemergere lo spettro di una nuova guerra fredda e ha messo la Germania, indiscusso leader economico dell’Europa, di fronte alla necessità di prendere atto della sua posizione egemone, assumendosi la responsabilità di esercitare con lungimiranza il ruolo di potenza guida. Ma esiste il fondato dubbio che la Germania si riveli un “egemone riluttante”.

La Germania come modello di riferimento dell'Europa intera

L’imperativo al quale deve oggi rispondere l’Europa se vuole avere un futuro nell’era della globalizzazione è quello della sua unificazione economica e strutturale. Il paese che dimostra di avere i migliori requisiti per trainare l’intero continente verso questo traguardo è la Germania, che, anche grazie a impopolari quanto tempestive riforme dell’economia e della società, è riuscita, nonostante le difficoltà conseguenti alla caduta del muro di Berlino, a diventare leader dell’export mondiale e campione europeo nel contrasto alla disoccupazione giovanile. L’economia sociale di mercato, che del successo tedesco è elemento portante, può rappresentare per l’Europa intera il modello ideale da seguire.

La crisi di senso del progetto europeo

Avrebbe dovuto essere lo strumento per aiutare l’Europa a compiere il passo decisivo verso la sua unione e invece l’ha gettata nella crisi più grave della sua storia. Avrebbe dovuto avvicinare i popoli d’Europa, dando loro quello che mai avevano avuto in comune e, invece, li sta nuovamente mettendo “l’un contro l’altro armati”. L’euro, che avrebbe dovuto simboleggiare la raggiunta concordia europea, si sta rivelando fattore di divisione e di inimicizia: davvero una moneta della discordia. Come è stato possibile arrivare a questo punto? Cosa è successo per far sì che la moneta della “nuova unione” si sia trasformata in fattore di disunione?