Vittorio Campione

Vittorio Campione

esperto di sistemi educativi

Il sistema scuola per il sistema paese

Da “trasmissione” a “costruzione” di competenze e conoscenze che via via divengono necessarie. Le condizioni per procedere: rilancio dell’autonomia, qualificazione di docenti e dirigenti, riconoscimento del merito. Il merito deve essere distante dai vecchi paradigmi (sapere sistematico, subalternità delle tecnologie, separatezza delle aree disciplinari) e concretizzarsi in profili integrabili fra loro che diano vita ad un sapere generale, flessibile, finalizzato a percorsi educativi equivalenti, con un alto contenuto tecnico-professionale.

Quale formazione politica per il Partito Democratico

Se si vuole che il Partito Democratico non sia una creatura macilenta, figlia mal vista di Stati maggiori dediti in realtà ad altre strategie, occorre porre mano, fra l’altro ma già prima di altre scelte, alla costruzione di una grande e nuova scuola di formazione politica, un luogo che accolga quanti, giovani e meno giovani, «alimentano il proprio equilibrio interiore e il sentimento della propria dignità con la coscienza di dare un senso alla propria vita per il fatto di servire una causa». Detta così, sembra una di quelle ricette popolari di un tempo per curare i malanni o per prevenirli, ma in questo proposito c’è molta più innovazione e modernità di quanto non sembri: vi è l’intuizione della diffusa disponibilità, confermata da tanti segnali, alla partecipazione a un’impresa che rimette in campo i registri forti della democrazia e della libertà, vi è la consapevolezza che l’altro registro (quello dell’eguaglianza e della giustizia sociale) non si raggiunge con la spallata, l’azione esemplare, la «rivoluzione», ma con lo studio paziente delle condizioni date e con l’applicazione per cambiarle.

 

Per un nuovo sistema educativo

Il carattere potenzialmente esplosivo del tema istruzione corre il rischio di diventare la causa della sua marginalità. Pesa la diagnosi errata (non aver saputo coordinare riforme e consenso) che portò all’anticipata conclusione dell’esperienza di Berlinguer ministro e pesa soprattutto il permanere di un approccio politico-culturale che tiene distinti da tutti gli altri i problemi dell’istruzione, visti in termini di promozione sociale da garantire o di componente professionale da rassicurare per conservarne il consenso. Nel centrosinistra sono frequenti affermazioni molto radicali (simili a quel «punto e a capo» che fu il manifesto elettorale della destra nel 2001), o una gestione parcellizzata dei problemi. Oppure si profilano ipotesi di tempi medio-lunghi da riempire con dichiarazioni di principio e un po’ di buona ordinaria amministrazione. Insomma, si attende con il motore al minimo un (auspicato) momento opportuno.

Cambiare per governare

Il ministro Letizia Moratti, intervenendo al secondo congresso di Forza Italia svoltosi ad Assago alla fine di maggio, ha imputato ai precedenti governi la responsabilità del degrado della scuola italiana e dei ritardi accumulati rispetto ai partner europei e mondiali più sviluppati. Al di là dell’ovvia considerazione secondo cui, in questa chiamata di correità sono evidentemente coinvolti, non solo i due o tre ministri che l’hanno immediatamente preceduta, ma anche i governi che per molti lustri hanno presumibilmente beneficiato del voto e dell’apprezzamento di molti degli attuali esponenti della Casa delle Libertà, c’è un altro punto che non può essere taciuto.

Scuola, misuriamoci con l'innovazione. Da un brutto confronto parlamentare una legge modesta

L’approvazione definitiva da parte del parlamento della legge delega proposta da Letizia Moratti, poco dopo il suo insediamento al ministero dell’Istruzione, pone fine al confronto parlamentare meno utile e meno produttivo che ci sia mai stato in materia di politica scolastica. La blindatura del testo, contraddittoria rispetto alle dichiarazioni insistite e non solo di maniera dello stesso ministro, e il contrasto (nei fatti) pregiudiziale da parte dell’opposizione parlamentare hanno reso impossibile ogni forma di contaminazione fra le diverse posizioni.

 

Imparare ad apprendere

Nel corso degli ultimi due decenni sviluppo tecnologico e riorganizzazione dei processi produttivi hanno cambiato il mondo in una misura e con conseguenze tanto complesse che l’analisi sociale (e i comportamenti politici che ne devono derivare) stenta a tracciarne una mappa adeguata. C’è un aspetto però che fin da ora è un punto fermo di ogni analisi: gli individui, le loro qualità professionali (a ogni livello) e le informazioni che possiedono sono il motore del cambiamento così come lo fu l’energia per la rivoluzione del passato. Ed è quindi decisivo come e quante risorse umane si attivano in ogni paese.

 

Autonomia e qualità

Da molte parti e da tempo è stato ripetuto che l’introduzione dell’autonomia delle istituzioni scolastiche ha rappresentato la vera riforma della scuola, realizzata con lungimiranza dal governo dell’epoca e difesa con intelligenza nelle scuole e nel dibattito pubblico negli anni successivi. Chi, come chi scrive, condivide il senso generale che questa opinione esprime e sintetizza, preferirebbe poter pensare che fin dall’inizio fosse chiara a tutti la portata «rivoluzionaria» dell’articolo 21 della legge 59/1997 e del suo regolamento di attuazione.