La crisi debitoria ha rafforzato, o quanto meno confermato, molti pregiudizi nazionali, lasciando intravedere anche un crescente sentimento antitedesco in Europa. L’atteggiamento della Germania, che ai più appare intransigente e insensibile, presenta invece maggiori complessità: ha radici economiche e sociali, politiche e morali; incrocia l’amore per l’ordine, l’incapacità a gestire gli imprevisti, la necessità di prevedere il futuro e, forse, anche un moralismo della vita pubblica che altri paesi hanno probabilmente perso.
La crisi economica ha provocato l’emergere di tentazioni nazionalistiche in alcuni paesi europei, preoccupati per la forte presenza di stranieri sul loro territorio. La sfida è comprendere che gli immigrati non sono solo manodopera a buon mercato. Sono anche, ai tempi della globalizzazione, un valore, se non addirittura uno strumento su cui fare leva per modernizzare l’Italia. In questo senso, più di altri paesi europei, la Germania ha capito che lo Stato è ormai un progetto politico, più che etnico o religioso.
Troppo spesso il recente successo economico della Germania viene attribuito al mondo imprenditoriale e agli sforzi di molte società per tornare competitive. Dietro alla ripresa di questi mesi si nasconde anche la mano della politica economica, mai abbandonata neppure negli anni del liberalismo alla Reagan o alla Thatcher. Pregi e rischi della Ordnungspolitik. Beda Romano per la rubrica "Il futuro della Germania in Europa", in cui compaiono anche i contributi di Giuliano Amato, Silvio Fagiolo, Ulrike Guérot, Ronny Mazzocchi.