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Era un altro mondo

Penso che tutto sta a vedere dove ti capita di nascere. Dove e quando ovviamente. E pure in quale quartiere e condominio e famiglia, ma questo volendo, riguarda il dopo. Nel senso che se vieni al mondo a New York e hai vent’anni l’11 settembre 2001 ci sono buone probabilità che la tua vita da quel giorno in avanti non sia più la stessa. E non è solo il trauma di assistere in diretta al crollo di due torri che avevi sempre considerato eterne. È proprio che paura, sentimenti, la stretta allo stomaco di scoprire che tremila persone uguali a te ieri sera cenavano tranquille e oggi non ci sono più, ecco basta quello a darti il senso che nulla tornerà com’era. Vale per quella tragedia, ma lo stesso credo valga per ogni bolognese dopo il 2 agosto o per i milanesi che cinquant’anni fa, era il 12 dicembre 1969, si trovarono precipitati nell’incubo delle stragi.

La Polonia trent’anni dopo: dal postcomunismo al nazional-populismo

Sono passati circa trent’anni dal 4 giugno del 1989, data delle elezioni “semilibere” per il rinnovo del Sejm, la Dieta polacca, dalla fine degli anni Quaranta sotto il pieno controllo del Partito Unificato Operaio (POUP). A differenza delle precedenti consultazioni elettorali, in quelle del giugno 1989 le forze di opposizione potevano fare assegnamento sulla conquista di una rappresentanza non limitata esclusivamente al “diritto di tribuna” ma, nonostante il sistema delle liste bloccate che doveva assicurare la maggioranza parlamentare al partito al potere, decisiva ai fini della formazione del governo.

La crisi di senso che avvolge la politica post Muro

Mitte è il cuore di Berlino e ai tempi in cui la città era divisa gran parte dei suoi confini erano rappresentati proprio dal “muro”. In nessun altro luogo al mondo, come in questo quartiere berlinese, si respira la storia del Novecento. Era a Mitte (sulla Friedrichstraße, ai confini con Kreuzberg) che c’era il famoso Checkpoint Charlie, il più noto punto di passaggio tra l’Ovest e l’Est della Germania. Oggi il quartiere è un centro poliedrico di colori e stili, dove convivono musei e gallerie d’arte moderna, ostelli e hotel di lusso, architetture popolari ed edifici futuristici. Nelle strade si incontrano persone di ogni continente, turisti e residenti, tra cui moltissimi giovani.

Una sinistra liberale e socialista per rinnovare l’alleanza tra democrazia e capitalismo

La democrazia, diceva Gaetano Salvemini, è una perenne “rivoluzione omeopatica”, l’esito di un lungo, drammatico e sempre reversibile processo evolutivo, che ha sostituito l’uso della forza con la discussione critica, realizzando una delle più grandi conquiste dell’umanità: il passaggio dalla critica ad hominem alla critica ad rem, dallo scontro tra persone al confronto tra idee. Come testimoniano i settanta anni di pace dell’Europa occidentale, ha trasformato le istituzioni nei luoghi in cui facciamo morire le idee al nostro posto.
Una delle più importanti cause della massiccia affermazione democratica nel Novecento è data dall’alleanza tra democrazie ed economia di mercato. Alleanza non naturale, né scontata, e tuttavia necessaria.

Trent’anni dopo il 1989: le ideologie non sono finite

Sono passati trent’anni dalla caduta del muro di Berlino e dalla fine dell’equilibrio bipolare fra Occidente e comunismo sovietico garantito dalla “guerra fredda”. Molti osservatori si chiedono quale sia lo stato di salute dei regimi democratici, indicati quali vincitori della grande contesa novecentesca, se non considerati come approdi necessitati dell’evoluzione umana. Il punto di partenza ci viene dato dalla consapevolezza epistemologica più recente, secondo la quale nel lavoro scientifico le domande di ricerca sono condizionate dal contesto culturale in cui la stessa ricerca è concepita e realizzata.

Il declino della leadership nell’epoca delle democrazie populiste

La sostituzione della leadership con la followership è una delle trasformazioni politiche più importanti tra le molte che, negli ultimi due-tre decenni, hanno investito le democrazie contemporanee e, all’interno di queste ultime, il ruolo degli uomini di potere, dei capi di governo e di partito. Tradizionalmente, il leader in senso politico è colui che guida e indirizza il popolo e che riesce a farsi seguire dai cittadini grazie alle sue competenze, al suo programma d’azione, alla sua forza visionaria e alle sue capacità retoriche. Nell’accezione consueta, il follower (seguace o adepto in senso politico) è invece colui che obbedisce al capo partito e che aderisce, emotivamente e attraverso il voto, alle sue indicazioni o formule propagandistiche.

Demopatìa, il malessere contemporaneo delle democrazie

Da anni – o forse da sempre – la democrazia liberale è considerata un regime in crisi. Il suo essere plurale e aperta la rende facilmente bersaglio di interpretazioni critiche e di profezie nefaste circa la sua prossima fine. Abbiamo letto di “tramonti dell’Occidente” e di democrazie decadenti lungo tutto il Novecento, almeno fino al crinale storico del 1989. Proprio la caduta del muro di Berlino sembrava aver segnato la fine delle alternative, la “fine della storia” per dirla con Fukuyama. I regimi liberaldemocratici avevano vinto, non c’erano più reali competitor tra i sistemi politici. Eppure, proprio aver creduto che quel prodotto tipicamente occidentale e moderno, quella democrazia liberale e fondata sul libero mercato e sul capitalismo, fosse ormai un regime invincibile e destinato a essere esportato come benchmark per ogni comunità politica si è rivelato un grave errore.

La sconfitta del salario e del welfare

Nel 1984 Olof Palme alla trasmissione radiofonica “Godmorgon världen” si espresse nettamente contro la possibilità di introdurre meccanismi di mercato nel sistema educativo svedese. Con caratteristica icasticità, disse che non avrebbe mai voluto dei “Kentucky fried children”, ovvero un’americanizzazione commercializzante di questo ramo del welfare, accostabile al fast food Kentucky Fried Chicken. Tuttavia, al contrario, dagli anni Novanta del Novecento proprio in Svezia si è introdotto un sistema di voucher liberamente spendibili fra scuole di diverso tipo, anche private e autorizzate a fare profitti. Peraltro, come mostrano alcune ricerche, i risultati sono peggiorati in modo nettissimo.

Doppio esproprio tra stato e mercato

La caduta del muro di Berlino, prologo della fine dell’Unione Sovietica, segna la capitolazione dello Stato dominus dell’economia. Eppure, l’economia continua ad avere bisogno dello Stato: della sua potenza. Le cronache del protezionismo avvertono che, alla fine del secondo decennio del XXI secolo, la politica vuol comandare l’economia tanto nel paese, gli Stati Uniti, dove il free trade era una religione, quanto nel suo principale sfidante, la Cina. Il Leviatano non viene più percepito come un mostro.

Liberali e socialisti oltre il Muro

Le nazioni liberaldemocratiche sono uscite vittoriose e trionfanti dalla fine della seconda guerra mondiale e dalla caduta di nazismo e fascismo. Il liberalismo, irriso e vituperato per la sua intrinseca debolezza, aveva mostrato di possedere una sorprendente vitalità. Negli anni successivi, finita l’euforia per l’inaspettata vittoria, si aprì un lungo e travagliato confronto con l’altro grande totalitarismo del Novecento, il socialismo reale. Va precisato che non intendo mettere sullo stesso piano i totalitarismi novecenteschi: è indubbio che il comunismo affondava le radici nel pensiero di Marx e nel socialismo proponendosi come un movimento di liberazione degli oppressi e dei più deboli mentre l’ideologia nazista, all’opposto, poggiava sulla volontà di potenza, sul razzismo, sulla legge del più forte. Differenza di non poco conto.

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