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Articoli del numero 1/2024

Del numero 1/2024 di Italianieuropei sono disponibili integralmente gli articoli di Romano Prodi, Aurore Lalucq, Paolo Guerrieri, Maria Cecilia Guerra, Chiara Geloni, Carlo Galli.



 

A chi serve l’intelligenza artificiale

di Daniela Tafani - 15/01/2024

1.Nella famiglia di tecnologie denominata “intelligenza artificiale” – volta a realizzare strumenti in grado di eseguire compiti normalmente associati all’intelligenza umana – l’originario approccio simbolico, che deriva dalla logica e procede attraverso la manipolazione di simboli, non consente di trattare funzioni, quali il riconoscimento delle immagini, delle quali non siamo in grado di esplicitare le regole, enumerando esaustivamente i fattori di volta in volta rilevanti (nessuno di noi, ad esempio, è in grado di elencare le caratteristiche che ci consentono di distinguere un cane da un gatto, malgrado abbiamo imparato facilmente a farlo, fin da bambini, in modo istantaneo e infallibile).

L’impatto dell’intelligenza artificiale in ambito sanitario

L’insieme di tecnologie avanzate caratterizzate da elevata capacità di elaborazione e combinazione di dati e algoritmi utilizzati al fine di simulare comportamenti cosiddetti “intelligenti”, cioè attività di ragionamento, associazione e decisione tipici dell’essere umano, rientrano nella definizione di intelligenza artificiale. L’evoluzione tecnologica e scientifica, così come la sempre maggiore disponibilità di dati e l’automazione dei processi decisionali sono alcune delle motivazioni che più hanno stimolato lo sviluppo e l’applicazione di strumenti di intelligenza artificiale in diversi ambiti della vita lavorativa e quotidiana. Recentemente, data la trasversalità di applicazione di tale tecnologia e i benefici potenziali apportati da tali strumenti, l’Unione europea per prima si è fatta promotrice dell’utilizzo dell’intelligenza artificiale proponendo una strategia di indirizzo comune, che permetta agli Stati membri di non frammentare le esperienze, ma di fare fronte comune e di costruire un ecosistema d’eccellenza e fiducia per divenire leader globale in questo campo.

Tecnologie digitali e mercato del lavoro: una relazione articolata

Una classificazione condivisa ed esaustiva delle tecnologie digitali non è disponibile, anche se esiste largo consenso nell’indicare un “nucleo” di tecnologie che sono alla base dello sviluppo dell’ecosistema digitale: altra espressione per la quale non vi è una univoca definizione. È, peraltro, evidente che siano possibili differenti definizioni di una tecnologia digitale a seconda del contesto. Limitandosi al caso dell’intelligenza artificiale, da un lato, essa costituisce una (consolidata) disciplina nell’ambito della computer science, dall’altro lato, nel campo dell’analisi economica e della produzione legislativa, definizioni e classificazioni possono variare, anche significativamente, come messo in evidenza da diversi autori.

Le responsabilità da intelligenza artificiale self-learning: quid sub sole novum?

All’interno delle problematiche etiche e giuridiche poste dalle nuove tecnologie, quelle emergenti in relazione al pianeta intelligenza artificiale (IA) sono peculiari. Chiariamo subito che la assoluta novità del fenomeno risiede nella capacità di autoapprendimento e di autonoma evoluzione della “macchina”. Il salto di qualità, che porta a emersione nuovi interrogativi anche per il giurista, è dunque rappresentato non dal mero incremento della capacità computazionale dei sistemi informatici, ma dal machine learning, nelle sue varie forme (dal deep learning alle reti neurali); al quale sovente si accompagna un più o meno elevato livello di opacità e mancanza di spiegabilità e trasparenza, che rende il “comportamento” della macchina non sempre prevedibile ex ante o spiegabile ex post anche da parte del suo produttore/programmatore (è il problema del black box). Con ogni conseguente possibile difficoltà nell’allocazione di responsabilità in caso di danno.

Quale disciplina per l’intelligenza artificiale?

Tutta la storia dell’umanità è stata caratterizzata dai cambiamenti prodotti dalle innovazioni tecnologiche. Alcune di queste hanno avuto una incidenza sulla società che può considerarsi rivoluzionaria. L’invenzione della stampa a caratteri mobili, ad esempio, ha radicalmente trasformato la diffusione delle conoscenze, fino ad allora affidata alla tradizione orale ovvero all’opera degli amanuensi e, pertanto, limitata a ristrette cerchie di persone. A partire dalla Bibbia di Gutenberg, la stampa ha permesso l’educazione delle masse e la circolazione su larga scala delle idee e delle informazioni.

Intelligenza artificiale: sfide etico-politiche per l’età degli automi

L’intelligenza artificiale (IA) sta avendo un impatto profondo sulle principali attività della nostra vita, dal lavoro alla comunicazione sociale e alla fruizione culturale sul web. Alla radice del successo dell’IA nell’ultimo decennio ci sono soprattutto nuove tecniche per l’apprendimento automatico. Sfruttando grandi archivi di dati, queste tecniche consentono di addestrare i sistemi dell’intelligenza artificiale a svolgere i ruoli più disparati, che vanno dagli assistenti vocali degli smartphone al controllo dei veicoli a guida autonoma del prossimo futuro.
Uno sviluppo tecnologico così rapido e diffuso solleva inevitabilmente delle importanti questioni etico-politiche. Quattro sono le questioni di fondo sulle quali ci soffermiamo qui.

La sfida del rapporto uomo-macchina

L’uomo ha alcune caratteristiche uniche. Tra queste c’è la capacità di trasformare la realtà in qualcosa di conosciuto, potremmo dire di addomesticato, che chiama mondo. Se le altre specie viventi hanno un habitat, cioè l’insieme delle condizioni ambientali in cui vive una determinata specie, l’habitat umano è composto da elementi che ci fanno sentire in uno spazio congeniale alle nostre inclinazioni o ai nostri gusti. Il nostro habitat diviene in un certo senso abitudine. Tuttavia, questa abitudine ad abitare un mondo in un certo senso addomesticato tramite la condivisione con i nostri simili di orizzonti, modi di fare e artefatti tecnologici che segnano il nostro vivere quotidiano, potrebbe di fatto renderci come i celebri pesci di David Foster Wallace: «Ci sono questi due giovani pesci che nuotano e incontrano un pesce più vecchio che nuota in senso contrario e fa loro un cenno, dicendo: “Salve ragazzi, com’è l’acqua?” e i due giovani pesci continuano a nuotare per un po’ e alla fine uno di loro guarda l’altro e fa: “Che diavolo è l’acqua?”».

Verso un umanesimo digitale

La diffusione sempre più rapida delle tecnologie digitali in tutte le attività umane è il fenomeno che meglio caratterizza il XXI secolo. Il computer, nato come strumento di calcolo, è diventato, grazie a internet, strumento di comunicazione. Nel 1982 la rivista “Time” dedicava la propria copertina al computer per la sua «grande influenza nella nostra vita quotidiana» assegnando per la prima volta la qualifica di soggetto dell’anno a una “macchina” invece che a una persona. Con quella immagine, il progresso tecnologico – ancor prima dell’avvento di internet – prometteva in qualche modo di rivoluzionare la vita dell’individuo e della collettività, una previsione di fatto realizzata e potenziata grazie all’intelligenza artificiale (Artificial Intelligence, AI).

Intelligenza artificiale, le sfide e i rischi

La qualità dei dati utilizzati dai modelli di intelligenza artificiale è fondamentale per il loro corretto funzionamento. Tuttavia, quando si parla di dati, e in particolare di big data, c’è una certa incertezza sul loro livello di veridicità. Insieme ad altre caratteristiche come l’esaustività (quanto è ampio l’ambito dei dati utilizzati) e l’estensionalità (quanto è facile aggiungere o modificare i campi), la veridicità è fondamentale per l’uso di grandi volumi di dati, poiché potrebbe rivelarsi molto difficile per gli utenti di un sistema di intelligenza artificiale riuscire a valutare se il dataset utilizzato è affidabile. La corretta etichettatura e strutturazione di big data è un prerequisito fondamentale affinché i modelli di machine learn-ing possano essere in grado di identificare con successo eventuali segnali all’interno dei dati, di distinguere i segnali dal rumore, e di riconoscere opportuni pattern nei dati.

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