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Il tempo delle donne fra lavoro, famiglia e socialità

Il persistere di forti stereotipi di genere e la bassa condivisione dei carichi domestici rendono difficile per le donne la conciliazione di famiglia e lavoro. Si parla di donne acrobate, equilibriste o super donne, tuttavia senza una migliore gestione dei tempi di vita e servizi di cura adeguati si giungerà a una crisi strutturale causata dall’insostenibilità dell’impegno richiesto all’universo femminile.

Una famiglia italiana

Cesare era il nome di mio padre, nato nel 1915 in terra emiliana, provincia di Reggio Emilia. Figlio di Umberto Grisendi, contadino, da tutti chiamato Berto e di Adele Gualerzi, lui del 1881 e lei del 1886. I bisnonni paterni, anch’essi contadini, si chiamavano Ardemio e Luigia, nati nel 1848 e nel 1852. La famiglia era meglio conosciuta con uno scutmaj, un soprannome: Giavaréina.

Italia mia

Anni fa, una delle ultime volte che partecipai a un convegno della Fondazione Sciascia a Racalmuto, mi resi conto, con un’occhiata, di quanto la mia età fosse lontana da quella degli altri invitati a parlare. Così, aprendo bocca per prima, «Mi sento uno degli ultimi garibaldini» confessai «di quelli che, nella mia prima adolescenza, chiudevano i cortei fascisti sforzandosi di mantenere il passo» e aggiunsi «se Sciascia fosse qui riderebbe con me».

Una famiglia italiana

Cesare era il nome di mio padre, nato nel 1915 in terra emiliana, provincia di Reggio Emilia. Figlio di Umberto Grisendi, contadino, da tutti chiamato Berto e di Adele Gualerzi, lui del 1881 e lei del 1886. I bisnonni paterni, anch’essi contadini, si chiamavano Ardemio e Luigia, nati nel 1848 e nel 1852. La famiglia era meglio conosciuta con uno scutmaj, un soprannome: Giavaréina.

Italia mia

Anni fa, una delle ultime volte che partecipai a un convegno della Fondazione Sciascia a Racalmuto, mi resi conto, con un’occhiata, di quanto la mia età fosse lontana da quella degli altri invitati a parlare. Così, aprendo bocca per prima, «Mi sento uno degli ultimi garibaldini» confessai «di quelli che, nella mia prima adolescenza, chiudevano i cortei fascisti sforzandosi di mantenere il passo» e aggiunsi «se Sciascia fosse qui riderebbe con me».

Come funamboli. Instabilità e insicurezza nei giovani lavoratori atipici

Il lavoro atipico viene considerato il principale canale di ingresso dei giovani nel mercato del lavoro. Quando da tappa si trasforma in percorso, al fine di evitare che esso si trasformi in una condizione permanente caratterizzata da instabilità e difficoltà nel portare a termine il processo di crescita e di affrancamento dalla famiglia di origine, è necessario garantirne l’efficacia sociale. Bisogna perciò favorire un intervento capillare da parte delle istituzioni, che miri ad assicurare esiti comuni a tutti i lavoratori in un’ottica di protezione e tutela.