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Per un efficace contrasto alla radicalizzazione jihadista

La sfida a Daesh e al minaccioso terrorismo di matrice jihadista va condotta senza indugio e senza risparmiarsi, non solo rafforzando le tradizionali misure di contrasto e repressione ma anche dotando l’Italia di una normativa all’avanguardia, capace di intervenire preventivamente sul fenomeno. Daesh è qualcosa di inedito nel quadro delle organizzazioni terroristiche del passato. Esso punta a fare proseliti attraverso forme di radicalizzazione che potranno essere arginate con decise risposte culturali, in assenza delle quali, la rabbia sociale e la crisi economica rischiano di sostenere e alimentare la diffusione del fondamentalismo jihadista e accrescere il numero dei suoi promotori.

Islamisti o nichilisti? Il dibattito francese sullo Jihadismo

Una discussione, molto accesa, sulle cause che hanno prodotto lo jihadismo europeo coinvolge in Francia i più noti studiosi dell’Islam contemporaneo. Le principali tesi in campo sono quella dell’“islamizzazione della radicalità”, sostenuta da Olivier Roy, della “radicalizzazione dell’Islam”, proposta da Gilles Kepel, della “reazione terzomondista”, di cui è portavoce François Burgat.

Fenomenologie dello spazio pubblico. Genere e Islam

Il “popolo” è un’entità dinamica, frutto di una continua interazione di demos ed ethnoi. Innalzare un muro verso i nuovi ethnoi significa impedire agli individui di mettere in pratica un esercizio riflessivo capace di stabilire ponti tra la propria originaria appartenenza e i principi, i valori e le regole della nuova. La presenza dell’Islam in Europa, l’apparire sulla scena pubblica dei musulmani, l’emergere di pratiche e simboli religiosi nelle diverse sfere della vita sociale costringono la dimensione pubblica europea a rivedere il piano condiviso della secolarizzazione e a cercare un nuovo punto d’incontro con l’altro. Stigmatizzare i comportamenti delle giovani donne musulmane che rivendicano il diritto a mostrare i loro simboli di appartenenza religiosa mostra le aporie di una cultura occidentale che da una parte enfatizza la dimensione universale dei diritti e dei valori, e dall’altra erige muri per definire dall’interno la stessa comunità politica.

L’identità dell’Islam europeo oltre gli stereotipi

Da anni l’Islam è oggetto di opposte visioni stereotipate: da un lato coloro che lo ritengono incompatibile con l’Occidente e i suoi valori; dall’altro quanti lo considerano come parte integrante di un demagogico multiculturalismo. Si rinuncia così a cogliere in esso la presenza di relazioni complesse tra credenti, popoli e sistemi politici, a valutare e apprezzare i musulmani come studenti, professionisti, padri e madri, cittadini di cultura europea che credono in Dio, persone semplici, proprio come i fratelli e le sorelle della comunità cristiana ed ebraica.

Sull’uso del Corano da parte dei pensatori radicali

La questione del jihad, così come essa si pone nell’epoca attuale, può essere ricondotta a tre distinte ermeneutiche che nel Novecento hanno impegnato alcuni pensatori radicali, Qutb, ‘Azzam e Mutahhari, i quali si sono misurati con diverse e in qualche caso intensamente dialettiche interpretazioni di uno dei versetti – particolarmente significativo – del Corano. Queste interpretazioni fanno emergere la valenza rivoluzionaria dell’Islam oscurata dai messaggi distorti del jihadismo terrorista.

Jihadismo: cosa dice il Corano?

Sostenere che l’Islam e i musulmani siano “per loro stessa natura” fanatici e aggressivi è un giudizio sbrigativo, molto discutibile e dagli effetti devastanti. Non vi è alcuna evidenza della esistenza di un nesso necessario di causalità tra il contenuto di talune sure del Corano, che esorterebbero i militanti a impegnarsi a difesa della fede, e il presunto incitamento al jihad. Se fosse istituibile un legame così automatico e vincolante tra fede monoteista e violenza, allora questo schema andrebbe ricondotto anche alla tradizione giudaico-cristiana che nell’Antico Testamento propone una molteplicità di versetti evocanti violenza e urgenza di purificazione degli infedeli. Non è così, soprattutto se si è capaci di ricostruire che cosa vogliono esattamente dire le sure invocate da lettori troppo affrettati del Corano, anche in relazione al vero ruolo che l’Islam ha avuto e ancora ha nella storia e nel nostro tempo.

Il pregiudizio della diversità

Dall’attacco alle Twin Towers in poi viviamo immersi in un clima di allarmismo, artificialmente coltivato e che si alimenta di un “pregiudizio della diversità” in virtù del quale ogni musulmano incarna un nemico potenziale e ogni “sala di preghiera” inaugurata in un qualche garage dismesso diventa un attentato alla cultura e alla identità occidentali. Se un pericolo terroristico esiste, esso si collega al tema dei migranti non nella realtà, ma in insistenti e diffuse dicerie suffragate da prove impalpabili. Ma la diffidenza per il “diverso”, specie quando lo si avverte come potenzialmente minaccioso per il proprio risicato e traballante benessere, è difficile da combattere, anche perché non è razionale. Per contrastarla esiste solo un antidoto: la conoscenza reciproca.