Per quanto antico e universale, il fenomeno corruttivo ha assunto tratti particolarmente preoccupanti nell’Italia contemporanea; qui la corruzione si salda alla criminalità organizzata e diventa “sistema”. Per questo, controlli approssimativi e sanzioni poco dissuasive devono cedere il passo a un monitoraggio attento, a una strategia di prevenzione efficace e a un’attività di repressione credibile.
La criminologia nel tempo ha studiato diverse forme di criminalità e le loro cause: criminalità appropriativa, violenta, a sfondo sessuale, urbana, economica (o del “colletto bianco”), informatica, organizzata, contro l’umanità.
Con la connivenza di uno Stato troppo spesso assente, nei suoi due secoli di storia la mafia si è evoluta, divenendo un potere importante nell’economia dell’intero paese: non solo ha frenato lo sviluppo legale, ma ne ha favorito uno distorto, che rappresenta un pericolo quanto mai concreto in un’Italia duramente colpita dalla crisi economica.
Ho iniziato a occuparmi del nostro Risorgimento nel 2003, per merito – colpa – di Mario Martone, che mi coinvolse nel progetto di un film. In parallelo alla stesura del copione, sedotto dalla quantità e qualità dei materiali storici e letterari con i quali entravo in contatto, prendeva corpo il progetto di una narrazione ispirata a quella stagione della quale si era persa la memoria. Al punto che io per primo avevo sul nostro Risorgimento, e, dunque, sugli eventi che portarono a edificare la nazione nella quale sono nato, vivo, lavoro, solo poche, confuse, contraddittorie e troppo spesso sbagliate informazioni.