Italianieuropei 2/2003

il Sommario

l' Editoriale

gli Articoli

Le cose da fare

La forza e i valori. Europa, Islam e Stati Uniti nel dopoguerra

di Redazione

Sarà il dopoguerra iracheno a segnare la vittoria o la sconfitta delle ragioni della democrazia e della sicurezza. Perché il modo in cui è stata condotta la guerra contro l’Iraq ha rischiato di smentire le intenzioni dichiarate alla vigilia dall’amministrazione Bush: creare sicurezza, impiantare la democrazia, imprimere una svolta all’intera politica regionale. La guerra ha travolto il regime di Saddam Hussein, ma il prezzo è stato molto alto e la situazione resta caotica e incerta.

 

Pensare la Politica

Perché la Gran Bretagna è intervenuta contro Saddam

di Tony Blair

La scelta di fronte a noi è difficile, ma è anche molto netta e chiara: ritirare le truppe britanniche e riportarle a casa, oppure mantenere ferma la linea d’azione che ci siamo dati. Io credo che dobbiamo scegliere questa seconda opzione. La domanda che ci viene rivolta più spesso non è «perché questa decisione è importante?», ma «perché è così importante?» Ecco la nostra situazione: il governo di fronte alla prova più difficile che abbia dovuto affrontare finora, la maggioranza a rischio, le prime dimissioni dal governo per divergenze politiche, i principali partiti divisi.

 

Pensare la Politica

La Germania si assumerà le proprie responsabilità

di Gerhard Schröder

Assumendosi le proprie responsabilità per la pace e la sicurezza, il governo è stato guidato da principi molto chiari. Noi lavoriamo per il dominio e l’affermazione del diritto. Siamo per la politica della pace attraverso la prevenzione delle crisi e la soluzione cooperativa dei conflitti. Perseguiamo l’obiettivo dell’accrescimento della sicurezza: attraverso la collaborazione multilaterale, attraverso la tutela dai rischi e la lotta alle cause della violenza, attraverso il disarmo e lo sviluppo e, ove è indispensabile, anche attraverso l’uso di mezzi militari e di polizia.

 

Pensare la Politica

Una guerra sbagliata

di José Luis Rodríguez Zapatero

Fra un’ora, signori, la notte scenderà su Baghdad. È facile immaginare come possano sentirsi i suoi abitanti, i milioni di esseri umani che hanno avuto la fortuna e la disgrazia di nascere lì, sopra un mare di petrolio e sotto il dominio di un tiranno. Anche loro hanno paura. Abbiamo ascoltato questa mattina il presidente Bush annunciare l’invasione dell’Iraq, annunciare una guerra preventiva, una guerra che nasce da un’ipotetica paura, dalla paura che questa popolazione di soli 22.000.000 di abitanti, malnutriti, male armati, circondati dal più grande esercito del mondo, provoca in lui e anche agli altri.

 

Dopo l'11 settembre

Uniti attorno alla bandiera? Le opinioni pubbliche di Europa e Stati Uniti di fronte alla guerra

di Pierangelo Isernia e Philip Everts

Nessuna decisione è più importante, per una nazione, che quella di ricorrere all’uso della forza militare. Il sostegno dell’opinione pubblica è uno degli elementi che contano maggiormente nei calcoli dei decisori nelle moderne democrazie. Ottenerlo dipende dalle circostanze in cui la forza deve essere usata, dagli interessi in gioco, dalla natura delle minacce e dai costi e benefici dell’azione militare, rispetto ad altri strumenti, siano essi diplomatici, economici o politici.

 

Il caso italiano

La leadership come pedagogia. La sinistra italiana tra Parigi e Roccacannuccia

di Luciano Cafagna

Molti hanno parlato recentemente – tra questi anche Ralph Dahrendorf – di una sorta di mutamento genetico che si sarebbe prodotto in tempi recenti nelle caratteristiche della politica nei paesi democratici: una tendenza spiccata alla personalizzazione. In parole povere si vuole affermare che il punto di riferimento del cittadino di una democrazia non sarebbe più una organizzazione- partito o un partito-ideologia, quanto una singola personalità politica.

 

Il caso italiano

L'illusione delle primarie

di Stefano Passigli

La crescente richiesta di introdurre, nel nostro sistema politico, l’istituto delle primarie – da taluni presentato quasi quale antidoto salvifico alla crisi dei partiti – rischia di essere acriticamente accolta. Essa merita invece alcune considerazioni relativamente a presupposti, ambito d’applicazione e conseguenze di tale istituto. Le primarie si sviluppano negli Stati Uniti in risposta all’esigenza di contrastare la machine politics – il predominio cioè degli apparati di partito sulla selezione delle candidature – o sostituendosi ai caucus, a una selezione cioè affidata alla concertazione tra i notabili dell’establishment partitico. Come tali, le primarie sono tipiche di una specifica fase di sviluppo della politica: mentre il caucus è tipico dei piccoli numeri, le primarie funzionano in presenza di una grande domanda di partecipazione politica e di un sistema partitico forte e strutturato rispetto al quale le primarie rappresentano un opportuno contrappeso.

 

Due mesi di politica

Scuola, misuriamoci con l'innovazione. Da un brutto confronto parlamentare una legge modesta

di Vittorio Campione

L’approvazione definitiva da parte del parlamento della legge delega proposta da Letizia Moratti, poco dopo il suo insediamento al ministero dell’Istruzione, pone fine al confronto parlamentare meno utile e meno produttivo che ci sia mai stato in materia di politica scolastica. La blindatura del testo, contraddittoria rispetto alle dichiarazioni insistite e non solo di maniera dello stesso ministro, e il contrasto (nei fatti) pregiudiziale da parte dell’opposizione parlamentare hanno reso impossibile ogni forma di contaminazione fra le diverse posizioni.

 

Due mesi di politica

La scuola italiana serve a qualcosa?

di Daniele Checchi

Quando si confronta l’Italia con altri paesi ad analogo tasso di sviluppo, è ormai quasi rituale riconoscere come il nostro paese sia caratterizzato da bassi livelli di scolarità, anche se le generazioni più recenti sembrano recuperare il ritardo. Questo potrebbe ovviamente dipendere dal fatto che l’Italia è un paese di recente industrializzazione e di tardiva scolarizzazione di massa; infatti, il divario con la media dei paesi OCSE si riduce ma ad una velocità molto bassa. Se la velocità di convergenza rimanesse analoga nel prossimo futuro, potremmo aspettarci che l’Italia raggiunga la media dei paesi OCSE (ma non certo le nazioni con più elevata scolarità) in ottant’anni.

 

Europa Europe/1 - I dilemmi della politica estera

L'Europa e la guerra

di Biagio De Giovanni

La guerra torna a portar scompiglio nel progetto europeo, in un momento delicatissimo della sua costruzione. A dare un primo sguardo agli avvenimenti in corso si riceve l’impressione di quello che può apparire un vero e proprio paradosso: da un lato, il lavoro della Convenzione che la guerra non ha affatto bloccato, anzi. Giscard d’Estaing ha confermato che la conclusione dei lavori avverrà secondo previsione: per la fine di giugno il testo del nuovo trattato costituzionale dovrebbe esser pronto, sul tavolo di una conferenza dei governi che ne sarà vincolata come non mai prima, se si pensa non solo al lungo dibattito preparatorio ma sopratutto alla rappresentatività della Convenzione che vi sta lavorando.

 

Europa Europe/1 - I dilemmi della politica estera

La carta americana nella politica estera italiana

di Leopoldo Nuti

«Se dobbiamo acconciarci a un’Europa per finta (…) o a un’unione europea sorta da un eventuale pateracchio anglo-francese che lasci de facto l’Italia in situazione di inferiorità (…) meglio varrebbe non prestarci al gioco e farci invece paladini della comunità atlantica (…) abbastanza per dare una buona presentazione “politica” al fatto nudo e crudo che, l’Italia non potendo da sola essere indipendente, e l’Europa non riuscendo a farsi, il padrone più ricco e più lontano è sempre il migliore».

 

Europa Europe/1 - I dilemmi della politica estera

Per una riforma delle istituzioni finanziarie internazionali

di Riccardo Faini

La politica economica internazionale all’inizio del nuovo millennio rimane fortemente condizionata dall’architettura economica mondiale ereditata dal secolo precedente. Sono trascorsi quasi sessant’anni dalla conferenza di Bretton Woods, ma gli assetti istituzionali, tracciati in quella occasione mentre ancora infuriava il conflitto mondiale, rimangono tuttora il punto di partenza per ogni progetto di riforma del nuovo ordine economico mondiale. È utile ripercorrere le tappe che portarono alle scelte di fondo di Bretton Woods nella misura in cui molte delle motivazioni che guidarono i partecipanti a quella conferenza mantengono tuttora la loro validità.

 

Europa Europe/1 - I dilemmi della politica estera

L'Unione europea come risposta alla globalizzazione

di Nicola Verola

Nella «Convenzione sul futuro dell’Europa» è riposta la speranza di coronare un processo di riforma istituzionale che non comincia a Laeken, nel 2001, bensì a Maastricht, nel 1992. Si può infatti dire che, a partire dall’inizio degli anni Novanta, l’Europa sia entrata in una sorta di «processo costituzionale permanente », in cui le revisioni dei Trattati si sono succedute con la media vertiginosa, di una ogni quattro anni – Maastricht nel 1992, Amsterdam nel 1997, Nizza nel 2000.

 

Europa Europe /2 - Scienza, bioetica e politica

L'insostenibile leggerezza delle astrazioni

di Anna Meldolesi

Una maggiore concretezza nei rapporti tra scienza, bioetica e politica: potrebbe essere individuata come la richiesta che ha legato gli interventi di tanti esponenti della comunità scientifica, che hanno preso parte all’incontro organizzato dalla Fondazione Italianieuropei, Einaudi e Sacro Convento di San Francesco di Assisi («Dialogo sulla vita umana. Un seminario bioetico tra laici e credenti» Assisi, 29 gennaio 2003). Al di là delle diverse esperienze e discipline di riferimento, il messaggio che è arrivato da chi lavora dentro o in prossimità dei laboratori è la richiesta urgente di un confronto costruttivo sui problemi concreti.

 

Europa Europe /2 - Scienza, bioetica e politica

Etica della ricerca biomedica: per una visione cristiana

di Ignazio R. Marino

La valutazione della condotta umana in ambito medico e scientifico alla luce di valori e principi morali si è resa sempre più necessaria negli ultimi decenni, parallelamente all’avvento di scoperte e ricerche che hanno rivoluzionato la posizione stessa dell’uomo nei confronti della natura, della vita e della morte. Oggi è impensabile ignorare gli innumerevoli quesiti morali emersi dall’inarrestabile progresso scientifico e la ricchezza (e al contempo complessità) della riflessione bioetica nasce dalla sua stessa natura interdisciplinare. Un concreto contributo agli interrogativi posti dalla ricerca biomedica può derivare soltanto dal confronto continuo fra studiosi e operatori di diversa formazione: medici, biologi, teologi, giuristi, psicologi, economisti, politici.

 

Europa Europe /2 - Scienza, bioetica e politica

Etica della ricerca biomedica: per una visione ebraica

di Gianfranco Di Segni

Negli ultimi tempi sono sempre più frequenti i convegni in cui scienziati, uomini di religione, politici di diverse tendenze si confrontano gli uni con gli altri, soprattutto sui problemi della bioetica. Così è stato nel recente convegno «Dialogo sulla vita umana – un seminario bioetico tra laici e credenti», organizzato ad Assisi dalla Fondazione Italianieuropei. Il convegno era diviso in tre sessioni: «La Scienza», «La Fede e la Morale» e «La Politica». In ciascuna delle tre erano presenti rappresentanti delle religioni monoteistiche (cristianesimo – nelle sue varie correnti, islam, ebraismo), oltre a rappresentanti dei laici.

 

Europa Europe /2 - Scienza, bioetica e politica

Per una bioetica non difensiva

di Gilberto Corbellini

Sono trascorsi circa trent’anni da quando, a metà degli anni Settanta, la bioetica trovava i primi riconoscimenti istituzionali negli Stati Uniti, proponendosi come ambito di riflessione interdisciplinare sulle dimensioni morali della ricerca biomedica, della pratica clinica e più in generale sui conflitti tra valori etici, norme giuridiche e aspettative sociali intorno alla vita (incluse le forme di vita non umane), alla morte e alla malattia. Che cosa ha prodotto sinora la bioetica?

 

Europa Europe /2 - Scienza, bioetica e politica

Etica laica della scienza e falsi argomenti

di Carlo Flamigni

Il primo problema che la scienza deve risolvere oggi riguarda la prevalenza, sempre più evidente, della ricerca scientifica post-accademica, quella finanziata dall’industria, dalla quale dipende una conoscenza non sempre basata sull’oggettività, non sempre fondata sul disinteresse personale, sul comunitarismo, sull’universalismo e sullo scetticismo organizzato, cioè sugli imperativi istituzionali della ricerca scientifica. Questa nuova scienza tende a sottrarre i risultati delle indagini alla proprietà del ricercatore, vietandogli di comunicarli, di analizzarli e di criticarli; stabilisce un rapporto perverso tra ricerca scientifica e mercato; tende a far tracimare le sue regole nel terreno della scienza accademica, condizionando negativamente la credibilità del ricercatore.

 

Le Storie

Voglio una casa

di Sara Beltrame

Mi hanno rinchiusa qui dentro, in questo convento. Quando entro nella mia cella, tutto è chiaro e pulito ma sembra che sappia di nebbia, ogni gesto è carico d’acqua e odora di incenso. Odio l’incenso, mi ricorda la vita passata dentro le chiese. Oggi mi alzo e decido: mi attengo alle regole, giuro. Farò la brava, come si deve, lo giuro davanti allo specchio, lontano dagli occhi di Dio.

Novecento

Oltre il revisionismo. Emilio Gentile e il fascismo preso sul serio

di Marco Gervasoni

A scorrere le novità nella saggistica storiografica, ci si accorge che da tempo il fascismo costituisce uno degli argomenti più presenti, con dovizia e costanza, negli scaffali delle librerie. I documentari storici trasmessi in televisione, spesso anche in prima serata, mostrano sempre uno share più elevato quando sono diffuse immagini di Mussolini e di Hitler. Infine, tutti coloro che insegnano storia, nelle scuole superiori come nelle università, possono testimoniare di come l’attenzione degli studenti sia molto superiore allorché s’inizi a parlare del ventennio. Il «fascino dei totalitarismi», si potrebbe dire parafrasando un articolo del prestigioso «Journal of Contemporary History», che si interroga sulle ragioni del proliferare della produzione storiografica attorno a fascismo e nazismo, e anche sul relativo successo di pubblico riservato a volumi a questi temi dedicati.

 

Le idee

Declino o sviluppo per l'economia italiana?

di Vincenzo Visco

A partire dal maggio 2004 dieci paesi e settantacinque milioni di abitanti entreranno a far parte dell’Unione europea. Verrà così a cambiare la stessa fisionomia geografica dell’Unione, il suo baricentro, la sua collocazione politica ed economica. È dubbio che l’allargamento in corso possa essere interpretato secondo la tradizionale visione ottimistica che fa riferimento ai risultati positivi dell’espansione dei mercati. I nuovi paesi, infatti, pur rappresentando il 20% della popolazione europea, contribuiranno a non più del 5% del suo PIL.

 

Archivi del Riformismo

Solo in missioni di pace… A proposito di Bettino Craxi e della politica estera italiana

di Giorgio Napolitano

L’impostazione che Craxi diede ai temi della politica internazionale (nell’aprire – da neo-presidente del Consiglio – il dibattito sulla fiducia il 10 agosto 1983) appare oggi abbastanza significativa nelle sue caratterizzazioni e nelle sue priorità, e, si può ben dire, equilibrata e aperta. L’accento fu posto, in via prioritaria, sulle questioni del sottosviluppo e delle disuguaglianze nel mondo, anche in relazione alle difficoltà della pace e ai conflitti locali (l’acutezza dei quali era peraltro correttamente rinviata alla «contesa mondiale», cioè alla contrapposizione e alla sfida tra le due superpotenze).

 

Archivi del Riformismo

Un governo di legislatura stabile ed efficiente. A proposito di Costantino Mortati e di premierato

di Francesco Clementi

All’interno di quella che è stata definita come una lenta conversione maggioritaria, l’approdo di Costantino Mortati al «governo di legislatura», al cosiddetto premierato, avviene, essenzialmente, in tre tempi, scandito da tre diverse pubblicazioni: le Lezioni, l’intervento nel dibattito sulla rivista «Gli Stati» (cioè il testo che qui si presenta, sebbene in forma ridotta), il Commento all’art. 1 della Costituzione.

Archivi del Riformismo

L'ascensione del proletariato. A proposito di Claudio Treves e del socialismo riformista

di Federico Fornaro

Settanta anni orsono, l’11 giugno 1933, per un triste scherzo del destino un’ora dopo aver commemorato Giacomo Matteotti, moriva a Parigi all’età di sessantaquattro anni, Claudio Treves. A poco più di un anno di distanza dalla scomparsa di Filippo Turati, il socialismo italiano e l’Internazionale socialista perdevano una delle loro figure più rappresentative, un coerente riformista e un polemista di razza. Sul giornale di cui era direttore, «La Libertà», il settimanale della Concentrazione Antifascista, Giuseppe Saragat gli dedicò un appassionato ricordo tratteggiando i contorni di uomo con «Una vita interiore intensissima, che un’aristocratica finezza morale dissimula: un’eloquenza appassionata che attinge talvolta la potenza delle invettive profetiche; una coscienza temprata all’ascetica disciplina del dovere, una penna indomabile sono le sue armi».