Italianieuropei 5-6/2018
Italianieuropei 5-6/2018

In questo numero

Questo numero di Italianieuropei scommette sull’iniziale risveglio della sinistra, raffigurato anche dall’immagine di copertina con l’orso che esce dal letargo. Contribuiscono a questa analisi Vincenzo Visco, Francesca Re David, Lucrezia Fanti, Massimo Mucchetti, Stefano Fassina, Giulio Sapelli e un lungo scritto di Laura Pennacchi.

Altro tema forte è il muro dell’Est che si è creato dopo la caduta del muro vero. Qui si parla dei paesi del Gruppo di Visegrad e del loro prendere la guida della svolta a destra delle ex colonie sovietiche. Gli autori dei saggi sono tutti giovani ricercatori. Due papi sono invece al centro dell’analisi successiva. C’è il racconto che Gianni Di Santo fa dell’attacco ad alzo zero contro Francesco, mentre Paolo Corsini parla del “suo” Paolo VI a poche settimane dalla canonizzazione.

il Sommario

l' Editoriale

Per una nuova prospettiva politica

Finalmente sembra aprirsi una discussione nella sinistra e nel Partito Democratico sulle ragioni della sconfitta del 4 marzo e sulle prospet­tive sul futuro. C’è voluta la spinta di quelle migliaia di militanti della sinistra che, dopo mesi di frustrazione, sono tornati in piazza. Certamente si può e si deve ripartire da questa generosa volontà di tornare in campo, dalla disponibilità a impegnarsi, dal bisogno di tante persone che la sinistra torni a esserci e a dire la sua sulle prin­cipali questioni del paese. C’è voluto molto tempo perché tornasse a manifestarsi qualche segnale di vita, tuttavia credo si debba guardare con rispetto alla vicenda travagliata e confusa che il Partito Demo­cratico e la sinistra italiana nel suo complesso stanno vivendo dal 4 marzo. Sarebbe troppo facile abbandonarsi a un giudizio liquidato­rio, ma non può essere questo il modo di ragionare di chi abbia a cuore non solo gli ideali e i valori della sinistra ma anche l’avvenire della nostra democrazia.

gli Articoli

Editoriale

Divergenze parallele. M5s e Lega alla prova della legge di bilancio

di Maria Cecilia Guerra

La necessità di raggiungere mediazioni e compromessi su punti di programma per cui vi è disaccordo costringe generalmente i governi di coalizione a adottare provvedimenti meno radicali di quelli che le singole componenti avrebbero adottato. Il governo Conte sembra invece seguire una logica diversa,  fondamentalmente spartitoria, in cui ciascuna delle due fazioni che lo compongono si riserva un campo di azione, a partire da una divisione equilibrata delle risorse in gioco, rispetto al quale l’altra si astiene il più possibile dall’intervenire. Ne scaturisce un’azione politica non solo priva di una visione organica ma anche molto spesso contradditoria, che tende a enfatizzare quella ricerca del consenso presso particolari categorie di contribuenti/cittadini che contraddistingue, non da oggi, l’agire politico.

Agenda. Sinistra, c’è il risveglio?

Sinistra, quali prospettive

di Vincenzo Visco

Le difficoltà in cui versano la sinistra italiana e quella internazionale sono evidenti, e sono serie. Nonostante la crisi del capitalismo liberista manifestatasi con il crollo del 2007-08, e il riflusso della globalizzazione, la sinistra non sembra in grado di recuperare identità e iniziativa, travolta dalla sua adesione acritica al pensiero economico dominante negli ultimi dieci-venti anni.
Era già successo dopo la crisi del 1929, con la differenza che allora un’alternativa praticabile sembrava possibile, data la presenza del modello socialista rappresentato dall’Unione Sovietica. Oggi l’unica alternativa che si presenta sembra essere la scelta tra soluzioni neonazionaliste e sostanzialmente autoritarie e un arroccamento difensivo delle élite dei vari paesi.

Agenda. Sinistra, c’è il risveglio?

Il lavoro è uno e i diritti sono di tutti

di Francesca Re David

La FIOM-CGIL nel pieno della crisi economica, sociale e politica del paese ha scelto parole d’ordine chiare: l’apertura, il confronto, la contrattazione collettiva, la riunificazione della rappresentanza attraverso la democrazia. Con questi punti fermi dal 2008 in poi abbiamo affrontato il sistema delle imprese che avevano confermato la strada dei contratti separati. Il punto più grave di questa determinazione è stato la scelta compiuta nel 2010 dal più grande gruppo industriale
del paese, la Fiat, di uscire dal sistema delle relazioni sindacali e dal contratto nazionale e di privare i lavoratori della democrazia togliendo loro la libertà sindacale. Contemporaneamente, una parte delle imprese ha utilizzato la crisi per tentare di cancellare i diritti raggiunti con la contrattazione, attraverso la disdetta e la rimessa in discussione degli accordi e con il ricatto sul lavoro.

Agenda. Sinistra, c’è il risveglio?

Liberismo, Stato e Riforma Fiscale al tempo della crisi

di Lucrezia Fanti

La crisi finanziaria del 2007, scoppiata negli Stati Uniti e diffusasi nel 2010 in Europa come crisi dei “debiti sovrani”, ha acceso vecchi e nuovi dibattiti intorno alle distorsioni proprie del modo di produzione e di accumulazione capitalistico nelle economie avanzate, al ruolo della finanza come motore dell’economia globale e alle conseguenti e crescenti diseguaglianze nella distribuzione del reddito e della ricchezza tra classi sociali.
I persistenti effetti della crisi hanno di fatto fornito nuova linfa alla riflessione in campo economico e politico sulle possibili riforme da mettere in campo e sul ruolo che gli Stati possono assumere nell’attuale contesto di oscillazione tra fasi di avanzamento e minacce di arretramento rispetto al processo di globalizzazione, anche alla luce delle sfide imposte da vecchie e nuove questioni quali l’impatto non neutrale del cambiamento tecnologico sui fattori produttivi e sul mercato del lavoro – sia a livello nazionale che in termini di divisione internazionale del lavoro – e il ruolo della finanza come terreno fertile per la creazione di rendite slegate dall’andamento della produzione e dell’economia reale nei paesi a capitalismo avanzato.

Agenda. Sinistra, c’è il risveglio?

La Sinistra di fronte all’obsolescenza del suo approccio al reale

di Massimo Mucchetti

Nella sua storia secolare la sinistra occidentale ha seguito diverse idee guida, di variabile consistenza: la collettivizzazione della proprietà dei mezzi di produzione, la pianificazione generale, la programmazione democratica, lo Stato imprenditore e il welfare pubblico, e poi la liberalizzazione dei movimenti dei capitali, delle merci e, meno, delle persone, le privatizzazioni delle partecipazioni statali e del welfare, l’impresa come generatrice di valore per gli azionisti, la scoperta della concorrenza. Le prime di queste idee guida appartengono alla radice comunista della sinistra, altre a quella socialdemocratica, altre ancora sono state riprese dalla cultura politica della destra e dall’ideologia liberista e fatte proprie da una sinistra in crisi d’identità da trent’anni. Potremmo disquisire sull’impatto che tali idee hanno avuto sulle persone e sulle istituzioni politiche.

Agenda. Sinistra, c’è il risveglio?

Sovranità costituzionale, bussola per una navigazione difficile

di Stefano Fassina

Non siamo in una fase ordinaria. I problemi, in politica come nella vita, vanno affrontati. Se rimossi, ritornano. È tempo di verità ama-re, purtroppo. Ma non di disperazione. Non di rassegnazione. Siamo in una fase dove, prima dei punti programmatici, anche prioritari, vanno riconosciuti i nodi sistemici, di quadro storico-politico. Prima delle policies, va condivisa un’analisi e vanno reimpostate le coordi-nate culturali e politiche per la controffensiva.

Si è chiuso un ciclo storico. Il post ‘89 doveva essere la “fine della Storia”, il trionfo delle liberal-democrazie rimaste senza alternative di sistema. Invece, è stato un “trentennio inglorioso”, caratterizzato in tutte le “economie mature” da due fatti interconnessi: da un lato, la dismissione dei principali strumenti regolativi dello Stato nazionale e, conseguentemente, la marginalità politica, finanche la scomparsa, di tutti i partiti della famiglia socialista europea (a parte, non a caso, il Labour rigenerato culturalmente prima che politicamente come sinistra nazionale e popolare da Jeremy Corbyn);

Agenda. Sinistra, c’è il risveglio?

Il gioco di specchi delle riforme

di Giulio Sapelli

Occorre non usare più il termine “riforma”. La controrivoluzione liberista iniziata con Bill Clinton e Tony Blair, seguaci inconsape-voli di Milton Friedman negli Stati Uniti e di Walter Eucken (che nessuno aveva letto) e di Jean Monnet in Europa, tra “théorie de la régulation” da un lato e “Ordoliberalismus” dall’altro (che nessuno sapeva cosa fossero perché oggi tutti parlano e leggono solo la lingua facile delle scimmie), ha trasformato anche il senso etimologico del mondo.
Cosicché “riforma” indica la direttiva eurotecnocratica oppure la de-cisione del Fondo monetario internazionale, Fondo che già sin dal suo sorgere nel 1945 a Bretton Woods preconizzava ciò che sarebbe divenuto il verbo della deflazione secolare che si è inverata senza col-po ferire. Come è noto Lord John Maynard Keynes fu sconfitto a Bretton Woods da uno stolido funzionario nordamericano che ben delineò il futuro del Fondo.

Agenda. Sinistra, c’è il risveglio?

Il piano del lavoro, una riforma per trasformare il capitalismo

di Laura Pennacchi

Come e quanto il neoliberismo e la finanziarizzazione hanno modi­ficato il rapporto fra capitalismo e nuova economia, fra capitalismo e democrazia? Quale potrebbe essere la “riforma-chiave” – ispirata da una visione generale – in grado di trasformare radicalmente lo stato di cose presenti? L’urgenza maggiore, infatti, per le forze pro­gressiste e di sinistra risiede nella necessità di liberarsi dalla sogge­zione a un blairismo più o meno vetero, magari rieditato sotto for­ma di macronismo e di indistinto “repubblicanesimo”,1 e di uscire da un silenzio, un’inerzia, una cura di spiccioli affari di bottega che durano ormai da troppo tempo e le condannano alla scomparsa,2 attivando, al contrario, un cantiere culturale alternativo di vastissima portata, in grado di generare pensiero, analisi, linguaggi di altissimo profilo.

Focus. Il muro dopo il muro

Obiettivi e contraddizioni del gruppo di Visegrad

di Daniele Stasi

La rinascita del nazionalismo nei paesi dell’Est Europa può essere fatta risalire a due fenomeni tra loro strettamente connessi: la rottura del patto liberaldemocratico che aveva ispirato le élite politiche della Polonia, della Cecoslovacchia e dell’Ungheria all’indomani delle tra-sformazioni del 1989; la perdita d’influenza, dopo la crisi finanziaria del 2008, dell’Unione europea, e dell’Occidente in generale, sulle società postcomuniste rispetto all’obiettivo della costruzione di una “democrazia consensuale” e di un’efficiente economia di mercato.

Focus. Il muro dopo il muro

Il cemento sovranista del gruppo di Visegrad

di Paolo Soldini

Nel febbraio del 1991 i leader di Ungheria, Polonia e Cecoslovacchia decisero di creare qualcosa che tenesse insieme le loro ragion d’essere mentre l’Unione Sovietica si inabissava nel caos e il Patto di Varsavia era bello che morto. Per riunirsi scelsero una cittadina sulle rive del Danubio, dove il fiume piega a Sud verso Budapest. Lo fecero con un certo senso della storia: a Visegrad che già nel nome, più slavo che ungherese, evoca destini comuni, s’era tenuto più di sei secoli e mezzo prima, un altro consesso con gli stessi obiettivi. Nel 1335 Carlo Roberto I d’Angiò, re d’Ungheria, Giovanni I di Boemia e Casimiro III di Polonia avevano cercato di dipanare i fili intricati degli interessi dinastici e delle controversie religiose, etniche e linguistiche per garantire la pace in quella parte della cristianità.

Focus. Il muro dopo il muro

Nel cuore dell’Ungheria di Orbán

di Massimo Congiu

Ininterrottamente al potere dal 2010, Viktor Orbán è attualmente noto per essere uno dei leader europei più impegnati nell’affermazio­ne di istanze identitarie e sovraniste. In questi ultimi otto anni si è speso molto, con l’aiuto dei suoi più stretti collaboratori, per creare in Ungheria un sistema fortemente dirigista, teso al controllo dei settori strategici della vita pubblica del paese.

Focus. Il muro dopo il muro

Repubblica Ceca: il successo degli imprenditori della paura

di Jakub Hornacek

A lungo la Repubblica Ceca ha creduto di essere immune all’ondata di forze di estrema destra. Per quindici anni, dal 1998 al 2013, queste forze sono rimaste fuori dalla Camera dei deputati formando una nebulosa di sigle e organizzazioni che hanno puntato tutto sul sentimento anti-rom molto diffuso nella società ceca. Il peso di questi gruppi nella società era e continua a essere residuale.

Il racconto

Pecore diventate lupi

di Peppino Caldarola

Giuseppe (Peppino) Caldarola ha molti anni tutti trascorsi a sinistra. Ha fatto prevalentemente il giornalista e sarebbe rimasto a “l’Unità” fino a novant’anni se non gliela avessero chiusa. Uomo fazioso, non appartiene però ad alcun gruppo e anche il suo dalemismo è una simpatica trovata giornalistica. Oggi guarda alla sinistra tutta intera, tranne quella violenta, nella convinzione che la sinistra non morirà mai. Della sinistra non sopporta molti, però quando guarda la destra i suoi gli sembrano tutti belli.

I fatti. Mondo

La Cina in Africa

di Romeo Orlandi

Per comprendere la relazione tra la Cina e l’Africa – alla luce dei risultati del VII summit della cooperazione svoltosi a settembre a Pechino – non è necessario scomodare i ricordi, alla ricerca di un legame storico oggi completamente rinnovato. Sarebbe dunque fuorviante rammentare i viaggi di Zheng He, l’ammiraglio eunuco e mussulmano che comandava la flotta imperiale dei Ming, la più grande al mondo. Forse le sue navi nel 1421 sono anche arrivate nel­le coste occidentali dell’America, certamente hanno toccato con la loro possanza le coste dell’Oceano Indiano, nelle spiagge dell’odierna Somalia. La Cina era allora al culmine della sua potenza imperiale, anche se la natura conservatrice e sinocentrica dell’impero fece bru­ciare le navi della flotta a Zheng, consegnando il proprio paese a un destino secolare di introversione e di arretratezza.

I fatti. Mondo

Il “mio” Paolo VI: a margine della canonizzazione

di Paolo Corsini

Molteplici sono le suggestioni che papa Paolo VI ha esercitato su di me. Ormai giunto alla soglia che conduce alla terza età, forse per­ché subisco la fascinazione della nostalgia, torno con rimpianto alla stagione degli anni Sessanta. Stagione che la mia generazione ha vis­suto tra sogni e speranze, entusiasmanti illusioni e cocenti smentite. Ebbene, la pubblicazione, il 26 marzo del 1967, della “Populorum progressio”, ha costituito per me allora, e continua a rappresentare oggi, l’espressione più significativa del magistero di un papa che si misura con l’impatto del Vangelo con la storia, con le condizioni po­ste alla Chiesa per una presenza efficace nel mondo contemporaneo.

I fatti. Mondo

Conservatori e tradizionalisti contro Francesco

di Gianni Di Santo

Tutti contro Francesco. È questo il grido disperato di conservatori e tradizionalisti della Chiesa cattolica per fermare l’azione riformatrice di papa Bergoglio. Con l’aiuto di influencer sul web, di giornalisti “amici”, di qualche “rosso porpora” in crisi di astinenza di potere. E di precisi blocchi di potere: l’attacco più impetuoso proviene dalla potentissima e ricca Chiesa americana, forse presa in contropiede dagli esiti del Conclave di cinque anni fa che ha formalizzato nei fatti l’urgenza per la Chiesa non solo di moralizzare se stessa ma anche di riprendere in mano le redini di un Vangelo della prossimità e della misericordia dove i poveri e le aree disagiate del pianeta abbiano più attenzione.

I fatti. Mondo

Un progetto tra Sardegna e Magreb

di Carlo Salis

La Sardegna, si sa, è un’isola. Molto meno noto – specie a chi la osserva da lontano, dal “continente” – è il fatto che tale condizione geografica abbia spesso favorito nel corso dei secoli il prevalere fra i sardi di una certa chiusura in se stessi, nella propria comunità, che quasi mai comprende l’intera isola. Insomma, nel confine delimitato fisicamente dal mare. Questo orizzonte diventa allora anche limite culturale, attitudine mentale. Quando il fenomeno si è verificato, ecco che ha preso inevitabilmente piede quel “provincialismo chiu­so” che grandi sardi hanno indicato come il male culturale più grave della nostra isola. La chiusura investe periodicamente l’intera classe dirigente sarda. Da almeno due decenni, a parere di chi scrive, vivia­mo una simile stagione di isolamento autoinflittoci.

Le persone. Parliamo di lui/lei

López Obrador e la vittoria della sinistra in Messico

di Tiziana Bertaccini

La prima domenica di luglio si sono tenute le più grandi elezioni della storia del Messico che hanno chiuso il primo ciclo della riforma elettorale del 2014.1 Circa 88 milioni di messicani sono stati chiama­ti a votare per il rinnovo dell’esecutivo e del Congresso e sono state celebrate elezioni locali in 30 delle 32 entità federative e 9 governatu­re statali. Le elezioni del 2018 sono classificabili come le più violente della storia per il grado di aggressività politica che ha pervaso il paese mietendo un centinaio di vittime fra politici e candidati locali in un contesto di generale aumento della criminalità che ha superato perfino gli anni più drammatici della guerra al narcotraffico.

Le persone. Donne da cui dobbiamo imparare

Essere Jacinda Ardern

di Sara Ligutti

Il capitalismo è un enorme fallimento. «Se hai centinaia di migliaia di bambini che vivono in case dove non c’è abbastanza per soprav­vivere, questo rappresenta un enorme fallimento. Come altro si po­trebbe definire? (…) Com’è possibile parlare di successo quando il tuo paese è cresciuto di circa il 3% ma hai il più alto numero di sen­zatetto del mondo sviluppato?». A parlare è Jacinda Ardern, leader del partito laburista neozelandese e – nel momento in cui pronun­ciava queste parole – in procinto di diventare primo ministro della Nuova Zelanda.

Le persone. Chi l'ha visto?

I Miliband, la storia del Partito Laburista

di Domenico Cerabona

Ralph Miliband è stato uno degli intellettuali britannici più influenti della seconda metà del Novecento. Nato a Bruxelles nel 1924, da famiglia di polacchi ebrei trasferitisi in Belgio, nel 1940 fu costretto a scappare in Gran Bretagna con la famiglia per sfuggire alle persecu-zioni naziste. Di lì a poco si iscrisse alla prestigiosa London School of Economics e cominciò la sua carriera accademica. Anche per via delle peripezie familiari le sue idee politiche divennero via via sempre più radicali, tanto da diventare uno dei più importanti studiosi mar-xisti del paese e un punto di riferimento intellettuale per la sinistra britannica.

Le recensioni di Italianieuropei

Un partito che non sa riconoscere il suo popolo

di Paolo Corsini

È possibile leggere sulla base di un duplice registro il nuovo contri­buto di Giuseppe Vacca dedicato al “trentennio glorioso” della pri­ma Repubblica, in cui lo studioso recupera lavori frutto di ricerche che sta conducendo da almeno due decenni e propone al contempo risultati di investigazioni più recenti: un registro strettamente storio­grafico-interpretativo e uno di natura politica se, parafrasando Cro­ce, si può sostenere che, essendo ogni storia storia contemporanea, essa parla anche del nostro presente e dunque può essere agita, con tutta la circospezione necessaria, in chiave politica. Del resto l’autore nella prefazione esplicita con assoluta chiarezza il proprio intento, tutto iscritto dentro la tradizione togliattiana cui appartiene, quella tradizione di impronta storicistica che lo conferma nella convinzione secondo la quale «il male oscuro della seconda Repubblica [è stata] l’assenza nella classe politica di una visione meditata della storia d’I­talia».

Le recensioni di Italianieuropei

Benedetto Croce vivente

di Nestore Pirillo

“La ricerca del sé. Indagini su Benedetto Croce”, edito da Quodlibet nella prestigiosa collana che ebbe tra i suoi fondatori Gianni Carchia, evidenzia già dal titolo la peculiarità del lavoro condotto da Alfonso Musci intorno alla voce più eminente del pensiero italiano tra Ot­tocento e Novecento. È senz’altro merito di questo giovane studioso aver ripreso e discusso, in una prospettiva fermamente attuale, la tra­dizione dello storicismo in Italia, al di là della sua crisi.

Dizionario Civile

Rossobruno

di Alessandro Campi

L’alleanza o convergenza o sintesi tra il “rosso” e il “nero” – tra gli op­posti radicalismi prodotti dalla modernità post Rivoluzione francese – è stata la grande tentazione-illusione ideologica del Novecento: da un lato ha partorito formule, scuole e orientamenti di pensiero d’ec­centrica originalità (dal nazional-bolscevismo al nazi-maoismo, dal fascismo di sinistra al socialismo nazionale, dalla rivoluzione conser­vatrice all’anarchismo di destra, dal socialismo prussiano al sovrani­smo di sinistra), dall’altro ne sono scaturiti esperimenti politici tanto arditi quanto spesso velleitari e votati a un tragico fallimento.