Italianieuropei 6/2014
Italianieuropei 6/2014

Agenda

PA: Sarà rivoluzione?

Focus

Focus. Medio Oriente in fiamme

In questo numero

Sulle ragioni della crisi delle organizzazioni di rappresentanza ci eravamo soffermati a settembre, lasciandoci con un interrogativo: cosa fare per invertire un percorso che rischia di condurre i corpi intermedi all’irrilevanza?

il Sommario

gli Articoli

Il caso italiano. Rispondere alla crisi dei corpi intermedi

Negando la rappresentanza si vuole colpire la partecipazione

di Susanna Camusso

Nel dibattito politico-economico italiano si sta affermando l’idea, sbagliata se non caricaturale, che alla modernità corrispondano la fine del conflitto tra interessi diversi e contrapposti e il conseguente svuotamento della funzione di rappresentanza e mediazione tra que­sti. Applicate al mondo del lavoro, la disintermediazione e la disarti­colazione delle forme di rappresentanza implicano non solo l’indebo­limento generico dei lavoratori nei luoghi di lavoro, ma lo svilimento stesso del lavoro inteso come dimensione rilevante della libertà della persona nella sfera collettiva. Viene insomma messa in discussione l’idea che il conflitto possa uscire dai singoli luoghi di lavoro per eser­citarsi nel condizionare, indirizzare, contestare le scelte del governo nel percorso di costruzione del futuro del paese.

Il caso italiano. Rispondere alla crisi dei corpi intermedi

Il partito che sceglie da che parte stare

di Matteo Orfini

La crisi ha fatto riemergere in Italia una drammatica questione so­ciale. Nuove linee di frattura tagliano trasversalmente la società, sepa­rando inclusi ed esclusi di un modello di sviluppo sempre più oligar­chico e parassitario. Di fronte a questa scelta di campo, come si colloca il Partito Democratico? In quale parte decide di giocare la sua partita? La forza del PD sta oggi nell’aver rigettato l’idea che si possa parlare alla società come a un tutto indistinto per scegliere invece con chia­rezza di stare dalla parte giusta della linea, dalla parte degli esclusi.

Il caso italiano. Rispondere alla crisi dei corpi intermedi

Il partito nell’era della disintermediazione

di Lorenzo Guerini

Quale forma partito può rispondere alle nuove istanze nell’era della progressiva disintermediazione? Può farlo solo un soggetto che sappia riconoscere la crisi dei partiti in tutta la sua problematicità e ade­guarsi ai mutamenti sociali, senza negarli; che accetti di non essere più l’unica forma di partecipazione politica e che sappia, in ragione di ciò, aprirsi a chiunque voglia contribuire a renderlo strumento ef­ficace per la determinazione della politica nazionale. Non un partito debole, ma un partito che, forte della sua capacità di essere comunità disponibile a diverse e flessibili dimensioni di coinvolgimento, con un progetto condiviso e partecipato, interpretato da una leadership democraticamente legittimata, sappia proporre politiche per il paese, nell’interesse di tutti.

Agenda. PA: Sarà rivoluzione?

I miei quattro obiettivi per riformare la pubblica amministrazione

di Marianna Madia

Dopo la conversione in legge del decreto 90/2014, che costituisce il primo passo della riforma, si apre ora una seconda fase, dal respiro più ampio e che punta a cambiare in profondità la pubblica amministrazione grazie al perseguimento di quattro fondamentali e distinti obiettivi: cittadinanza digitale, riorganizzazione dello Stato sul territorio, concreta semplificazione di servizi e procedure e reale attuazione delle norme. Necessaria premessa del buon esito di questo percorso è però la riforma dei meccanismi di selezione e di carriera di chi si pone a capo della macchina pubblica.

Agenda. PA: Sarà rivoluzione?

Una burocrazia all'altezza dei tempi

di Guido Melis

L’amministrazione italiana si può e si deve riformare, con azioni mirate, connesse tra loro, coerenti con un disegno complessivo di lungo respiro, sfuggendo all’impulso che nasce dall’emergenza. Per evitare di incorrere nell’errore commesso con gli interventi del passato, inquadrati in un tempo ristretto e non sostenuti dall’opinione pubblica e dalla classe politica nel suo complesso, occorre costruire intorno alle riforme amministrative un nuovo blocco storico e spostarsi dall’ottica imperniata sui soli problemi del personale a una incentrata sui bisogni dei cittadini. La scommessa da vincere è quella di dotarci, in tempi brevi, di una burocrazia moderna, adatta ai tempi veloci dell’informatica, in armonia con l’Europa e interprete consapevole dei grandi cambiamenti che si annunciano.

Agenda. PA: Sarà rivoluzione?

La crisi della PA tra resistenze, rimozioni e bizzarre idee

di Marco Cammelli

Ai problemi della pubblica amministrazione accumulatisi nel corso dei decenni si sono ora aggiunti quelli derivanti dalla crisi economica – e quindi politica – del 2007-08. Si tratta di problemi inediti, che stanno portando a un vero e proprio avvitamento del sistema istituzionale e amministrativo italiano, e che potrebbero essere affrontati facendo leva su due punti fermi: da un lato la decisa riduzione della massa di disposizioni legislative dedicate all’amministrazione; dall’altro, una maggiore differenziazione organizzativa e funzionale in rapporto alle condizioni specifiche del contesto.

Agenda. PA: Sarà rivoluzione?

Tre domande per valutare la riforma

di Renato Ruffini

La riforma della pubblica amministrazione costituisce il perno sul quale si svilupperanno o, al contrario, si bloccheranno tutte le riforme strutturali prospettate o già avviate. È importante per questo chiedersi quale indirizzo stia prendendo la riforma della PA per quanto riguarda sia le logiche, innovative o di continuità, che utilizza, sia l’idea di amministrazione futura che a essa sottende e la presenza al suo interno degli elementi necessari a garantirne una completa ed efficace attuazione.

Agenda. PA: Sarà rivoluzione?

Valutazione delle performance: necessità e trappole

di Giovanni Tria

La valutazione delle performance nella pubblica amministrazione appare come uno snodo fondamentale in ogni tentativo di riforma della PA. Essa tocca dunque anche la legge delega in esame al Parlamento. Si tratta però di una tematica non priva di trappole, visto che la misurazione delle performance in un ambito che non è meramente economico e in assenza di mercato è molto complessa e deve tenere conto anche dei rapporti di cooperazione e di scambio fra più amministrazioni e uffici. Inoltre essa va compiuta bilanciando sapientemente funzione di controllo e funzione di apprendimento. La misurazione delle performance, insomma, ha senso solo se viene effettuata con intelligenza e consapevolezza delle molteplici conseguenze, altrimenti si riduce a un rito che può rivelarsi costoso e potenzialmente nocivo.

Agenda. PA: Sarà rivoluzione?

La valutazione dei risultati nel nuovo ciclo di riforme della PA

di Gianfranco Rebora

Il progetto di riforma della pubblica amministrazione in discussione in Parlamento presenta alcune importanti novità in merito al tema
centrale della misurazione e valutazione dei risultati della PA, in particolare per quanto concerne lo sforzo di semplificazione e snellimento procedurale, il riorientamento della premialità e la definizione di un nuovo contesto di sistema. Alla luce delle esperienze estere e degli esiti dei tentativi del passato è però possibile individuare alcuni nodi critici dell’impostazione adottata, che potrebbero mettere a rischio il successo delle riforme.

Agenda. PA: Sarà rivoluzione?

Pubblico impiego, una rivoluzione necessaria

di Carlo Mochi Sismondi

Mentre la rivoluzione digitale cambiava radicalmente le dinamiche del lavoro, delle relazioni sociali ed economiche, le routine cognitive e i comportamenti di individui e organizzazioni, la crisi delle finanze dello Stato imponeva alla macchina pubblica italiana non una coraggiosa riforma strutturale fatta nel segno dell’innovazione e dell’efficienza ma, in un quadro di sostanziale consolidamento dello status quo, infausti tagli lineari e il blocco del turn over e degli investimenti. Il pubblico impiego arriva perciò oggi fortemente impreparato alla sfida di una PA adatta ai tempi. Di che tipo di impiegati e dirigenti avremmo invece bisogno?

Agenda. PA: Sarà rivoluzione?

PA, qualche utile lezione delle esperienze europee

di Edoardo Ongaro

La riforma della pubblica amministrazione rilanciata dal ministro Madia si colloca in un contesto di esperienze simili già avviate negli
ultimi anni da altri paesi europei. Cosa possiamo imparare da tali esperienze di riforma, al fine di evitare errori già commessi, valorizzare ciò che di positivo è stato faticosamente introdotto nel nostro sistema pubblico e portare le amministrazioni verso i livelli di prestazione attesi non solo da cittadini e imprese, ma anche da moltissimi operatori del settore?

Agenda. PA: Sarà rivoluzione?

Prevenire la corruzione senza aumentare il peso della burocrazia

di Alessandro Natalini

Semplificazione delle procedure burocratiche e lotta alla corruzione sono due obiettivi imprescindibili per lo sviluppo economico e sociale del paese che andrebbero perseguiti contestualmente. La legge 190/2012 per la prevenzione e la repressione della corruzione, con l’impianto centralistico e piramidale che la contraddistingue, opera in senso contrario a quanto auspicato, comportando un sovraccarico burocratico per le amministrazioni cui queste ultime spesso non riescono a fare fronte. La strada giusta per rendere più sostenibile e credibile la politica di prevenzione della corruzione sarebbe invece quella di sfrondarla dal suo eccesso di burocrazia e di elaborare strategie di contrasto differenziate per settore e adattate ai singoli contesti.

Focus. Medio Oriente in fiamme

Le responsabilità dell'Occidente nelle guerre arabe

di Massimo D'Alema

Mentre scrivo questo editoriale si combatte ancora per le strade di Kobane. Solo l’eroismo dei peshmerga e della popolazione curda sembra ostacolare l’avanzata degli integralisti dell’IS. L’offensiva aerea voluta e condotta dagli americani si è rivelata scarsamente efficace, mentre permane la sostanziale inerzia e l’impressionante cinismo della Turchia e di diversi paesi arabi che, dopo avere sostenuto, finanziato e, talora, armato gli integralisti, ora sostanzialmente assistono alla tragedia in atto.

Focus. Medio Oriente in fiamme

L'ipocrita retorica della pace in Medio Oriente

di Henry Siegman

La rivendicazione del diritto all’autodifesa per giustificare il massacro di civili palestinesi, l’accusa a questi ultimi di crimini di guerra, l’equiparazione di Hamas all’IS sono esempi emblematici dell’ipocrisia che impregna la retorica del primo ministro israeliano Netanyahu, della cui coalizione di governo fanno del resto parte ministri che invocano impunemente il genocidio. È giunto il momento per la comunità internazionale e per la leadership palestinese di dichiarare apertamente che il principale ostacolo al processo di pace sono proprio le confische e le annessioni territoriali israeliane, per smascherare così il doppio gioco di Netanyahu, il quale non ha alcuna intenzione di consentire la costituzione di uno Stato palestinese in Cisgiordania, ma cerca solo di prendere tempo per continuare a espandere gli insediamenti israeliani nei Territori occupati.

 

Focus. Medio Oriente in fiamme

Dalla rivoluzione siriana all'Insurrezione globale islamica

di Domenico Quirico

La rivoluzione siriana del 2011 era cominciata come la rivolta di ragazzi e uomini che si erano improvvisati soldati per liberare il paese da un’odiosa dittatura che li dominava da decenni, e realizzare, come stava accadendo in Tunisia e in Egitto, la loro primavera. Nella mancanza di una guida e di una strategia precise, e nell’arretratezza e scarsità degli armamenti si trovavano già le premesse della loro sconfitta e della trasformazione della loro rivolta in jihad. L’Occidente, ancora una volta, ha largamente frainteso la complessità del fenomeno e la deriva islamista che esso stava assumendo, e cerca ora di porre goffamente rimedio alle tragiche conseguenze di questi errori: la nascita fra Siria e Iraq del primo Stato islamista e la minaccia, fortissima, di un nuovo totalitarismo di stampo religioso e di una guerra globale permanente.

 

Focus. Medio Oriente in fiamme

L'Iraq tra le ombre del califfato e le speranze del nuovo esecutivo al-Abadi

di Andrea Plebani

Lo scorso giugno le forze dello Stato Islamico dell’Iraq e della Siria hanno preso la città chiave di Mosul, estendendo il proprio controllo su ampie porzioni della Siria centro-orientale e del nord-ovest iracheno. Nel frattempo il leader del movimento Abu Bakr al-Baghdadi ha proclamato la nascita di un nuovo califfato, espandendo le proprie mire ben al di là di Mesopotamia e Levante. A poche settimane dall’insediamento di un nuovo governo a Baghdad, le sorti della sintesi statuale irachena appaiono ancora fortemente in bilico. Ma da dove provengono i militanti che combattono sotto le insegne nere del “nuovo califfo”? In che modo sono riusciti a divenire uno degli attori più influenti del panorama siro-iracheno? E, soprattutto, quali sono le debolezze del sedicente Stato Islamico e quali le condizioni fondamentali affinché esso venga sconfitto?

 

Focus. Medio Oriente in fiamme

Libia, transizione verso il caos

di Mattia Toaldo

Dopo una fase iniziale segnata da alcuni sviluppi positivi e che lasciava ben sperare per il futuro del paese, la transizione politica della Libia dopo Gheddafi ha registrato una preoccupante inversione di rotta culminata con le elezioni dello scorso 25 giugno. Queste non solo si sono rivelate un acceleratore del conflitto tra le diverse milizie armate presenti sul territorio libico, ma non hanno neppure posto fine alla crisi di legittimità delle istituzioni del paese, producendo due governi e due Parlamenti alternativi e una situazione esplosiva che non sembra avere prospettive immediate di risoluzione.

 

Focus. Medio Oriente in fiamme

Mezzaluna crescente o calante? La Turchia tra Europa e Medio Oriente

di Emiliano Alessandri

Stretta tra i vortici della crisi europea e del conflitto mediorientale, la Turchia, pur interessata da significative tensioni, si è dimostrata in grado di assorbire i contraccolpi meglio dei paesi arabi. La stabilità attuale non deve però trarre in inganno circa le prospettive future, segnate da sfide sia interne che esterne. Per scongiurare il rischio che il paese esca per sempre da una logica di cooperazione occorre che l’Europa mantenga un solido contatto con Ankara, impostando un rapporto realista con Erdogan e con l’élite post kemalista e riallacciando i rapporti diretti con la società turca.

 

Focus. Medio Oriente in fiamme

L'Iran di Rohani nello scacchiere regionale: opportunità e incognite

di Claudia Castiglioni

La feroce avanzata dello Stato Islamico in Iraq e Siria ha destato le preoccupazioni dell’Iran per le minacce alla sicurezza e all’assetto dell’intera regione mediorientale. Nonostante si trovino oggi a dover affrontare un nemico comune, l’eventualità di una collaborazione fra Washington e Teheran presenta enormi difficoltà a causa degli obiettivi divergenti dei due paesi. Se il presidente Rohani, che ha recentemente indicato negli errori dell’Occidente l’origine dell’ondata di estremismo che sta travolgendo il Medio Oriente, rifiuta una soluzione esogena ai problemi della regione e mira al riconoscimento del ruolo centrale dell’Iran nell’area, gli Stati Uniti non dimenticano il dossier nucleare. L’imprescindibilità dell’Iran negli equilibri regionali rimane dunque un elemento con cui il governo statunitense dovrà fare i conti.

 

Focus. Medio Oriente in fiamme

L'Egitto do al-Sisi dalla rivoluzione alla controrivoluzione

di Gennaro Gervasio

Quando si pensa al colpo di Stato del luglio 2013 che portò alla deposizione del presidente Morsi e al ritorno dei militari al potere si cade spesso nell’errore di considerare semplicisticamente gli eventi come un golpe volto a interrompere la transizione democratica post Mubarak. Una tale interpretazione tende a sottovalutare le responsabilità dei Fratelli Musulmani, le loro scarse capacità di governo e di gestione del dissenso popolare fino all’uso di strumenti coercitivi. Ancorché diverso  da quello precedente al 2011, anche al-Sisi ha costituito un regime violento e repressivo, che ha, ancora una volta, tradito le aspettative di quanti auspicavano il completamento del processo rivoluzionario. Eppure, proprio il suo essere un prodotto della rivoluzione indica che il governo di al-Sisi, molto più debole di quanto appaia in superficie, sta contribuendo a riconfigurare radicalmente il sistema di potere egiziano. E ciò lascia sperare in una nuova ascesa dell’attività politica dal basso in senso democratico e riformista.

 

Focus. Medio Oriente in fiamme

Tunisia al voto, prove di democrazia

di Leila El Houssi

All’inizio di quest’anno la Tunisia è riuscita a promulgare, nonostante le profonde divergenze di opinione in seno all’Assemblea costituente, la nuova Costituzione, nella quale sono sanciti diritti, quali la parità tra uomini e donne – riconosciuta anche nella legge elettorale –, e libertà fondamentali, quali quelle di opinione, pensiero, informazione e associazione. Il paese è però ancora impegnato in un processo di nation building molto delicato e non privo di tensioni. La grave crisi economica, la crescente disoccupazione, l’inasprimento del clima politico e la minaccia del terrorismo sono infatti solo alcuni degli aspetti con i quali dovrà misurarsi il governo che verrà formato dai partiti che usciranno vincitori dall’imminente tornata elettorale.

 

Internazionale. Venticinque anni dopo il muro

Dal bipolarismo al multipolarismo asimmetrico

di Roberto Menotti

Se la caduta del muro di Berlino e il successivo disfacimento del sistema di blocchi contrapposti hanno alimentato le aspettative di quanti auspicavano una gestione multilaterale e consensuale almeno dei temi di rilevanza globale, il ruolo dominante giocato dagli Stati Uniti, soprattutto dopo la scomparsa dell’URSS, poteva far prevedere l’emergere di tentazioni “unipolariste” da parte di Washington. Nel percorso verso un difficile multipolarismo si sono inserite poi le variabili costituite da un’Europa incapace di farsi attore credibile e coeso sulla scena internazionale, dalle potenze cosiddette emergenti poco disposte a essere semplicemente assorbite nel sistema di regole globali definite dall’Occidente e da una ONU sostanzialmente inefficace. L’11 settembre e la crisi economica del 2008 hanno ulteriormente spostato l’asse del multipolarismo, dimostrando che la capacità di influenza e di interferenza degli Stati Uniti – nel campo della sicurezza, in quello economico e persino in quello culturale – rimane tuttora ineguagliata.

Internazionale. Venticinque anni dopo il muro

L'impatto della caduta del muro sull'integrazione europea

di Antonio Varsori

La caduta del muro di Berlino accelerò il processo di rilancio del progetto di integrazione europea, in corso sin dalla metà degli anni Ottanta, e per diversi aspetti vi impresse anche una nuova direzione, mutando gli equilibri sui quali la costruzione europea si era fondata per oltre quarant’anni. La fine della guerra fredda riportava infatti in Europa una Germania riunificata, libera dai condizionamenti del passato e, dunque, più forte, che andava “imbrigliata” in una struttura comunitaria più robusta per disinnescarne gli eventuali pericoli. Ma le aspettative ottimistiche che caratterizzarono gli anni Novanta, l’idea che l’UE allargata ai paesi dell’Est potesse giocare un ruolo da protagonista, non solo in economia ma anche sulla scena politica internazionale, andarono deluse. Il meccanismo messo in moto dalla fine della guerra fredda avrebbe scardinato anche su scala globale i vecchi equilibri di potere e per quanto riguarda l’Europa avrebbe riproposto, in forme radicalmente nuove, la questione tedesca.

Internazionale. Venticinque anni dopo il muro

La Germania, leader suo malgrado

di Angelo Bolaffi

Venticinque anni dopo la caduta del muro di Berlino, evento che aveva creato in molti l’illusione che si fosse all’inizio di un’epoca di
pace perpetua, la crisi di Crimea ha svelato bruscamente l’inganno in cui l’Europa si era cullata, ovvero che nel Vecchio continente dialogo e compromesso avessero preso il posto, una volta per tutte, della politica di potenza. La minaccia della Russia di Putin all’ordine geopolitico post sovietico ha fatto invece riemergere lo spettro di una nuova guerra fredda e ha messo la Germania, indiscusso leader economico dell’Europa, di fronte alla necessità di prendere atto della sua posizione egemone, assumendosi la responsabilità di esercitare con lungimiranza il ruolo di potenza guida. Ma esiste il fondato dubbio che la Germania si riveli un “egemone riluttante”.

Internazionale. Venticinque anni dopo il muro

Riunificazione tedesca e ideologia italiana

di Giancarlo Schirru

In nessun altro paese dell’Europa occidentale la caduta del muro di Berlino ha avuto ripercussioni radicali sul sistema politico come in
Italia. Ciò non ha causato però, come sostenuto da alcuni, la morte delle ideologie, quanto, piuttosto, l’avvio di un processo di permanente metamorfosi ideologica, in cui a determinati elementi di continuità si è affiancato il venir meno di alcuni grandi riferimenti
che sono stati una costante della storia unitaria italiana e che, nonostante quest’azione di rimozione, seguitano a rappresentare i nodi
critici del futuro del paese.

Internazionale. Venticinque anni dopo il muro

Sapere/Saperi

di Graziella Priulla

È noto che il tumultuoso sviluppo delle tecnologie ha fatto in modo che le società contemporanee dipendano più che mai dalla conoscenza. Tutto o quasi, nel nostro mondo, è legato al modo con cui i saperi – al plurale – vengono prodotti, diffusi, applicati. È un desiderio di miglioramento spirituale, è un sintomo di creatività culturale, è la possibilità di competere nel mercato globale. Considerare l’istruzione un investimento e un valore è la premessa per qualunque scelta politica che miri a un progresso civile e a una crescita sostenibile.