Basi sociali e tendenze territoriali alle elezioni politiche

Di Paolo Feltrin Lunedì 01 Maggio 2006 02:00 Stampa

L’importanza del voto di classe nell’Italia della prima e seconda Repubblica A più riprese, in Italia, si è sottolineato come la posizione sociale, la categoria socio-professionale, o altre variabili che permettono di collocare gli elettori lungo un asse di stratificazione sociale non esercitino un’influenza significativa sulle scelte di voto degli elettori. Si tratta di una difformità rispetto a molti paesi europei, dove l’appartenenza socio-economica presenta forti relazioni con l’orientamento politico e di voto degli elettori, in particolare della classe operaia con il voto ai partiti di sinistra e dei ceti borghesi con il voto ai partiti di destra. Del resto, la divisione di classe ha costituito il più importante cleavage sul quale sono nati e hanno prosperato i grandi partiti di massa delle democrazie occidentali nel XIX e XX secolo. In Italia invece, come si è detto, l’effetto di tale divisione nel comportamento elettorale non è mai stato così evidente, e il voto dei diversi ceti sociali non si è mai indirizzato in maniera esclusiva a un partito. Anzi, come hanno evidenziato Mannheimer e Sani, la composizione per classe dell’elettorato della DC era relativamente più simile a quella del PCI che a quelle di PSI, PSDI e PRI.

L’importanza del voto di classe nell’Italia della prima e seconda Repubblica A più riprese, in Italia, si è sottolineato come la posizione sociale, la categoria socio-professionale, o altre variabili che permettono di collocare gli elettori lungo un asse di stratificazione sociale non esercitino un’influenza significativa sulle scelte di voto degli elettori. Si tratta di una difformità rispetto a molti paesi europei, dove l’appartenenza socio-economica presenta forti relazioni con l’orientamento politico e di voto degli elettori, in particolare della classe operaia con il voto ai partiti di sinistra e dei ceti borghesi con il voto ai partiti di destra. Del resto, la divisione di classe ha costituito il più importante cleavage sul quale sono nati e hanno prosperato i grandi partiti di massa delle democrazie occidentali nel XIX e XX secolo.1 In Italia invece, come si è detto, l’effetto di tale divisione nel comportamento elettorale non è mai stato così evidente, e il voto dei diversi ceti sociali non si è mai indirizzato in maniera esclusiva a un partito. Anzi, come hanno evidenziato Mannheimer e Sani,2 la composizione per classe dell’elettorato della DC era relativamente più simile a quella del PCI che a quelle di PSI, PSDI e PRI. La frattura di classe in Italia è stata oscurata dal cleavage religioso, la frattura socio-politica più forte dal dopoguerra in poi.3 In particolare, è evidente che le due fratture si sono articolate in maniera diversa a livello geografico, dando vita alle subculture politiche territoriali, con la DC radicata nelle regioni del Nord-Est (la cosiddetta «zona bianca») e il PCI nelle regioni del Centro (la cosiddetta «zona rossa»).

Con gli anni Novanta la situazione è in parte cambiata. Abbiamo assistito a un’erosione delle subculture territoriali, ma soprattutto dell’appartenenza politica, che ha portato a una crescita del voto di opinione a scapito del voto di appartenenza. Il tutto all’interno di un nuovo quadro politico-istituzionale, plasmato verso un assetto bipolare con l’introduzione della legge elettorale a prevalenza maggioritaria e con l’affacciarsi nell’arena della competizione elettorale di nuovi partiti e coalizioni a partire dal 1994. Molti ritenevano che il passaggio al nuovo sistema partitico avrebbe prodotto un’ulteriore attenuazione della relazione tra stratificazione sociale e comportamenti di voto,4 per giungere ad un elevato livello di omogeneità delle basi sociali dei due schieramenti.

In realtà questo non sembra essere avvenuto, e anzi sembrano essersi polarizzate le preferenze politiche dei diversi gruppi sociali. Due le possibili ragioni: da una parte l’affievolimento del cleavage religioso che aveva strutturato il voto nella prima Repubblica (non a caso i partiti eredi diretti della DC si distribuiscono oggi nei due poli) ha lasciato uno spazio libero che è stato riempito dal voto socialmente «confinato»; in secondo luogo, i programmi dei due schieramenti hanno in qualche modo favorito la redistribuzione entro confini sociali del voto, con il centrosinistra (CS) maggiormente percepito dall’elettorato come difensore dello Stato sociale e della politica fiscale redistributiva, e con un centrodestra (CD) più ancorato alla valorizzazione del lavoro autonomo, dell’impresa, della riduzione della pressione fiscale.

La ricerca condotta da Corbetta e Segatti5 evidenzia come l’avvento della cosiddetta seconda Repubblica abbia prodotto una trasformazione degli orientamenti politici presenti in ogni classe sociale. In particolare gli autori sottolineano che: 1) la classe operaia, che nel passato votava in prevalenza il PCI, oggi si distribuisce piuttosto equamente tra gli schieramenti di CS e CD; 2) nella borghesia, in passato orientata prevalentemente verso la DC, è oggi presente una quota significativa di elettori che vota per il CS; 3) artigiani e commercianti (la piccola borghesia urbana), che prima del 1994 votavano soprattutto DC, oggi si orientano ancora più di prima in direzione del CD; 4) i ceti medi impiegatizi, che nella prima Repubblica sostenevano la DC, oggi si sono spostati verso lo schieramento di CS. Su quest’ultimo punto va inserita una precisazione: all’interno dei ceti medi impiegatizi è importante distinguere tra i lavoratori del settore pubblico e quelli del settore privato. I primi si orientano maggiormente verso il CS, i secondi verso il CD.6

Obiettivo di questo breve contributo è l’esplorazione delle basi sociali del voto alle elezioni politiche 2006. È questo un tema rilevante, dato l’esito delle elezioni stesse, che ha visto il CS prevalere alla camera a livello nazionale dello 0,06%, meno di 25.000 voti validi. In particolare, è possibile evidenziare quali siano stati i segmenti socio-professionali che hanno determinato la vittoria del CS, specie confrontando i risultati con quanto avvenuto nel 2001. Per fare questo utilizzeremo dati tratti da indagini demoscopiche condotte nelle settimane precedenti il voto: la prima riguarda un sondaggio pre-elettorale effettuato a pochi giorni dal voto del 9 e 10 aprile su un ampio campione nazionale (oltre 18.000 interviste complessive). L’ampia numerosità campionaria ci permetterà inoltre di disaggregare i dati della posizione sociale per altre variabili, tra le quali le più interessanti sono quelle territoriali. Per il 2001 è stato invece utilizzato un sondaggio di circa 3.000 interviste, effettuate a ridosso del 13 maggio, data di svolgimento delle elezioni politiche 2001.7

 

Le elezioni politiche 2006: come hanno votato le categorie professionali?

Analizziamo ora il voto degli italiani del 9 e 10 aprile secondo la categoria socio-professionale. Prenderemo in considerazione il voto a livello coalizionale alla camera dei deputati, escludendo, per semplificare il quadro, il voto assegnato ai terzi poli, che a livello nazionale ha avuto un peso esiguo, pari allo 0,5% dei voti validi. La Tabella 1 mostra come hanno votato gli elettori italiani alle politiche 2006 secondo la posizione professionale. A livello nazionale appaiono orientati verso il CD gli imprenditori e i liberi professionisti (52,1% per il CD e 47,9% per il CS), anche se non in misura così elevata come era emerso per il 2001.8 Il realtà, il CD sfonda soprattutto tra i piccoli lavoratori autonomi (artigiani e commercianti), con un vantaggio sul CS di oltre 22 punti. Infine, tra le categorie non professionali le casalinghe hanno scelto in massa le liste collegate alla Casa delle Libertà (scarto a vantaggio del CD di 14 punti), mentre appare comunque superiore alla media il consenso dato dai pensionati sempre al CD. Il CS è invece molto forte tra gli insegnanti (circa 2/3), studenti (il 60% vota CS) e il ceto medio impiegatizio, con particolare rilevanza nel settore pubblico (il 56% ha scelto il CS). Anche gli operai in queste elezioni si sono orientati maggiormente verso una delle liste dell’Unione (il 53,1% ha scelto il CS, il 46,9% il CD). Molto equilibrato, infine, il voto dei disoccupati, suddivisi piuttosto equamente tra i due schieramenti.

Tabella 1

Il quadro che emerge sottolinea ancora una volta una certa difficoltà nell’inquadrare le categorie professionali all’interno di schemi di voto ben precisi: è evidente comunque che tra le categorie di lavoratori attivi il CD ottiene gran parte dei consensi dal lavoro indipendente, mentre il CS ha il suo bacino elettorale nel lavoro dipendente (soprattutto insegnanti, dirigenti funzionari e impiegati), specie quello inquadrato nel settore pubblico. Le fratture più evidenti si confermano quelle già emerse negli ultimi anni: la prima tra lavoratore autonomo e lavoratore dipendente, la seconda tra dipendente privato e dipendente pubblico.9

Il voto delle casalinghe è nettamente orientato a favore del CD: diverse sono le ipotesi in campo al riguardo.10 C’è chi sostiene che l’influenza dei mezzi di comunicazione, e in particolare della televisione, sia molto forte, specie su un segmento maggiormente sensibile e poco interessato alla politica, almeno per quello che concerne un effetto di formazione di atteggiamenti e una qualche influenza di tipo persuasivo. L’altra ipotesi vede invece il voto delle casalinghe a favore dello schieramento di Berlusconi come un fatto non certo straordinario, dato che in tutti i paesi la maggioranza delle casalinghe sceglie un partito (o la coalizione) moderato e conservatore. In realtà l’ipotesi più plausibile è che proprio il CD riesca a coprire quelle aree di consenso del voto moderato e tradizionale che per un quarantennio erano state il bacino dei consensi della DC, e di cui le casalinghe erano una componente massiccia.

 

Un approfondimento ulteriore: disaggregazione per macroaree e confronto con il 2001

Ma i dati più interessanti si ottengono disaggregando ulteriormente il dato per area geografica. Abbiamo suddiviso il territorio in cinque grandi aree territoriali, e nella Tabella 2 per ciascuna area e per ciascuna categoria vengono presentati gli scarti tra il voto al CS e al CD. Gli scarti positivi segnalano un vantaggio del CS, quelli negativi un vantaggio del CD. Quest’ulteriore disaggregazione è possibile data l’alta numerosità campionaria della matrice a nostra disposizione.11 Il profilo che tende a delinearsi è quello di una crescente radicalizzazione di alcune posizioni socio-professionali se consideriamo le singole aree e alcune spaccature evidenti tra Nord e Sud del paese. In quest’analisi non prenderemo solamente in considerazione gli scarti tra CS e CD, ma li confronteremo anche con la media complessiva territoriale dello scarto, in modo da poter offrire un confronto più ragionevole per individuare le diversità emergenti dall’analisi delle singole aree geografiche.

Tabella 2

Partiamo dai lavoratori autonomi. Gli imprenditori e i liberi professionisti sono orientati nettamente verso il CD nel Nord-Est (-51,9%), ma anche nella zona rossa (-12,3%, dato significativo considerando lo scarto complessivo di 19,7 punti a favore del CS). Anche nel Nord-Ovest c’è uno sbilanciamento a destra (-11,0), in un’area che però è già nettamente orientata verso il CD nel complesso (-7,0). Nel Centro e nel Sud Italia, invece, gli imprenditori si sono orientati verso il CS, ed è questa una differenza molto significativa. Anche per gli altri lavoratori autonomi la disaggregazione territoriale mostra una certa eterogeneità: netta scelta a favore del CD nelle regioni del Nord (e in parte al Sud), più incerta nelle altre regioni.

Passando al lavoro dipendente, è da sottolineare una certa radicalizzazione del voto degli insegnanti nelle regioni del Nord (il dato va confrontato anche in questo caso con la media territoriale complessiva) e del Centro, mentre nella zona rossa lo scarto è solo di poco superiore al dato medio totale dell’area. Interessante è poi il voto degli impiegati pubblici: hanno scelto in prevalenza il CS in tutte le aree, ad eccezione delle regioni del Centro (significativo, tra l’altro, il dato del Nord-Est, +13,3% a fronte di un -14,2% complessivo). Sono piuttosto in linea con i dati medi di area gli scarti per i dipendenti privati, con preferenza per il CD al Nord e per il CS nelle altre regioni. Passando agli operai, emerge con chiarezza come nel Nord-Est questi ultimi si orientino massicciamente verso il CD (-20,8%), a differenza di tutte le altre aree, dove il consenso appare omogeneamente distribuito tra i due poli (Nord-Ovest e Sud) o si registra una netta prevalenza del CS (zona rossa e Centro). Questo dato non ci stupisce, dato che già nel passato si è osservato come gli operai del Nord-Est, area in cui prevale la piccola impresa, abbiano sempre votato per le formazioni di CD, Lega Nord in particolare.

Tra le categorie dei non attivi nel mercato del lavoro, gli studenti si dirigono prevalentemente in direzione del CS in tutte le aree, mentre le casalinghe scelgono il CD ovunque, ma soprattutto nelle regioni di Centro (-18,6% a fronte di un +3,2 di area). La distribuzione del voto dei disoccupati è piuttosto in linea con il dato medio di area, mentre tra i pensionati gli scarti sono in linea con quelli medi territoriali, ad eccezione delle regioni meridionali, dove il segmento appare maggiormente propenso al voto verso il CD (-11,3% a fronte di un -1,6% di area).

Un ultimo punto di analisi riguarda il voto per categoria professionale 2006 a livello nazionale confrontato con quello emerso alle elezioni politiche 2001. Nella Tabella 3 sono indicati gli scarti tra CS e CD nel 200112 e quelli del 2006. L’ultima colonna presenta infine lo scarto finale, dove i valori positivi indicano le categorie in cui il CS ha recuperato sul CD rispetto al 2001, mentre quelli negativi, al contrario, rispecchiano i recuperi del CD. Sembrano emergere alcuni risultati significativi: il CS ha recuperato 17,5 punti percentuali tra i disoccupati (la cui categoria è per forza di cose maggiormente insoddisfatta nei confronti dei governi uscenti), 10,3 punti tra gli impiegati pubblici, 8,9 tra gli imprenditori e i liberi professionisti. Anche in questo caso sarebbe interessante operare un confronto più completo a livello territoriale, ma la numerosità campionaria della base dati 2001 non permette quest’operazione. Infine, è interessante notare che la campagna elettorale del CD sembra aver prodotto effetti tra quelle categorie maggiormente sensibili al messaggio berlusconiano, i non attivi. Infatti tra casalinghe e pensionati il CD recupera circa 3 punti percentuali sul CS rispetto alla tornata elettorale 2001. In definitiva, la spinta alla vittoria del CS sembra sia venuta comunque dai lavoratori attivi (sia autonomi che dipendenti, dato che gli incrementi per tutte le categorie sono superiori al dato medio), mentre la tenuta del CD si deve soprattutto alle casalinghe e ai pensionati.

Tabella 3

 

Conclusioni

Se la posizione sociale non spiegava molto dei comportamenti di voto nella prima Repubblica, oggi la situazione sembra in parte evolversi, con la presenza di una spaccatura forte tra lavoratori autonomi, saldamente orientati verso il CD, e i lavoratori dipendenti, che prediligono il CS. All’interno del lavoro dipendente, poi, si radicalizza la divisione tra i dipendenti pubblici e quelli privati, i primi maggiormente orientati al consenso verso il CS. Questo sembra essere l’effetto dell’immagine polarizzante che negli ultimi anni le due coalizioni hanno voluto dare all’elettorato: il CS è stato identificato come estremo difensore delle garanzie dello Stato sociale, come una coalizione disposta anche ad aumentare il livello di tassazione per garantirsi nuove risorse da investire in questo campo; il CD, dall’altra parte, è stato percepito come schieramento più aperto sul versante della flessibilità del mercato del lavoro, che dà priorità assoluta alla riduzione della pressione fiscale anche a costo di una riduzione della spesa sociale. Forse le azioni di governo di entrambi gli schieramenti non sono state così coerenti, ma l’immagine che è filtrata, specialmente nell’ultima campagna elettorale, è quella delineata. Di qui, il riposizionamento degli elettori e delle categorie socio-professionali verso il CS e il CD, come abbiamo evidenziato in dettaglio nell’analisi. Mentre il riemergere di un conflitto a base religiosa (sui temi della bioetica, dei PACS, delle droghe ecc.) sembra aver interessato una frazione limitata di elettorato – con la crescita di un partito come l’UDC – più rilevante appare l’approfondimento della spaccatura territoriale, che, specie nelle regioni settentrionali, tende a radicalizzare ancor di più le tendenze di voto per categoria professionale registrate a livello nazionale.

 

 

Bibliografia

1 S. Rokkan, State formation, Nation Building and Mass Politics in Europe. The Theory of Stein Rokkan, Oxford University Press, Oxford 1999.

2 R. Mannheimer e G. Sani, Il mercato elettorale. Identikit dell’elettore italiano, Il Mulino, Bologna 1987, p. 68.

3 Cfr. Sani, Le determinanti delle preferenze politiche in Italia, in «Rivista Italiana di Scienza Politica», 1/1973, pp. 129-143; P. Corbetta, A. Parisi e H. Schadee, Elezioni in Italia. Struttura e tipologia delle consultazioni politiche, Il Mulino, Bologna 1988; G. Sani e P. Segatti, Fratture sociali, orientamenti politici e voto: ieri e oggi, in R. D’Alimonte e S. Bartolini (a cura di), Maggioritario finalmente? La transizione elettorale 1994-2001, Il Mulino, Bologna 2002, pp. 249-281.

4 Itanes, Perché ha vinto il centro-destra, Il Mulino, Bologna 2001, p. 60.

5 P. Corbetta e P. Segatti, Un bipolarismo senza radici?, in S. Ceccanti e S. Vassallo (a cura di), Come chiudere la transizione. Cambiamento, apprendimento e adattamento nel sistema politico italiano, Il Mulino, Bologna 2004, pp. 125-148.

6 I. Diamanti e R. Mannheimer, Le basi sociali del voto: la frattura che attraversa i ceti medi, in M. Caciagli e P. Corbetta (a cura di), Le ragioni dell’elettore. Perché ha vinto il centro-destra nelle elezioni italiane del 2001, Il Mulino, Bologna 2002, pp. 143-144.

7 Entrambe le matrici-dati provengono dall’archivio Tolomeo studi e ricerche e sono state ponderate sulla base dei risultati reali delle elezioni politiche 2001 e 2006.

8 Diamanti e Mannheimer, op. cit., p. 146-147.

9 Itanes, op. cit., pp. 62-63.

10 M. Caciagli, Come votano le donne, in Caciagli e Corbetta (a cura di), Le ragioni dell’elettore cit., pp. 126-130.

11 A parte la categoria «Altro», che non commentiamo in questo articolo, tutte le celle presentano almeno 60 casi. Circa il 90% delle celle, infine, presenta numerosità superiori alle 100 unità.

12 Per il 2001 lo scarto tra CS e CD è stato calcolato sulla base del voto maggioritario, escludendo comunque i terzi poli