Il justicialismo di Kirchner e le alleanze di governo e di opposizione

Di Alberto Filippi Mercoledì 01 Settembre 2004 02:00 Stampa

Il tema dell’attuale situazione politica argentina è vastissimo. Per iniziare ad affrontarlo, si è scelto di chiedere ad alcuni protagonisti del rinnovamento in corso, in modo particolare a coloro che lo seguono con pensiero critico, di introdurci all’analisi di questo primo anno della presidenza Kirchner, che si presenta come una «mutazione genetica» di notevole dimensione della cinquantenaria tradizione peronista. Infatti, sono lontanissimi i tempi nei quali Gino Germani parlava del peronismo come del fascismo de la clase obrera e del fascismo de izquierda. Ma anche del pur recente justicialismo neo-liberal menemista, che dominò negli anni Novanta compiendo – con catastrofici risultati – un vero e proprio rovesciamento pratico del populismo democratico post-guevarista dei montoneros, peraltro eliminati persino fisicamente dalla repressione criminale dei militari golpistas.

 

Il tema dell’attuale situazione politica argentina è vastissimo. Per iniziare ad affrontarlo, si è scelto di chiedere ad alcuni protagonisti del rinnovamento in corso, in modo particolare a coloro che lo seguono con pensiero critico, di introdurci all’analisi di questo primo anno della presidenza Kirchner, che si presenta come una «mutazione genetica» di notevole dimensione della cinquantenaria tradizione peronista. Infatti, sono lontanissimi i tempi nei quali Gino Germani parlava del peronismo come del fascismo de la clase obrera e del fascismo de izquierda. Ma anche del pur recente justicialismo neo-liberal menemista, che dominò negli anni Novanta compiendo – con catastrofici risultati – un vero e proprio rovesciamento pratico del populismo democratico post-guevarista dei montoneros, peraltro eliminati persino fisicamente dalla repressione criminale dei militari golpistas.

Va ricordato che proprio tra i montoneros, nella città di La Plata, Kirchner (ma anche sua moglie, l’attuale senatrice Cristina Fernández) iniziò la sua militanza negli anni in cui studiava nella Facoltà di Giurisprudenza dell’Università del capoluogo della provincia di Buenos Aires. In quell’ateneo la gioventù peronista della Federación Universitaria para la Revolución Nacional era molto estesa e radicata. Quel periodo coincise, in parte, con la brevissima stagione che alimentò grandi illusioni politiche democratiche, nei giorni in cui giunse alla presidenza Héctor Cámpora (e al cui insediamento, non va dimenticato, assistettero con grandi aspettative tutte le forze della sinistra latinoamericana capeggiata dal presidente Salvador Allende). In modo particolare, va richiamata l’attenzione su due aggregazioni del «kirchnerismo» che sono in corso di definizione concettuale e organizzativa, all’interno (e all’esterno) del peronismo, le quali, in un contesto più ampio, vanno a collocarsi in quel movimento ancora difficile da valutare nella sua portata, che oggi viene denominato della transversalidad e delle alianzas progresistas.

In realtà bisogna riconoscere che il peronismo possiede una sua lunga tradizione «movimentista» e frentista. L’interclassismo e la concezione del frente pluripartidista fu uno degli elementi della politica iniziale del generale Perón («si tengo dos manos, derecha e izquierda, no veo porque no pueda usarlas al mismo tempo», amava ripetere il Conductor). Successivamente, negli anni del peronismo montonero, la trasversalità si estese ai católicos, marxistas, nacionalistas, comunistas, humanistas, trostkistas: un vasto arco extra-partito che mirava a costituire, a sinistra, un altro peronismo. Dopo gli anni della dittatura militare si è assistito a un’altra metamorfosi del peronismo post-peronista, cioè al «menemismo» neo-liberale, imperniato sulla de-industrializzazione del paese e l’internazionalizzazione finanziaria, dando vita a una trasversalità verso la destra interna e internazionale, nell’ambito del mercato in via di globalizzazione. L’interclassismo dell’attuale fase della trasversalità, o comunque per qualsiasi tipo di alleanza che voglia fare perno sui ceti medi, deve fare i conti con il loro progressivo decadimento. La mobilità sociale è attualmente (e ancora per molto tempo) scandalosamente spinta verso il basso: impoverimento della media borghesia e passaggio dalla povertà alla miseria dei settori più esclusi.

Vanno ricordati alcuni dati, spesso rimossi ed esorcizzati. Su una popolazione di trentacinque milioni di abitanti, il 65% dei giovani minori di quindici anni vivono in situazioni di miseria. Inoltre, ci sono un milione e quattrocentomila giovani, tra i 15 e 29 anni, che non studiano né lavorano. Un milione e duecentomila persone sopra i 65 anni non hanno alcuna forma di pensione. Insomma, l’Argentina nel suo insieme è povera come all’inizio degli anni Ottanta, ma con una distribuzione della ricchezza assai peggiorata: il 10% più ricco della popolazione guadagna trentuno volte più del 10% dei più poveri. Di recente il presidente del Banco Interamericano de Desarrollo, l’uruguaiano Enrique Iglesias, ha dichiarato allarmato che «la pobreza amenaza la democrazia» e che «la inequidad social podría llevar a muchos a pensar en que tal vez haya que sacrificar la libertad para poder comer».1

Tornando alla transversalidad, va detto che tra i gruppi più vicini al presidente Kirchner si collocano il Michelangelo (dal luogo, la peña tanghera, dove si riuniscono a Buenos Aires) e il Confluencia. Il Michelangelo è capeggiato da Carlos Kunkel, attuale sottosegretario generale della presidenza della Repubblica, e uno dei principali leader è Jorge Taiana, vecchio militante del gruppo dei descamisados (che poi confluirono nei montoneros) e attuale vice-ministro degli esteri. Assieme a Ernesto Villanueva, Rodolfo Ojea Quintana e Hugo Perié si propongono il rinnovamento rispetto al tradizionale settarismo organico del perdonismo. Ma – così dichiarano – non vogliono né pretendono di essere una corriente peronista, né vogliono sostituirsi al Partido Justicialista: «Nosotros tenemos memoria, pero miramos al futuro. No hacemos catársis del pasado». L’altro raggruppamento, Confluencia, si autodefinisce come «Nacional popular, progresista y de centroizquierda». È capeggiato dal ministro degli esteri Rafael Bielsa e uno dei maggiori dirigenti è Eduardo Sigal (sottosegretario al ministero degli esteri per l’integrazione economica americana e il Mercosur). Il movimento raccoglie oltre ai kirchneristas transversales, alcuni ex-aristas (dell’Ari) e gli ex-frepasistas (del Frepaso) di Carlos Chacho Álvarez (l’ex vice-presidente del governo De la Rúa). Sigal insiste sulla necessità di «dejar otras identidades previas», e poter entrare «en el proceso abierto por Kirchner». Per questo è indispensabile «romper con nuestras procedencias históricas, no vale condicionar nuestro apoyo a este proceso basándonos en si somos peronistas o no, o de cualquier otro partido».

Di recentissima formazione è il nuovo spazio del centrosinistra, composto dagli intendentes – cioè i sindaci – di Buenos Aires (Aníbal Fernández), di Córdoba (Luis Juez) e dall’ex e dall’attuale intendente di Rosario (Hermes Binner e Miguel Lifschitz), che il 6 marzo scorso hanno sottoscritto la «Carta liminar de Córdoba», nella quale si enunciano i punti basilari di un acompañamiento crítico al governo Kirchner, portato avanti dai leader di queste tre grandi città governate da non peronisti. In sintesi, la Carta afferma l’appoggio alle azioni di governo vincolate alla difesa dei diritti umani, al rinnovamento istituzionale (come nel caso della Corte Suprema de la Nación), alla politica economica nei confronti del FMI e a quella di integrazione regionale del Mercosur. Questa importante alleanza costituita dall’espacio progresista, nella visione del socialista Binner, non deve limitarsi a essere (essere stata o divenire) una semplice alleanza elettorale, ma deve essere concepita, invece, con volontà e prospettive di proporsi come forza di governo. Inoltre, l’alleanza deve raggiungere una efficace «democracia interna que garantice la opinión de todos los sectores, más allá de su representatividad numérica». Si dovrebbe poter riuscire ad alleare le tante, piccole e talvolta non riconciliabili forze della sinistra neo-marxista, neo-trotskista e socialista. Questo alto grado di divisione e «de no organización es la expresión – sostiene il socialista Binner – de la intolerancia. Si, en cambio, pusieramos el eje sobre las transformaciones y las reformas necesarias para la nación argentina, las cosas comenzarían a cambiar».

È pur vero che la transversalidad non costituisce un partito e nemmeno una coalizione con una linea politica comune e ben definita, soprattutto nei confronti del peronismo nel suo insieme (cioè non solo di fronte al governo Kirchner, ma anche al movimento justicialista). Il quale attualmente attraversa una profonda crisi, che, peraltro, non ha ancora affrontato una rigorosa (auto) critica e una riforma politica che alla fine (e per la prima volta) introduca nel partito una democrazia interna che garantisca la partecipazione attiva ed effettiva della militanza. In breve: il verticismo degli anni del menemato non è stato ancora istituzionalmente risolto e ciò rende, molto spesso, l’azione del presidente Kirchner quanto meno solitaria, e comunque senza l’appoggio sicuro dei gruppi parlamentari delle diverse correnti peroniste nel parlamento.

La trasversalità senza riforme istituzionali e partitocratica sarebbe un fallimento ulteriore nell’esaudire quelle richieste di democrazia che vengono dalla società civile, ancora impegnata nell’esigere il compimento delle «promesas incumplidas de la democrazia», per dirla con Bobbio, non a caso così tanto citato e invocato in questi mesi in Argentina. La bandiera del rinnovamento socialista si è concentrata, in buona misura, nella città di Rosario, il cui intendente Lifschitz raccomanda di distinguere sempre, per capire cosa stia accadendo e come orientarsi nella situazione politica (non solo delle Provincias), nel difficile e talvolta contraddittorio rapporto di opposizione o collaborazione con il peronismo, tra «el gobierno de Kirchner, los gobiernos provinciales y el Partido Justicialista». 

Questo breve dossier sull’Argentina contiene l’intervento di Juan Carlos Portantiero (ex-preside della Facoltà di Ciencias Sociales dell’Università di Buenos Aires e fondatore, assieme a José Aricó, della rivista «La Ciudad Futura», che raccoglie il pensiero critico della sinistra socialista), nel quale si esprime una valutazione che supera sia i pregiudizi dell’anti-peronismo dei comunistas fundamentalistas, sia l’eurocentrismo di coloro che ritengono che tutto ciò che accade in Sud America non è mai (abbastanza) di sinistra. Al contrario, il dibattito in corso sulle prospettive di una trasformazione riformista della situazione sudamericana dimostra il tenace ritorno della centralità della politica e il nuovo protagonismo di diversi settori della società civile di questi paesi. Il Brasile del PT e di Lula, l’Argentina di Kirchner e delle alianzas progresistas e l’Uruguay del Frente Amplio ce lo indicano, e impongono una evidente sfida all’internazionalizzazione della nostra azione di riformisti europei.

In Argentina già incombe la prospettiva delle elezione politiche di metà termine del 2005, nelle quali si voterà nelle 23 Provincias e nella Ciudad di Buenos Aires. È iniziata dunque la ricollocazione e la formulazione delle alleanze sia a destra che a sinistra, dentro e fuori il justicialismo. Nell’ambito delle forze kirchneristas hanno cominciato a muoversi tre raggruppamenti che si presenteranno uniti nel Frente para la victoria (la stessa sigla del movimento con cui Kirchner giunse alla Casa Rosada). Sono: Memoria y Movilización, guidato dal Secretario de Derechos Humanos de la Nación, Eduardo Luis Duhalde (da non confondere con l’ex-presidente della Repubblica); il Polo Social del deputato Miguel Bonasso; e il Partido de la Revolución Democrática di Francisco Gutierrez. Le scelte di questo «Fronte» sono aperte a diversi altri movimenti transversales esterni al Partido Justicialista, come è il caso della Corriente Populas 25 de Mayo di Ricardo Velasco (presente in quindici province) o dei piqueteros vicini al kircherismo: Luis D’Elia (dirigente della Federación de Tierra y Vivienda), Jorge Ceballos, Edgardo De Petris, Emilio Pérsico.

La destra, fortemente confusa e divisa dopo la caduta di De la Rúa e con la presidenza Kirchner, cerca ora con ostinazione di ritornare sulla scena. Ricardo López Murphy (leader di Recrear) e Mauricio Macri (fondatore di Compromiso para el cambio) si propongono di dar vita ad alleanze in grado di riaprire lo spazio politico (rimasto in gran misura vuoto) che fu proprio della destra neo-liberale e il populismo post-peronista che nel passato fu la base elettorale di Menem e dell’ex-presidente Duhalde, in modo particolare nell’enorme provincia di Buenos Aires. Per concludere, e facendo riferimento alla prospettiva elettorale, anche delle elezioni presidenziali del 2007, sarà dunque decisiva l’evoluzione politica dell’elettorato della Ciudad di Buenos Aires, gestita da un governo di centrosinistra presieduto da Anibal Ibarra, e quello della enorme Provincia di Buenos Aires (grande come l’Italia) governata da Felipe Solá, dove si sta lavorando per fare emergere una forza propria che vada al di là del duahaldismo tradizionale e che, nelle grandi linee della politica interna e internazionale, si propone di continuare ad appoggiare il governo Kirchner. Nella Provincia sarà determinante il ruolo degli intendentes vicini a Solá, che evitano di dividersi o dilaniarsi, disperdendo le loro forze nel confronto elettorale tra Duhalde e Kirchner.

Una posizione diversa, originale e coraggiosa – perché fortemente innovativa dal punto di vista istituzionale – è quella assunta dal trentaquattrenne Martin Sabbatella, l’intendente di Moròn, una delle maggiori città della Provincia di Buenos Aires (di oltre 360 mila abitanti) che lui governa con grandi consensi dal 1999. Martin Sabbatella, pur avendo evitato deliberatamente di entrare nel raggruppamento della transversalidad, ha mantenuto una posizione di appoggio critico alla politica del presidente Kirchner, radicalmente distinta e distante da quella delle destre e della sinistra neotrozkista; attualmente opera per costituire un partito politico di centrosinistra. Il 14 settembre, con una grande assemblea assemblea pubblica «Encuentro por la Democracia y la Equidad», si è aperto il processo costituente del nuovo partito, che dovrà definire la propria linea e le forme di organizzazione di democrazia interna, non disgiunta dalla massima trasparenza nei confronti della società civile (attualmente uno dei punti di forza del suo governo nella città), e che si concluderà nei prossimi mesi. I referenti politici internazionali di Sabbattela sono, per ora, il Partido Socialista Chileno, il Frente Amplio di Mariano Arana, il Partido dos Trabalhadores brasiliano, Pascual Margall del Partido Socialista Catalán e i Democratici di Sinistra in Italia.

 

 

 

Bibliografia

1 E. Iglesias, in «La Nación», 7 settembre 2004.