Country strategy e governo: quattro mosse per il turismo

Di Massimo Bergami Lunedì 14 Luglio 2014 15:26 Stampa

L’attuale ripartizione di poteri tra Stato e Regioni relega le politiche per il settore turistico tra le materie di competenza regionale, accentuandone così il carattere frammentario e la scarsa incisività sul mercato globale. L’Italia avrebbe invece bisogno di una strategia nazionale per competere a livello internazionale, che da un lato tenga conto delle differenze fra i territori, offrendo una cornice per i progetti delle Regioni, e dall’altro riesca a posizionare adeguatamente il brand Italia e a migliorare le caratteristiche dell’offerta.

Difficile dire qualcosa di nuovo sul turismo, anche se sembra ancor più difficile fare qualcosa di efficace per cogliere le opportunità di questo settore. Volendo semplificare, il tema turismo è riconducibile a quattro punti: a) il settore turistico è strategico per l’Italia; b) per liberare la crescita derivante dal turismo è necessaria una country strategy, un presidio politico e uno strumento organizzativo realizzabili solo mediante una modifica del Titolo V della Costituzione; c) esistono alcune opportunità a basso costo ed elevato impatto che possono avere effetto già nel breve periodo; d) per riportare il turismo al centro dell’agenda di crescita del paese serve un impegno di tutto il governo.

 

Un settore strategico

Le fonti sono concordi nell’attribuire al turismo un ruolo sempre più rilevante, non solo per l’immagine di un paese, ma anche e soprattutto per l’economia e l’occupazione. Secondo il “World Tourism Barometer”,1 il turismo internazionale vale circa il 29% delle esportazioni di servizi a livello mondiale e rappresenta il quinto settore (dopo quello dei carburanti, della chimica, dell’industria alimentare e di quella automobilistica) per dimensioni. Inoltre, da un punto di vista geografico, l’Europa è il continente con la crescita maggiore, con un incremento annuo di oltre 30 miliardi di dollari.2 Per quanto riguarda l’Italia, il turismo (diretto, indiretto e indotto) nel 2013 è cresciuto rispetto al 2012, contribuendo al PIL per oltre 200 miliardi di dollari (10,2%) e generando occupazione per oltre 2,6 milioni di lavoratori (11,3%). Nel prossimo decennio, si prevede che il settore turistico italiano cresca ulteriormente, con un tasso medio annuo pari al 2,2%, rappresentando così il settore a più elevata crescita a livello nazionale.3 Questi dati richiedono di riflettere sulle potenzialità del turismo per la crescita economica del paese, soprattutto tenendo presente che si tratta di un settore labour intensive e in grado di offrire occupazione ai giovani, anche e soprattutto al Sud. Secondo alcune stime, il turismo potrebbe aggiungere circa 30 miliardi di PIL all’anno e 500.000 nuovi posti di lavoro entro il 2020.4

Sull’importanza e sul potenziale del settore esiste ampio accordo, ma il turismo non riesce a entrare effettivamente tra le priorità dell’agenda di governo, al di là delle dichiarazioni di intenti. Questa situazione dipende anzitutto dall’ordinamento vigente che relega il turismo tra le materie regionali, ma anche dalla difficoltà di governare con efficacia un settore complesso e interdisciplinare che attraversa politiche economiche e fiscali, infrastrutture, patrimonio culturale, lavoro, formazione, affari esteri, ambiente, agricoltura, coesione territoriale e, evidentemente, affari regionali.

Attualmente il settore non è governato in maniera efficace, soprattutto a causa della frammentazione delle politiche regionali e locali, ma anche per l’inadeguatezza delle strutture centrali. Il Dipartimento del turismo è stato trasformato in Direzione generale, successivamente spostata dalla presidenza del Consiglio al ministero per i Beni e le attività culturali, con un fisiologico rallentamento delle attività. Allo stesso tempo, l’ENIT non riesce a svolgere il ruolo che istituzionalmente le sarebbe affidato, sia per le rigidità normative che condizionano l’organizzazione, sia per l’inerzia derivante da scelte passate, sia per l’insufficienza di risorse a essa assegnate.

A fronte di questa debolezza, i progetti delle Regioni, per quanto siano di buona qualità, risultano forse adeguati per promuovere i diversi territori sui mercati domestici e in alcune regioni europee, ma certamente non bastano a sostenere l’industria turistica italiana nella competizione globale. Infatti, la crescita della domanda internazionale si accompagna a un’evoluzione dell’offerta, dovuta a nuovi ingressi sul mercato, ma soprattutto a una maggiore competitività. Di fronte alla sfida di un settore globalizzato, è necessario che l’industria nazionale riesca a muoversi anzitutto vendendo un’Italia che non ha bisogno di maggiore notorietà, ma che deve essere percepita come più comprensibile, accessibile e facile da visitare. Il nostro paese è in cima ai desideri dei turisti internazionali, ma non sempre viene preferito rispetto ad altre destinazioni perché percepito come difficile e faticoso.5 Tenuto conto che la domanda internazionale nel bacino competitivo dell’Italia (Europa occidentale e Mediterraneo) è prevista in crescita media del 4,8% nei prossimi dieci anni6 e che dunque il maggior contributo alla crescita del PIL sarà generato dai turisti internazionali, è necessario affrontare la competizione in maniera consapevole e deliberata. In altre parole, serve ad esempio chiarire quali siano i turisti target, individuando bene i segmenti rilevanti, definire prodotti, prezzi, modalità di distribuzione e progetti di comunicazione. In uno scenario ampio e in evoluzione, le possibilità di successo dell’Italia sono legate alla definizione di una strategia chiara e a una sua implementazione coordinata da parte dei soggetti coinvolti.

 

Una country strategy

Un passo importante in questa direzione è stato compiuto nel 2012, attraverso la preparazione del primo Piano strategico per lo sviluppo del turismo in Italia,7 che ha ricevuto l’apprezzamento della Conferenza Stato-Regioni e delle associazioni di categoria del settore. Sul fronte dei contenuti, il Piano ha realizzato un’analisi approfondita della domanda e dell’offerta, ha individuato i punti di forza e di debolezza del settore e ha definito sette linee guida e oltre sessanta azioni concrete, alcune delle quali potenzialmente immediate. Il testo è stato successivamente analizzato e aggiornato per opera del ministro Bray e del sottosegretario Giordani, che hanno anche proposto alcune integrazioni delle politiche del turismo con quelle per la tutela e valorizzazione dei beni culturali, senza però riuscire a realizzare provvedimenti efficaci nel tempo di vita del governo Letta. Nello scorso maggio, il governo Renzi, su iniziativa del ministro Franceschini, ha adottato alcune Disposizioni urgenti per la tutela del patrimonio culturale, lo sviluppo della cultura e il rilancio del turismo. Il testo corrisponde largamente al Piano strategico precedentemente elaborato e mai ufficialmente adottato, realizzando un nuovo passo avanti con il primo provvedimento in materia di turismo dopo molti anni.

L’attività degli ultimi tre governi e l’accresciuta consapevolezza, tra politici, operatori e opinion leader, della rilevanza di questo tema sono elementi positivi, ma non ancora sufficienti. Le disposizioni del governo vanno nella direzione giusta, ma non producono ancora una strategia chiara affinché il settore, migliorando la propria competitività, possa contribuire alla crescita e all’occupazione secondo le sue potenzialità. La situazione generale dell’economia italiana non consente indugi e tutte le opportunità vanno colte in maniera rapida e netta, soprattutto quando possono avere un impatto significativo, come nel caso del turismo. Si tratta di un imperativo categorico.

L’Italia ha bisogno di una country strategy per competere in questo settore, al fine di realizzare un “effetto scala” che consenta una maggior efficacia: una strategia che da un lato tenga conto delle differenze dei territori, offrendo una cornice per i progetti delle Regioni, ma dall’altro riesca a posizionare adeguatamente il brand Italia e a migliorare le caratteristiche dell’offerta. La sola definizione di una strategia, comunque, non sarebbe sufficiente a trasformare il Piano in azioni, in quanto il fabbisogno di coordinamento richiesto dall’attuale articolazione istituzionale e amministrativa è troppo elevato. È fondamentale dotare il paese di un presidio politico delle politiche del turismo e contemporaneamente di un’organizzazione flessibile ed efficace in grado di implementare i progetti più rilevanti e orchestrare quelli locali.

L’attuale ripartizione di poteri tra Stato e Regioni non consente questa regia indispensabile, come sostenuto da molti e condiviso dai più. È necessario mettere mano al Titolo V della Costituzione, attribuendo allo Stato nuove prerogative di indirizzo, coordinamento e controllo, riconoscendo contemporaneamente l’importanza del ruolo delle Regioni. Serve avviare un percorso di revisione con la finalità di: a) far rientrare il turismo tra le materie a legislazione concorrente tra Stato e Regioni/ Province autonome; b) rimettere il turismo al centro dell’agenda del governo (e degli italiani) in quanto è uno dei principali driver della crescita possibile per i prossimi anni; c) definire le materie per le quali la responsabilità debba essere del governo (strategia e grandi progetti) o delle Regioni (valorizzazione delle specificità locali); d) definire ruoli e responsabilità tra Stato, Regioni e rispettive articolazioni operative. Si tratta evidentemente di un processo complesso che richiede tempo e che difficilmente sarà avviato solo con riferimento alla materia del turismo. È indispensabile pertanto individuare da subito quali siano le azioni utili a dare inizio a un processo di cambiamento e a sostenere lo sviluppo del settore in tempi brevi.

 

Le opportunità immediate

Il Piano strategico per lo sviluppo del turismo in Italia contiene numerose azioni, alcune delle quali sono immediatamente attuabili, senza attendere che sia approvato il Piano, sia modificato il Titolo V o che si raggiunga l’accordo tra Stato e Regioni (per quanto si tratti di una condizione ampiamente desiderabile). Il decreto legge del mese di maggio sembra andare in questa direzione, soprattutto per quanto riguarda il tentativo di attribuire all’ENIT un diverso ruolo rispetto al passato. Se il progetto di cambiamento riuscirà a trasformare l’Agenzia per il turismo in una digital company in grado di cogliere le sfide della disintermediazione e della globalizzazione, sarà un grande risultato.

È possibile individuare altre azioni immediatamente eseguibili, nell’ambito delle linee guida indicate dal Piano; tra queste, le più semplici sarebbero, ad esempio: facilitare il cambio di destinazione d’uso degli immobili adibiti a strutture ricettive, al fine di favorire l’uscita dal mercato delle imprese marginali; armonizzare la tassa di soggiorno, destinando gli introiti a progetti di interesse turistico; realizzare un cartellone nazionale (digitale) sugli eventi culturali; favorire l’aggregazione tra imprese mediante la condivisione di segmenti della catena del valore; predisporre un piano di cofinanziamento nazionale dei progetti turistici delle Regioni, al fine di coordinare gli interventi; creare una task force con l’obiettivo di massimizzare il coordinamento tra Regioni e tra ministeri su materie e progetti di rilevanza turistica. Un progetto meno semplice, ma potenzialmente molto efficace, sarebbe l’integrazione delle sedi di enti, ICE e istituti di cultura con ambasciate e consolati; un tale progetto corrisponderebbe alla visione di un marketing del nostro paese che non distingua tra turismo, made in Italy e cultura, ma sappia valorizzare le interdipendenze tra questi diversi aspetti che possono ugualmente beneficiare di quello che in letteratura manageriale viene definito country of origin effect, ossia l’effetto associativo che influenza le percezioni e le decisioni dei consumatori verso i prodotti di un paese.

Un capitolo a parte merita il tema della formazione: il nostro paese evidenzia un serio problema di capitale umano nel settore turistico, in termini sia di scolarità media, sia di competenze di ospitalità, sia di skills digitali, sia, purtroppo, di competenze linguistiche e orientamento internazionale. A questo proposito, non serve un’altra scuola o un altro istituto, ma semplicemente un’unità in grado di favorire il coordinamento delle attività e dei programmi delle strutture esistenti nei vari ordini e gradi. A questo proposito, la legge 134/2012 aveva istituito una Fondazione di studi universitari e di perfezionamento sul turismo, incagliata nella corrispondenza tra uffici e non ancora partita. Indipendentemente dalle valutazioni sulla validità dello strumento, non è in dubbio la necessità di investire in modo rapido e massiccio nello sviluppo del capitale umano del settore, al fine di renderlo competitivo con quello di cui si possono avvalere i principali competitor internazionali, senza dover attendere la riforma del Titolo V o altre auspicabili riforme.

Turismo al centro dell’agenda di governo

I benefici che il turismo può offrire al paese sono noti, così come sono chiare diagnosi e ricette per ottenerli. Il problema principale resta la necessità di far salire questo tema nelle priorità dell’agenda di governo e dotare il settore di una governance efficace.

Il passaggio delle competenze del turismo dalla presidenza del Consiglio al ministero per i Beni e le attività culturali corrisponde a un disegno chiaro, che presenta molte opportunità e altrettanti rischi. Le opportunità sono evidenti: l’identità del paese poggia sulla cultura, la storia e l’arte, per cui l’associazione tra turismo e cultura corrisponde a una scelta logica anche dal punto di vista del marketing del paese, al fine di differenziare la propria offerta turistica in maniera netta. I rischi sono altrettanto evidenti: il mondo della cultura non interpreta in maniera omogenea il tema della valorizzazione, oltre al fatto che il potenziale di sviluppo del settore dipende anche da altri fattori come l’ambiente, l’offerta di servizi turistici balneari, sportivi, religiosi ed enogastronomici, fino a coinvolgere il made in Italy.

Inoltre, come è stato precedentemente accennato, la materia turistica è fortemente trasversale e coinvolge le attività di molti ministeri, oltre che delle Regioni e di altre istituzioni. A questo proposito, se effettivamente il governo intende avviare una politica di valorizzazione del turismo, al fine di favorire la crescita e l’occupazione, sono irrinunciabili un’azione di coordinamento forte e un ruolo attivo da parte del presidente del Consiglio dei ministri che nessun ministro del Turismo da solo riuscirebbe a svolgere, indipendentemente dalle capacità personali e dall’attribuzione di questa competenza a un dicastero piuttosto che a un altro. Ben venga l’integrazione tra turismo e cultura, ma le possibilità di successo dipendono dall’effettiva condivisione e presa in carico di questo tema da parte di tutto il governo, in stretta collaborazione con la Conferenza Stato-Regioni, soprattutto in attesa della possibile revisione del Titolo V. «Sentire dire che l’Italia è il terzo paese europeo, dopo Francia e Spagna, per numero di arrivi (…) non mi riempie di entusiasmo. Non vedo perché in Europa non si debba essere in testa (…). Il sistema italiano è in un periodo, purtroppo, di stagnazione e bisogna scuoterlo. E non c’è nessun motivo perché non si scuota, perché riprenda quella strada di crescita che possiamo ancora avere, quanto e più degli altri paesi europei. Dobbiamo sapere rinnovare il nostro modello di sviluppo, non accontentarci di tutto quello che finora abbiamo realizzato, ma guardare in avanti con fiducia per dare fiducia anche ai nostri figli per far sì che l’Italia abbia di fronte a sé un futuro quale le compete, del quale essa è degna».8 Sono parole pronunciate dal presidente della Repubblica Ciampi nel 2004, sarebbe ora di muoversi.


[1] UNWTO, World Tourism Barometer, vol. 12, aprile 2014.

[2] UNWTO, Tourism Highlights, 2014, disponibile su dtxtq4w60xqpw.cloudfront.net/sites/all/files/pdf/unwto_highlights14_en.pdf

[3] World Travel & Tourism Council, Benchmarking Travel and Tourism in Italy, novembre 2013, disponibile su www.wttc.org/site_media/uploads/downloads/Italy_benchmarking_2013.pdf

[4] Presidenza del Consiglio dei ministri, Turismo Italia 2020. Leadership, Lavoro, Sud.Piano Strategico per lo Sviluppo del Turismo in Italia, gennaio 2013, disponibile su www.governo.it/backoffice/allegati/70278-8390.pdf

[5] Università di Bologna-Dipartimento di Scienze aziendali in collaborazione con il Dipartimento per gli Affari regionali, il turismo e lo sport, Acquistare Italia. La competitività dell’Italia come destinazione turistica secondo i buyer internazionali, Bologna 2012.

[6] Analisi a cura del Boston Consulting Group per la predisposizione del Piano Strategico per lo Sviluppo del Turismo in Italia, 2013.

[7] Presidenza del Consiglio dei ministri, op. cit.

[8] Incontro del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi con una rappresentanza dei vertici della Federazione nazionale dell’industria dei viaggi e del turismo, 17 marzo 2004, disponibile su www.quirinale.it/qrnw/statico/ex-presidenti/ciampi/dinamico/discorso.asp?id=24428