Famiglia

Di Francesco Benigno Martedì 26 Aprile 2011 16:33 Stampa
Famiglia Illustrazione: Lorenzo Petrantoni

Con la parola famiglia si intendono cose diverse e solo in parte coincidenti: da un lato chiamiamo famiglia un gruppo di persone coresidenti, mentre dall’altro usiamo lo stesso termine per indicare un gruppo di parenti. Inoltre con famiglia si indica un’unità di lavoro e/o di consumo (talvolta formata anche da non parenti e/o non coresidenti).

 

Con la parola famiglia si intendono cose diverse e solo in parte coincidenti: da un lato chiamiamo famiglia un gruppo di persone coresidenti, mentre dall’altro usiamo lo stesso termine per indicare un gruppo di parenti. Inoltre con famiglia si indica un’unità di lavoro e/o di consumo (talvolta formata anche da non parenti e/o non coresidenti). Per molto tempo si è pensato che questi diversi modi di intendere la famiglia si inscrivessero in un’evoluzione comune e che quindi il senso della storia della famiglia fosse quello di un passaggio progressivo, attraverso tappe o stadi, da una famiglia larga, di stampo patriarcale, insieme unità affettiva e struttura economica, a una famiglia nucleare, composta da una coppia con figli, relativamente sganciata dalle reti parentali e dai loro condizionamenti. Questo modello di sviluppo era ritenuto più o meno universale e la molteplicità e varietà delle forme di famiglia venivano in esso collocate, opportunamente distribuite lungo una scala orientata da polarità molto semplici: dall’antico al moderno, dal meno civilizzato al più progredito, dalla solidarietà parentale all’individualismo affettivo, dall’economia familiare al mercato.

Oggi non è più così. Da una parte risulta impossibile ricondurre la complessità e la molteplicità delle esperienze di vita familiare su scala globale a uno schema tanto semplice, mentre dall’altra è stato dimostrato che la stessa storia della famiglia occidentale europea non si fa facilmente ricondurre a questo schema evolutivo.

Se in altre aree del mondo la parentela ha storicamente organizzato solo lo scambio, rigidamente normato, delle donne tra gruppi maschili, in Europa essa ha regolato lo scambio delle donne e insieme quello dei beni (devoluzione divergente), mentre il matrimonio è stato tradizionalmente regolato da convenienza o da amore, da interessi familiari o da affinità individuali, ma comunque in maniera non obbligata. Queste specificità sono largamente dovute all’influsso del cristianesimo e anzi al vero e proprio imprinting che esso ha trasmesso alla famiglia europeo-occidentale, fissandone una serie di regole, o “principi generativi”: l’obbligo alla monoga - mia eterosessuale; il divieto di sposare parenti stretti; il divieto di compiere azioni che possano alterare l’ordine naturale (voluto da Dio e che legittima il controllo della Chiesa sulla vita familiare): il divorzio, l’aborto, l’adozione (poi la Chiesa ha cambiato idea su quest’ultimo punto); infine, la libera volontà degli sposi come condizione necessaria del matrimonio religioso, unico atto solenne che legittima l’unione di due persone. Attraverso il rituale matrimoniale la Chiesa si è proposta così come garante della riproduzione ordinata e legittima, creando il tipo di famiglia preva-lente nella storia europea fino a tempi molto recenti. Non sono mancate resistenze. La “rivoluzione cristiana” limitava drasticamente la libertà di manovra delle famiglie, che puntavano ad assicurarsi una discendenza e a controllare e mantenere integro il patrimonio. Parallelamente si sono manifestate con il tempo tendenze di vario tipo, dirette a sottrarre alla Chiesa il controllo della vita familiare; tra queste, soprattutto quella dello Stato, che ha a mano a mano accresciuto la sua potestà sulla vita familiare.

La trasformazione fondamentale che ha portato alla famiglia europea come oggi la conosciamo si ha tuttavia nell’Inghilterra del Settecento e dell’Ottocento. Con la Rivoluzione industriale, la miseria ma anche la relativa indipendenza delle donne fanno crescere in larghi strati di popolazione il numero di unioni consensuali, di divorzi e di interruzioni di gravidanza. Soprattutto, il lavoro cessa di essere un elemento interno alla sfera familiare ed entra a far parte della sfera pubblica, in qualche modo contrapposta a quella privata.

Nello stesso periodo, e in parte per reazione a tutto questo, le fasce abbienti britanniche teorizzano la famiglia- modello, imperniata sulla concezione della vita familiare come regno della privacy, dell’individualismo affettivo romantico e di una precisa divisione sessuale: l’uomo lavora e guadagna il denaro necessario per mantenere la famiglia, la donna bada alle faccende domestiche, mentre i figli vengono preparati, a casa ancor prima che a scuola, ad affrontare le prove che la vita riserverà loro, siano essi “Piccole donne” che crescono o futuri “Capitani coraggiosi”.

Nata nel Settecento tra gli aristocratici e i gentiluomini ed emigrata poi nelle fasce alte della borghesia delle professioni e del commercio, questa concezione godrà di enorme fortuna, e verrà assorbita nel tardo Ottocento prima dalle classi medie e poi anche dagli strati operai. E tuttavia, pur dominando l’immaginario occidentale per larga parte del XX secolo, questo ideale di famiglia doveva fare i conti con la crescita dei livelli d’istruzione e di presenza nel mondo del lavoro delle donne e con l’accresciuta influenza del welfare State. Tutto ciò ha reso il concetto di famigl ia-mo - dello per lo più impraticabile, e, soprattutto da parte di molte donne, indesiderabile. Il suo trionfo è stato perciò effimero, di breve durata. Curiosamente, per certi versi le famiglie d’oggi assomigliano di più, certo in condizioni decisamente migliori, a quelle della classe operaia inglese della prima metà dell’Ottocento. Famiglie, cioè, in cui ognuno conta soprattutto sulle proprie capacità e sul proprio lavoro e in cui le unioni matrimoniali si fanno ma anche si disfanno. In cui la famiglia come maniera di condividere la vita, la procreazione e l’educazione della prole si presenta differente nelle diverse fasi della vita di una persona. Essa, quindi, più che una struttura stabile, atemporale e avvolgente, risulta un incrocio nella vita (di molto allungatasi) di un individuo, che di incroci ne attraversa parecchi