La qualità del "prodotto casa"

Di Claudio De Albertis Giovedì 02 Luglio 2009 17:59 Stampa

Efficienza energetica, certificazione delle prestazioni energetiche degli edifici, sostenibilità ambientale, interoperabilità: sono queste alcune delle grandi novità che negli ultimi anni hanno coinvolto il settore delle costruzioni, generando un importante volano di innovazione e aprendo la strada ad una sempre maggiore attenzione al “prodotto casa”.

Una delle più grandi novità che hanno interessato il settore edile negli ultimi anni è stata l’introduzione di normative dedicate all’efficienza e alla certificazione energetica degli edifici.

Le nuove regole hanno posto l’attenzione sul rispetto di determinate prescrizioni legislative, ma hanno soprattutto aperto la strada a una maggiore considerazione della qualità del “prodotto casa”.

Prima dell’avvento della certificazione energetica, infatti, era impossibile accertare in modo rigoroso la prestazione energetica degli edifici. Qualora un costruttore avesse voluto investire in tale direzione, si sarebbe trovato di fronte un mercato incapace di accogliere la novità rappresentata da edifici a basso consumo energetico poiché in quegli anni il concetto di qualità dell’edificio riguardava, più che le prestazioni dell’edificio stesso, la presenza o meno di alcune finiture legate alla moda del momento.

La legislazione sull’efficienza energetica è stata bene accolta dagli operatori, in quanto ha fissato determinate prestazioni energetiche standard, senza tuttavia imporre vincoli sulle modalità di raggiungimento del livello richiesto di prestazione. Ma è stata accolta in modo ancora più entusiastico perché ha permesso il giusto riconoscimento all’operato di quelle imprese edili capaci di costruire edifici a basso consumo energetico. Prima dell’entrata in vigore della specifica normativa, infatti, l’impresa edile non godeva di alcun riconoscimento da parte del mercato nel caso in cui avesse realizzato edifici con livelli di prestazione energetica superiori ai valori minimi richiesti dalla legge.

Ora, invece, si è aperta la corsa al raggiungimento della “classe A”, ovvero della massima efficienza possibile e, in questo modo, si è stimolata la nascita di un mercato delle tecnologie e dei materiali con più marcate caratteristiche utili al contenimento dei consumi o alla produzione di energia da fonti rinnovabili.

Più in generale, le nuove norme hanno messo in moto un processo di acculturamento dell’intera filiera edile, le cui figure (progettista, direttore dei lavori, operai ecc.) erano sino a quel momento prive delle competenze necessarie per progettare e costruire edifici ad elevate prestazioni energetiche. Tuttavia, l’efficienza energetica non può essere considerata l’unico criterio per esprimere la qualità dell’edificio, che è invece rappresentata da un insieme di prestazioni, ognuna delle quali attiene a un determinato ambito.

Dopo la certificazione energetica potrebbero infatti vedere la luce anche la certificazione acustica degli edifici e la certificazione di sostenibilità ambientale.

L’introduzione della prima riguarderebbe il comfort acustico all’interno degli edifici e completerebbe un quadro legislativo risalente a più di dieci anni fa che presenta diversi errori e non è riuscito a stimolare il mercato verso un miglioramento di questo settore di prestazioni.

L’introduzione della seconda si configurerebbe come un completamento della certificazione energetica, dal momento che considera i costi energetici inglobati nell’intero ciclo di vita dell’edificio (non solo durante la gestione dello stesso ma anche al momento della sua costruzione e della sua dismissione).

In realtà, la sostenibilità ambientale contempla, oltre all’analisi energetica, anche la minimizzazione dell’impatto derivante dall’utilizzo delle risorse, la riduzione degli effetti che l’opera avrà sull’ecosistema ove viene inserita, il raggiungimento di elevati requisiti di comfort per i fruitori dell’edificio e infine le condizioni di mantenimento dell’opera stessa nel tempo. Essa sembra dunque esse re la nuova frontiera per un’edilizia innovativa.

Infatti, si è già visto come le criticità energetiche (costo dei combustibili e crescente inquinamento) abbiano fornito al settore edilizio segnali chiari per un cambiamento che considerasse il fattore energia come una tappa obbligata in un percorso costante verso l’innovazione.

Allo stesso modo, la tematica ambientale, vista non solo come “risparmio di energia”, potrebbe essere il prossimo volano per l’innovazione, se adeguatamente supportata da nuovi incentivi e da nuove opportunità di mercato.

Affinché ciò avvenga è necessario che tecnologie e prodotti edilizi possano essere caratterizzati anche in base alla propria incidenza sul calcolo della sostenibilità ambientale dell’edificio. In tal modo si aprirebbe la strada a prodotti innovativi, capaci di assegnare all’edificio nel quale sono inseriti non solo una migliore prestazione energetica, ma anche un più alto livello di sostenibilità ambientale.

L’incidenza di ogni tecnologia e di ogni prodotto deve essere individuata in modo scientifico e rigoroso; non è ammissibile che tale operazione sia effettuata semplicemente in base alla “simpatia” che un prodotto può suscitare. In caso contrario, la valutazione dell’eco-compatibilità di un edificio sarebbe non solo inutile, ma anche dannosa, sia per gli operatori sia per gli utenti finali.

È altresì necessario che sia valutata la prestazione ambientale globale dell’edificio, senza che si cada in singole prescrizioni che imbriglino la libertà progettuale e realizzativa dell’operatore e del progettista. È inoltre indispensabile che la valutazione di sostenibilità ambientale degli edifici rimanga su base volontaristica, meglio se legata all’ottenimento di specifici incentivi.

È importante, infine, che l’attuazione della sostenibilità ambientale, data la sua importanza e i risvolti positivi che può avere sul prodotto edilizio, non sia oggetto di particolarismi locali; è auspicabile che non si ripeta quanto accaduto con gli allegati energetici ai regolamenti edilizi comunali che, in molti casi, sono al contrario infarciti di simili particolarismi solo per competere in visibilità con i Comuni limitrofi.

Sulla base di tali considerazioni ci auguriamo che si possa sviluppare un unico metodo di valutazione della sostenibilità ambientale, che tenga conto della prestazione ambientale conseguita nel corso di tutto il ciclo di vita dell’edificio.

La presenza di più sistemi di certificazione non è di per sé un limite (anche se non è certo un contributo alla chiarezza), ma lo diviene se le regole a cui si ispirano sono diverse, al punto da impedire oggettivi confronti tra le soluzioni e soprattutto da limitare l’efficacia dell’informazione al consumatore. È essenziale che il metodo di valutazione sia non solo corretto, ma anche condiviso con tutti gli operatori del mercato e con gli enti di normazione accreditati, pena il mancato soddisfacimento delle reali esigenze del mercato stesso. Inoltre è necessario che tale metodo sia semplice, perché strumenti eccessivamente complessi risultano scarsamente applicabili, e contestualizzabile non solo al territorio italiano, ma anche alle tipologie costruttive nazionali, differenti da quelle nordeuropee (tanto che per l’acustica si è già reso necessario uno specifico adattamento delle norme europee al contesto italiano).

Analogamente a quanto avvenuto per l’efficienza energetica, solo l’affermarsi di un metodo di valutazione ambientale chiaro e condiviso permetterà di definire che cosa realmente sia un edificio eco-compatibile.

Questo, però, è un percorso ancora in fieri, perché mancano un sistema di classificazione degli elementi, una banca dati condivisa e un sistema condiviso per la definizione del ciclo di vita e dei contenuti energetici dei materiali e dei prodotti delle costruzioni del mercato italiano. Mancano cioè, almeno attualmente, le condizioni per creare consapevolezza, sapienza, integrazione delle fasi e degli attori della filiera del processo edilizio che saranno chiamati a progettare, realizzare, usare gli edifici eco-compatibili. Un aiuto potrebbe arrivare dal disegno di legge “Sistema casa di qualità”, nella speranza che tenga conto degli elementi di cui sopra.

Quanto sinora detto riguarda il prodotto, ma è parimenti necessario generare innovazione anche in un altro settore, affinché non si perda buona parte del beneficio derivante dall’utilizzo di prodotti più performanti. Ci riferiamo all’innovazione nelle tecnologie di informazione e comunicazione, importantissime in tutti quei processi complessi che, come l’edilizia, prevedono diversi passaggi di dati tra soggetti diversi (progettista, capocantiere, committente, utente finale ecc.). Ad ogni passaggio, infatti, il rischio di incoerenze e perdita di informazioni è sempre molto elevato e spesso ciò si tramuta in un costo per le imprese: secondo fonti del National Institute of Standards and Technology (NIST) del dipartimento del Commercio statunitense il trasferimento manuale di dati da un software utilizzato per una fase del processo produttivo ad uno impiegato per un’altra fase costa 53 euro al metro quadro all’insieme degli operatori coinvolti nella realizzazione di un progetto e 2 euro al metro quadro per anno a chi si occupa della gestione del patrimonio immobiliare.

Le tecnologie dell’informazione e della comunicazione possono costituire per l’industria delle costruzioni una straordinaria occasione di innovazione e di ammodernamento, ma è indispensabile sfruttare il potenziale della “interoperabilità”. L’interoperabilità è intesa come la capacità dei software di condividere e scambiare dati in modo automatico, senza bisogno di interventi manuali, sia per reinserire informazioni già definite sia per integrare eventuali perdite di dati che possono derivare da operazioni di scambio non eseguite correttamente. I vantaggi dell’interoperabilità sono ancora più evidenti in un settore come quello delle costruzioni, dove la frammentazione della filiera comporta una speculare frammentazione delle informazioni.

L’esternalizzazione delle fasi operative, l’ampio utilizzo di manovalanza straniera priva di molteplici cognizioni (le cosiddette “regole dell’arte del costruire” tramandate di padre in figlio) e una sempre più alta specializzazione (esecutiva ma anche progettuale) rendono più incerta una totale conoscenza in questo specifico settore produttivo.

La complessità e la moltitudine delle informazioni necessarie al governo del processo edilizio non permettono più una gestione del dato quale patrimonio del singolo. Le normative pongono, ad esempio, attenzione alla garanzia delle prestazioni (e tra queste in primis quelle energetiche), a livello di edificio e di singolo componente, solo mediante una compiuta raccolta e catalogazione delle informazioni esistenti o che si rendono necessarie. Esistono diversi software interoperabili, che però si affidano a database incompleti; manca purtroppo la disponibilità di tutte le informazioni necessarie, dal momento che queste sono attualmente detenute da molteplici soggetti in forma parziale e difficilmente sono raccolte in modo completo e organico.

Le caratteristiche fisiche, tecniche ed economiche del prodotto componente, già in parte garantite dal produttore (ad esempio tramite la marcatura CE), devono essere completate con le necessarie prescrizioni in ragione dell’impiego di quello specifico elemento in concomitanza, collaborazione o antagonismo con altri. Lo stesso vale per le sue modalità di posa, installazione o modifica, in piena sicurezza per le maestranze.

Il potenziale dell’interoperabilità sarà sfruttato completamente solo a seguito della creazione, con la collaborazione di tutta la filiera delle costruzioni, di una “banca dati delle costruzioni”, ovvero della redazione e adozione di innovative schede tecniche (di prodotto e di processo) aggiornabili di continuo in base alle nuove soluzioni immesse nel mercato. Una siffatta banca dati agevolerebbe l’identificazione e la scelta dei materiali e delle soluzioni da adottare, permettendo di conoscerne e confrontarne le prestazioni e le caratteristiche tecniche, di avvalersi di suggerimenti progettuali e di posa in opera, di reperire le informazioni relative al loro ciclo di vita, alla manutenzione e alla gestione e di conoscerne gli aspetti relativi alla sicurezza.

Inoltre, tale strumento consentirebbe di reperire le voci utilizzabili per la formulazione di capitolati tecnici ed elenchi dei prezzi, di informarsi circa eventuali certificazioni obbligatorie o volontarie del prodotto individuato, fornirebbe suggerimenti e tempistiche manutentive, modalità di rimozione e smaltimento ed eventuali rischi nell’impiego del singolo componente. Le voci inserite in tale banca dati dovrebbero essere codificate con un linguaggio univoco, superando la situazione attuale in cui vocaboli arcaici o addirittura dialettali si intersecano con parole straniere o termini scientifici, creando spesso fraintendimenti e incomprensioni, in un clima di incertezza generale che penalizza il sistema e lo sovraccarica di costi indotti (per tempi morti, rifacimenti, contenziosi ecc.). Con l’utilizzo di tale “codice a barre dell’edilizia” si ridurrebbero al minimo le inefficienze di sistema, permettendo nel contempo operazioni più rapide ed efficaci di verifica e controllo, direttamente sulla produzione da parte dell’impresa, ma anche sull’intero processo da parte della committenza pubblica.

Il nostro sistema associativo, conscio di queste problematiche, ha ideato, insieme a partner qualificati, il progetto InnovANCE che risulta tra gli assegnatari del finanziamento previsto dal bando “Industria 2015: efficienza energetica”. Tale progetto si pone come obiettivo la creazione di un sistema integrato, interoperabile, aggiornabile, che metta in rete tutti gli attori della filiera per ottimizzare ogni fase del processo costruttivo: progettazione, produzione dei componenti, realizzazione, uso e manutenzione dell’edificio.

I risultati di questo progetto si vedranno solo tra qualche anno, ma le imprese non devono per questo interrompere il cammino avviato: gli edifici eco-compatibili, lo ricorda la Commissione europea con l’iniziativa “Mercati di punta”, costituiscono un’indubbia opportunità per aiutare il settore delle costruzioni ad intraprendere la strada verso una maggiore qualità.

Un’opportunità da cogliere sia da parte delle singole imprese sia dal sistema delle costruzioni nel suo complesso, per contribuire a ribadire la centralità del settore delle costruzioni nell’economia nazionale e nell’obiettivo della riduzione della dipendenza energetica; per sviluppare attività e servizi ad alto contenuto tecnologico in un settore caratterizzato da tecniche costruttive tradizionali e desuete; per sviluppare lavoro qualificato in un settore esposto alle debolezze del mercato a causa della sua bassa attività professionale; e infine per migliorare la qualità ambientale e la qualità della vita rivedendo i canoni di criticità del sistema paese nei confronti dell’attività delle costruzioni.