La rappresentanza degli interessi del lavoro: storia, attualità e sfide

Di Federica Guidi Lunedì 16 Febbraio 2009 13:02 Stampa

Le trasformazioni che hanno investito il mondo del lavoro e della politica negli ultimi decenni pongono l’Italia e il suo sistema di rappresentanza degli inte­ressi di fronte alla grande sfida del rinnovamento strutturale e della ridefinizione della propria identi­tà. Oggi più che mai, le associazioni di imprendito­ri e lavoratori si trovano a dover ridiscutere la pro­pria configurazione, ridefinire i loro compiti e ridi­segnare il loro rapporto con la sfera pubblica per ri­manere protagoniste della storia del paese.

Le trasformazioni che hanno investito il mondo del lavoro e della politica negli ultimi decenni pongono l’Italia e il suo sistema di rappresentanza degli interessi di fronte alla grande sfida del rinnovamento strutturale e della ridefinizione della propria identità.

Solo qualche anno fa sarebbe stato relativamente curioso preoccuparsi dei rapporti tra i mutamenti delle istituzioni politiche e le trasformazioni della rappresentanza imprenditoriale in Italia; non solo perché il quadro istituzionale era stabile, ma anche perché il principale parametro rispetto al quale veniva valutato il rendimento delle associazioni degli imprenditori non erano le istituzioni politiche, bensì l’evoluzione delle relazioni sindacali, le nuove forme di contrattazione collettiva e la forza negoziale e organizzativa dei sindacati dei lavoratori. Il semplice fatto di porsi il problema di come adeguare le strutture delle associazioni imprenditoriali al mutamento istituzionale è quindi un indicatore chiaro ed esplicito di un cambiamento di più ampia portata, sia nel contesto all’interno del quale si trovano a operare gli imprenditori sia nel significato che assume, oggi, l’attività di rappresentanza degli interessi imprenditoriali.

Il fenomeno della globalizzazione, la forte crescita delle economie emergenti e la recente crisi economica e finanziaria globale costituiscono gli assi fondamentali attorno ai quali si sta sviluppando il mutamento dell’assetto politico- economico dei sistemi-paese.

L’evoluzione dei processi economicosociali sta mutando infatti lo scenario nel quale opera il tessuto industriale; la globalizzazione, l’ampliamento del mercato unico europeo, l’ingresso negli scenari produttivi e nel mercato di nuove economie a sviluppo incalzante come Cina e India, la necessità di razionalizzare strutture produttive e istituzionali dell’economia, accanto ai bisogni di innovazione e ricerca, sono fenomeni, ma al tempo stesso opportunità, che stanno interessando tutti i paesi a economia avanzata o in via di sviluppo, con conseguenze rilevanti sia di carattere economico che sociale.

All’interno di questo scenario, l’Italia si trova ad affrontare le sfide della contemporaneità con un sistema politico- istituzionale ancora alla ricerca di un nuovo equilibrio, dopo la grande crisi che negli anni Novanta ha portato allo sgretolamento del vecchio sistema dei partiti.

Ciò che conta per il nostro paese è dunque garantire una adeguata competitività del sistema per poter reggere il confronto con il resto del mondo, facendo sì che le immense opportunità che si stanno aprendo per il tessuto imprenditoriale italiano non divengano, al contrario, motivo di difficoltà.

Di fronte a questi fenomeni, anche il mondo del lavoro e il sistema delle organizzazioni di rappresentanza stanno subendo gli effetti dei mutamenti politici ed economici, ed è per questo che, oggi più che mai, le associazioni di imprenditori e lavoratori si trovano a dover ridiscutere la propria configurazione, ridefinire i loro compiti e ridisegnare il loro rapporto con la sfera pubblica per rimanere protagoniste della storia del paese.

 

Un po’ di storia: Confindustria tra tradizione e innovazione

Se Confindustria ci è riuscita, negli anni, lo deve all’essere stata capace, attraverso grandi riforme, di adeguare al contesto esterno il proprio assetto organizzativo, con l’obiettivo di essere sempre il riferimento di eccellenza della rappresentanza industriale. È proprio questo percorso evolutivo che ha creato i presupposti per consentire al sistema delle imprese di massimizzare i risultati e gli effetti di utilità sociale che derivano dall’adempimento del suo sistema di rappresentanza, e che Confindustria ha fatto in maniera evidente adeguando ogni volta valori e mission al contesto esterno. Nata, infatti, nel 1910 come solido strumento di tutela degli interessi specifici del mondo industriale, nella fase della ricostruzione postbellica ha lavorato insieme ai sindacati per una crescita prodigiosa del paese. L’adesione al Mercato comune (1957) e il miracolo economico hanno confermato le convinzioni liberistiche di Confindustria, mentre gli anni della ristrutturazione industriale hanno visto il sistema confederale sempre impegnato accanto al sindacato per rilanciare le forze produttive attraverso un ritorno della pace in fabbrica.

È tuttavia a partire dagli inizi degli anni Novanta che possiamo individuare tre mutamenti estremamente significativi nel quadro politico-istituzionale all’interno del quale operano le associazioni imprenditoriali italiane: lo spostamento del baricentro dei processi decisionali e la perdita relativa di rilevanza del livello nazionale di decision making, l’avvio del processo di privatizzazione e il progressivo inserimento di elementi di democrazia maggioritaria all’interno del sistema politico italiano.

Nella combinazione di questi fattori si rafforza l’immagine di un’istituzione capace di conciliare la tutela dei propri associati con l’interesse generale del paese, ed è per questo che oggi l’impegno di Confindustria è proprio quello di concorrere allo sviluppo di un sistema industriale avanzato, capace di far fronte alle sfide imposte dalla globalizzazione del mercato.

Sviluppo non significa, tuttavia, solo impresa, ma costruzione di un ambiente complessivamente competitivo, obiettivo conquistato e condiviso attraverso vere e proprie prese di coscienza interne da parte della confederazione stessa. Sono state molte le riforme organizzative attuate per adeguare la struttura operativa alle mutevoli necessità aziendali: la Riforma Pirelli degli anni Settanta ha dato forma alla presa di coscienza degli industriali italiani di essere attori del cambiamento economico e dello sviluppo del paese, mentre il Codice etico del 1991 sottolineava il primato di autorevolezza comportamentale dell’organizzazione nel tessuto economico, sociale e politico italiano valorizzando l’eticità dei propri membri e delle loro azioni, rafforzato nel 1999 dalla Carta dei valori, che attribuisce all’organizzazione non solo un obiettivo di tutela, ma soprattutto una capacità progettuale per lo sviluppo del paese.

Questo succedersi di tappe via via più consapevoli nel processo di trasformazione e sviluppo di Confindustria dà la misura del costante adeguamento della sua missione, in cui le imprese hanno necessità di riconoscersi secondo le proprie evoluzioni e i propri bisogni. Se quindi oggi non stiamo parlando di crisi di rappresentanza, ci stiamo sicuramente avviando verso un periodo di radicali mutamenti, di fronte ai quali le organizzazioni di rappresentanza sono chiamate a dare concrete indicazioni di cambiamento davanti a evidenti innovazioni provenienti dall’esterno.

È necessario allora intraprendere un percorso chiaro che miri ad individuare obiettivi e strumenti di azione volti a ottenere risultati concreti e verificabili, nella consapevolezza che le nuove sfide richiedono un impegno delle forze sociali e produttive a confrontarsi e a lavorare insieme in modo coeso e solidale.

 

Rappresentanza, servizi, identità: le scelte della rappresentanza imprenditoriale

Ai nuovi problemi posti dall’apertura dei mercati e dal nuovo assetto politico istituzionale si affiancano le rinnovate esigenze di una classe dirigente proiettata verso il futuro ed estremamente più dinamica rispetto a quella che l’aveva preceduta.

Il tema dell’appartenenza e dell’identificazione nei valori di una organizzazione di rappresentanza si rivela determinante in un momento in cui il sistema economico globale è esposto a forti turbolenze, e le esigenze di imprese e lavoratori diventano sempre più complesse e articolate.

Tra le associazioni di rappresentanza e all’interno della Confindustria si diffonde la convinzione che sia necessario ridefinire la funzione e il ruolo dei soggetti collettivi portatori di interessi, attraverso scelte decise, coerenti e rapide.

Una prima scelta da fare è senz’altro quella di trovare la giusta combinazione tra rappresentanza, servizi e identità, tre aspetti fondanti per una organizzazione di rappresentanza stessa. Un sistema di rappresentanza è forte quando riesce a prevenire la domanda, ma anche quando riesce a rendere i servizi accessibili in ogni momento e in ogni luogo.

In questo senso, anche alla luce del fenomeno del neoregionalismo, la rappresentanza tende a territorializzarsi, cioè dovrà essere svolta laddove necessario, raggiungendo l’imprenditore ovunque lui sia; i servizi, invece, si deterritorializzano, cioè non importa dove siano progettati o ideati, importante è che ogni imprenditore associato abbia sempre risposte funzionali alle proprie esigenze e a quelle della sua azienda, indipendentemente dal settore o dall’area geografica a cui essa appartenga. Possiamo definire sia la rappresentanza che i servizi un “prodotto” che Confindustria offre alle imprese, laddove la rappresentanza risponde a bisogni più sofisticati, mentre i servizi rispondono a bisogni più semplici, entrambi però con un alto valore aggiunto che solo le associazioni imprenditoriali possono garantire.

Infine l’identità: la mission e i valori di una organizzazione non si fondano e non si costruiscono su regole formali e condivise, o non solo, ma si alimentano nelle funzioni svolte dagli organi di quella organizzazione e nelle attività realizzate, alla luce degli indirizzi strategici condivisi.

Quello che fa la differenza, in un’organizzazione di rappresentanza oggi, è il modo di fare rappresentanza, il modo di fare servizi e il modo di fare identità. La combinazione di queste tre variabili può essere diversa, ma è il mix delle tre che caratterizza specificatamente l’organizzazione di rappresentanza che le esercita.

Molte organizzazioni offrono alle imprese modi diversi di rappresentare i loro interessi, alcune sostengono un singolo scopo che si esaurisce nel tempo, altre fanno riferimento a valori diversi da quelli dell’impresa, altri ancora propongono modelli corporativi. Ne consegue che la richiesta di rappresentanza è destrutturata, poiché non sempre le imprese esplicitano i loro bisogni in modo definito.

Per quanto riguarda i servizi, invece, sono le imprese stesse che alla luce dei propri fabbisogni, possono valutare se l’offerta delle organizzazioni di rappresentanza è rispondente alle proprie esigenze, sia in termini di qualità che di quantità, che di tempestività nell’erogazione dei servizi.

Quello che contraddistingue, tuttavia, una organizzazione di rappresentanza, è la sua capacità di fare identità, laddove gli associati devono essere in grado di riconoscersi nei medesimi valori, che vanno al di là delle differenze strutturali, territoriali e di dimensione delle imprese.

Qualcosa però sta mutando nel panorama della rappresentanza e questo cambiamento vede insieme imprese e organizzazioni di rappresentanza riflettere su una strategia di concertazione tra di loro, di fronte al proprio valore sociale di soggetto politico capace di dare risposte concrete per lo sviluppo del paese.

 

Rete, branding, legalità: i nuovi orizzonti dell’azione associativa

Il mutamento politico-istituzionale e la sempre maggiore apertura dei mercati hanno dunque contribuito a ridefinire il concetto di rappresentanza ponendo alla base dell’attività associativa delle imprese nuove funzioni e nuovi obiettivi.

Oggi il contesto nel quale si trovano ad agire imprese, istituzioni e lavoratori risulta ulteriormente complicato. La crisi finanziaria ha aggiunto un ulteriore grado di difficoltà al processo di ristrutturazione del sistema economico italiano, facendo crollare un quadro di riferimento che fino a pochi mesi fa sembrava solido.

In che modo le associazioni di imprese possono agire all’interno di questo scenario per contribuire in maniera significativa allo sviluppo del paese? Quali sono i contenuti e i valori su cui puntare per ridare significato all’attività di rappresentanza degli interessi? Una linea direttrice su cui è necessario proseguire è sicuramente quella che si basa sulla realizzazione e lo sviluppo della rete associativa. Al fianco dell’ideazione ed erogazione di servizi per le imprese devono svilupparsi pratiche e modelli d’azione che governino i deficit di informazione e la mancanza di coordinamento tra le azioni dei soggetti associati. In un mondo in cui le informazioni viaggiano a velocità elevatissime e in cui le imprese si trovano a dover fronteggiare le sfide di aziende straniere fortemente concorrenziali, diventa decisivo l’accesso a un sistema interconnesso di clienti, fornitori e potenziali partner commerciali.

Far parte di una rete efficiente incrementa le opportunità di business, ma soprattutto aumenta il senso di sicurezza, aiuta a leggere in maniera più chiara l’evoluzione dell’ambiente esterno, fornisce strumenti per gestire l’incertezza. Al tempo stesso, però, questa tendenza porta all’aumento della competizione con le altre associazioni di rappresentanza e l’attività di promozione del proprio marchio diventa fondamentale.

Si sviluppano funzioni dedicate alla promozione della cultura dell’associazione e tecniche di branding mutuate dal mondo delle imprese, con lo scopo di rafforzare lo spirito di partecipazione degli associati e migliorare l’immagine della struttura nei confronti di chi ne fa parte e dei terzi che ne vengono in contatto.

Inoltre, per rispondere al mutamento delle motivazioni di adesione all’organizzazione, le associazioni si trasformano sempre più in mercati interni, business group attraverso i quali gli associati possono stabilire contatti, creare alleanze, alimentare sinergie utili al successo della loro impresa.

Il concetto di rete in futuro non si potrà, tuttavia, limitare solo alla struttura interna delle organizzazioni; insieme all’identità, si continuano dunque a ridefinire i confini della rappresentanza e l’associazione diventa un luogo nel quale è possibile fare business e si apre maggiormente ai terzi che vogliono avere contatti con le imprese iscritte.

La frammentazione è comunque ancora oggi una caratteristica fondamentale del sistema di rappresentanza italiano e troppo spesso la molteplicità di voci ha rallentato il processo decisionale sia sul fronte sindacale che su quello delle associazioni di imprese. Il momento delicato che stiamo vivendo deve spingere sempre di più verso un coordinamento delle associazioni, che renda più incisive e semplici le dinamiche di interazione tra i vari interessi e riesca a veicolare in maniera efficace proposte utili per lo sviluppo del paese. Lo sviluppo della rete interna e delle alleanze con le altre associazioni rischia, tuttavia, di rimanere uno strumento monco, se all’interno delle organizzazioni di rappresentanza non si riesce ad agire efficacemente sul fronte del costante rinnovamento dei valori da mettere al centro dell’identità dell’associazione. È in questo elemento che risiede la gran parte della forza di Confindustria e su questo aspetto si gioca il futuro della rappresentanza imprenditoriale. Fare rappresentanza domani significherà innanzitutto avere una struttura di valori ben definita e una mission che sappia rispondere alle esigenze concrete delle aziende associate e ai problemi del paese.

Un esempio è la recente creazione, all’interno di Confindustria, di una delega specifica per i rapporti con le istituzioni preposte al controllo del territorio, che rappresenta un forte segnale in questa direzione. L’obiettivo è quello di divulgare la cultura della legalità su tutto il territorio e sostenere le imprese che decidono di non piegarsi alle organizzazioni criminali. In questo momento storico, infatti, i valori di legalità, trasparenza e sicurezza diventano sempre più importanti per i cittadini e per le imprese, in particolare per quelle che operano nel Mezzogiorno, facendo nascere l’esigenza da parte della Confindustria di sviluppare un forte asse collaborativo con tutte quelle istituzioni che agiscono sul territorio per assicurarne il rispetto.

Il miglioramento della rete, del coordinamento con le altre associazioni e l’impegno sul fronte della legalità rappresentano solo alcuni esempi di come l’attività di rappresentanza degli interessi delle imprese da parte della Confindustria sia in continuo mutamento e prosegua nel solco dell’innovazione tracciato nel corso della sua storia ormai quasi centenaria. Il sentiero da percorrere è tuttavia ancora lungo, e negli anni a venire sarà determinante continuare ad agire all’interno dell’organizzazione e sul territorio per rafforzare ulteriormente le credenziali di un’istituzione che, nel tempo, ha saputo conciliare la tutela dei propri associati con gli interessi generali del paese, per lo sviluppo di una moderna cultura economica e sociale.

Tutto il sistema delle imprese deve esprimere una cultura di collaborazione che non elimini la concorrenza, ma aiuti a costruire valori comuni, spendibili anche sul mercato: solo rinnovandosi e rinsaldando le proprie basi il sistema associativo riuscirà ad assolvere pienamente il proprio ruolo nel contesto in cui opera.

Fare rappresentanza oggi significa avere una forte capacità progettuale e una buona propensione ad anticipare i fenomeni economici e sociali; significa avere una rete capace di cogliere i segnali deboli là dove nascono, elaborarli dove vi sono le professionalità e proporli dove servono. A fronte di questo mutamento del modo di fare rappresentanza e di offrire servizi a valore aggiunto, cambiamenti nati da esigenze delle stesse imprese, il sistema confederale è chiamato ancora una volta a guardare al futuro, facendosi guida di una nuova frontiera della rappresentanza imprenditoriale.

 

L’evoluzione del sistema di rappresentanza: il ruolo dei Giovani imprenditori

La necessità da parte della Confindustria di rimanere in sintonia con l’evoluzione della società, di riuscire ad anticiparne e comprenderne le evoluzioni, per adattare i valori e le strutture della rappresentanza imprenditoriale all’ambiente esterno, si è tradotta nella seconda metà del secolo scorso con una profonda riforma organizzativa e con la nascita del movimento dei Giovani imprenditori.

Nel corso della storia dell’associazione e delle presidenze che si sono alternate alla sua guida, il ruolo dei Giovani imprenditori è stato sempre quello di interrogarsi e confrontarsi con la società civile, per elaborare proposte sull’adeguatezza delle regole della rappresentanza, sulle modalità della loro applicazione e sulla coerenza tra i valori della struttura e le domande emergenti degli aderenti.

Questa vocazione deriva dalla natura peculiare del movimento all’interno della struttura confederale. I Giovani imprenditori sono infatti l’unica organizzazione di persone e non di aziende all’interno del contesto associativo e si configurano pertanto come una struttura particolarmente sensibile alle dinamiche organizzative e al ruolo esercitato dalla Confindustria nei riguardi degli altri soggetti di rappresentanza degli interessi presenti nel panorama sociale italiano.

Per lo stesso motivo, il movimento si è configurato nel tempo come maggiormente propenso a porre al centro della sua attività questioni di grande portata e di ampia rilevanza politica, andando a rafforzare e supportare la capacità, storicamente presente nell’organizzazione confederale, di cogliere lo “spirito del tempo” e individuare i cardini attraverso i quali si deve sviluppare il progresso del paese. Un’organizzazione, in altre parole, capace di sviluppare la propria cultura imprenditoriale in sintonia con i segnali provenienti dal mondo esterno, capace di promuovere da un lato un costante affinamento organizzativo interno, dall’altro una migliore interazione con le altre associazioni, con il mondo della politica e delle istituzioni.

Alla luce dei mutamenti storici in corso questo compito diviene ancora più importante, e il movimento svolge il suo ruolo all’interno della Confindustria muovendosi sul sentiero della continuità. Dalle linee guida dello Statuto Pirelli che ne segnò la nascita, all’ultimo convegno di Capri dello scorso ottobre, i Giovani imprenditori hanno sempre cercato di elaborare proposte fortemente innovative e dare risposte immediate al cambiamento dello scenario di riferimento.

Gli interrogativi che si presentano oggi al movimento sono molteplici e in attesa di soluzioni. Le spinte recessive create dalla crisi finanziaria, i mutamenti all’interno dello scacchiere geopolitico, la questione climatica e la difficoltà dell’Italia di uscire dallo stallo della bassa produttività dipingono un quadro poco rassicurante e di difficile lettura. In questo clima di incertezza il compito dei Giovani imprenditori si fa dunque più difficile ma anche più stimolante, perché un’organizzazione reattiva e viva non si limita a subire le trasformazioni ambientali, ma cerca di anticiparle per consolidare il suo ruolo.

La spinta verso il cambiamento e l’innovazione sarà dunque costante, farà leva sulla storia, sul bagaglio culturale e sul forte radicamento nel territorio che contraddistingue il movimento, mantenendo sempre i suoi obiettivi originari: far sì che Confindustria continui a essere un interlocutore determinante e altamente propositivo all’interno del sistema di rappresentanza, mettendo al centro del dibattito politico le istanze della classe imprenditoriale di oggi e di domani.