Cultura politica

Di Carlo Galli Mercoledì 29 Maggio 2013 12:15 Stampa

Secondo un’affermazione di Max Weber ripresa dall’antropologo Clifford Geertz, l’uomo è un animale sospeso fra ragnatele di significati che egli stesso ha tessuto e dei quali fa egli stesso parte. Quelle ragnatele sono la cultura, che può essere interpretata solo se l’interprete è consapevole di essere coinvolto in ciò che vuole conoscere. La cultura politica, come viene pensata dagli scienziati politici – soprattutto nell’ambito della scuola di Gabriel A. Almond –, è l’insieme degli atteggiamenti e dei sentimenti diffusi dei soggetti verso il sistema politico, inclusa appunto la percezione che essi hanno di se stessi. In quanto cognitiva (implica conoscenze e ideologie), emotiva (è orientata da sentimenti e passioni) e valutativa (elabora giudizi e criteri di giudizio), la cultura politica non è un
dato, ma è un discorso che si fa da se stesso e che si interpreta da se stesso. Dalla cultura politica sono filtrate le richieste sociali verso il sistema politico, nascono i giudizi di consenso o di dissenso dei cittadini rispetto al suo operato e si generano anche le modalità di funzionamento del sistema stesso.

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