La terza occasione per l’Italia in America Latina

Di Donato Di Santo Martedì 14 Luglio 2020 15:18 Stampa
La terza occasione per l’Italia in America Latina ©iStockphoto.com/Oliver Kufner

Nelle sue Considerazioni finali, il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco (relazione del 29 maggio 2020),1 dopo l’annuncio che l’impatto della pandemia darà luogo a uno “scenario di base” che prevede una flessione delle attività produttive tra il 9 e l’11%, ma con la possibilità di uno scenario “basato su ipotesi più negative, anche se non estreme” con la caduta del PIL del 13%, sottolinea l’importanza della recente proposta della Commissione europea, che «non sta nella sostituzione di un prestito con un trasferimento, ma nella assunzione collettiva di responsabilità per il finanziamento della ripresa: sarebbe il primo passo verso un’unione di bilancio e il com­pletamento del disegno europeo». Parole evocative e prospettiva che definire storica è dire poco.

Anche in America Latina la pandemia sta colpendo duramente l’e­conomia e la società. Alicia Bárcena, segretaria esecutiva della Com­missione Economica per l’America Latina e Caraibi (CEPAL), nel­l’“Informe sobre impacto económico en América Latina y el Caribe del Covid-19”, presentato agli Stati membri il 28 maggio 2020, af­ferma che «la recessione generata dalla pandemia sarà la più grande mai sofferta dalla regione, con una contrazione stimata del –5,3% per il 2020, un crollo del commercio del –15% e aumenti di disoc­cupazione, povertà (fino a 30 milioni di nuovi poveri) e disegua­glianza». Afferma altresì: «È possibile che la soluzione migliore sia una nuova globalizzazione, con una governance incline all’inclusio­ne e alla sostenibilità. Però, per essere protagonisti attivi di questa nuova globalizzazione, l’America Latina e i Caraibi debbono sapersi integrare sul piano produttivo, commerciale e sociale. A questo fine il coordinamento dei paesi della regione sul piano macroeconomico e produttivo diventa cruciale per poter negoziare le condizioni della nuova normalità, sia nella emergenza della crisi attuale che nel medio termine: a partire da quelle finanziarie per un nuovo stile di sviluppo, con uguaglianza e sostenibilità ambientale».2

La viceministro degli Esteri Marina Sereni ha scritto nell’“Annuario istituzionale” dell’IILA 2019: «negli ultimi mesi del 2019 abbiamo assistito allo scoppio di manifestazioni di protesta e crisi politiche in molti paesi della regione (latinoamericana) che, pur partendo da di­stinte e variegate motivazioni, tornano a evidenziare alcuni dei mali endemici del subcontinente: la fortissima diseguaglianza sociale, la corruzione pervasiva e una relativa fragilità istituzionale».3

Questi tre spunti di analisi che ho evidenziato inducono ad alcune riflessioni sul futuro dell’Italia in Europa e sulle nostre relazioni con l’America Latina.

La contingenza che attraversiamo è globalmente drammatica sotto molti punti di vista ma, per l’Europa, potrebbe anche rappresentare un provvidenziale freno alle tendenze turbo-nazionaliste e uno stimo­lo per riprendere e accelerare il progetto originario europeo. Se così fosse, e ce lo auguriamo, anche la politica estera europea – e italiana – dovrebbero avere la capacità di guardare con occhi nuovi al resto del mondo e, in particolare, a quell’“Estremo Occidente” che, troppo disinvoltamente nell’ultimo decennio, complice l’apertura dei mercati globali nella allocazione delle materie prime e dei prodotti agricoli, abbiamo lasciato appannaggio della Cina.

La crisi finanziaria del 2008 ha sicuramente pesato nel determinare questo atteggiamento, ma anche l’avere, di fatto, storicamente “ap­paltato” alla Spagna l’onere delle relazioni con l’America Latina, scelta comprensibile, comoda ma poco efficace, come si è potuto constatare. Le relazioni europee con la regione latinoamericana non possono di­pendere, quindi, dalla intermediazione di un solo paese membro, ma debbono riguardare nel loro complesso le istituzioni europee e tutti i paesi membri, a partire da quelli mediterranei, storicamente più legati al subcontinente americano.

Uno sforzo indubbiamente positivo e inedito è venuto dalla gestio­ne della politica estera europea fatta da Federica Mogherini, in par­ticolare con il documento sulla “Nuova strategia UE sull’America Latina”,4 adottata nell’aprile 2019, oltre che con l’accordo politico sul capitolo commerciale dell’Accordo di associazione tra UE e Mer­cosur. Ma non basta. Occorre un nuovo impegno strategico italiano che sia all’altezza di quanto fatto dall’Italia repubblicana nei due mo­menti in cui ha avuto la lungimiranza di pensare una politica estera rivolta all’America Latina. In entrambi i casi fu una scelta concepita dal governo in carica ma con il coinvolgimento dell’opposizione. In entrambi i casi ebbe caratteristiche di politica di Stato.

LA PRIMA OCCASIONE: LA CREAZIONE DELL’IILA

Negli anni Sessanta la classe dirigente italiana comprese la crescente im­portanza di costruire un rapporto speciale con la regione. In particolare in ambito democristiano personalità come Aldo Moro, Giorgio La Pira e Amintore Fanfani si distinsero nell’approfondire questo tema. E lo fe­cero per ragioni di carattere eminentemente politico e geopolitico (sulla scia delle riflessioni einaudiane del primo dopoguerra): il detonatore non era un particolare interesse per la presenza di consistenti collettività di origine italiana in quei paesi – elemento importante ma affatto determi­nante – bensì l’intenzione di disegnare una politica estera e una politi­ca economica estera rivolte a quella regione. Alain Rouquié non l’aveva ancora battezzata “Estremo Occidente”5 ma loro l’avevano già capito. L’Italia era nel gruppo dei sei paesi fondatori del progetto europeo, e la sua classe dirigente voleva che divenisse “ponte” tra l’America Latina e l’Europa. Volevano farlo con l’afflato atlantista dell’epoca (neoatlanti­smo), e in sintonia con gli Stati Uniti, che in quell’epoca, come scrive Roberto Gualtieri «si caratterizzavano per l’ambizioso disegno riformista teso a riformulare la strategia del containment su scala globale, intorno al principio della “modernizzazione”, che mira a contrastare l’espansione del comunismo nel Terzo Mondo, attraverso la crescita economica, fa­vorendo la costituzione di un rinnovato asse euro-atlantico, in grado di fungere da baricentro e motore di una globalizzazione del capitalismo e del mondo occidentale».6 Per tutti questi motivi i leader democristiani ne parlarono con l’Am­ministrazione statunitense, prima con il presidente Kennedy e, poi, con il suo successore Johnson. Nelle loro scelte sicuramente ebbe un peso anche la consapevolezza che l’assenza dallo scenario politico internazionale postbellico dei paesi iberici, ibernati l’uno con il dit­tatore Francisco Franco e l’altro con il dittatore António de Oliveira Salazar, non sarebbe durato ancora a lungo.

In poche parole, per la prima volta l’America Latina divenne una prio­rità della politica estera italiana. Nell’“Annuario istituzionale 2017-18” dell’IILA vi sono testi inediti molto interessanti su questo passaggio. Gianni La Bella scrive che «con la V Legislatura l’America Latina entra in modo organico tra le priorità della nostra politica estera, soprattutto negli anni in cui Fanfani torna come responsabile della Farnesina, nel se­condo e terzo governo presieduto da Aldo Moro, dal 5 marzo 1965 al 24 giugno 1968».7 E Raffaele Nocera aggiunge: «Inserita in una riflessione di medio periodo che deve prendere le mosse dal 1957, la nascita del-l’IILA rappresenta quindi il naturale epilogo dell’impegno profuso dalla diplomazia italiana nei nove anni precedenti e l’inizio di una nuova fase di collaborazione italo-latinoamericana, all’interno della quale risaltano pure gli sforzi compiuti dalla Democrazia Cristia­na, autonomamente e attraverso l’Internazionale DC. Non a caso, infatti, alla fine del 1967 un suo esponente (Mariano Rumor) ascese alla presiden­za della UMDC, Unione Mondiale Democratica Cristiana».8

In quella stagione e anche grazie al respiro in­ternazionale di questa visione, grandi imprese e istituzioni finanziarie italiane si stabilivano o rafforzavano la loro presenza nella regione, e so­prattutto in America meridionale: dalla Pirelli alla Fiat (che fu rappresentata da Aurelio Peccei), da Tenaris/Techint a Oli­vetti, da BNL a Sudameris. Seguiranno le organizzazioni sindacali, i movimenti sociali di solidarietà internazionale e, successivamente, le ONG di cooperazione allo sviluppo. Quindi, la creazione della Or­ganizzazione internazionale italo-latino americana denominata IILA, la “piccola ONU” come efficacemente la definì Fanfani, fu il frutto di questa matura visione politica. Fu la concretizzazione di una strategia di politica estera che, per la prima volta, assegnava priorità all’America Latina nella azione esterna italiana.

Ma va rimarcata anche un’altra caratteristica precipua di quella scelta strategica del governo Moro/Fanfani: il coinvolgimento dell’opposi­zione. Il PCI discusse della creazione dell’IILA, e fu Renato Sandri, incaricato da Palmiro Togliatti di seguire le relazioni con l’America Latina in quegli anni, che sostenne la posizione di appoggiare quella decisione, in un articolo sul settimanale teorico “Rinascita”, e con un intervento in aula, alla Camera dei Deputati, il 21 settembre 1966, per argomentare il voto a favore da parte del Partito comunista. In­somma, l’Organizzazione internazionale italo-latino americana nasce da una strategia politica che assegna una priorità in politica estera all’America Latina attraverso un coinvolgimento bipartisan. Fu una scelta che mutò quella che era una decisione di governo in una po­litica di Stato, rendendola impermeabile alle successive intemperie politiche, fisiologiche in una democrazia. Tant’è vero che l’IILA, sep­pur ammaccata e con qualche ruga, è sopravvissuta ai tanti stravolgi­menti che hanno caratterizzato la vita del nostro paese – e di quelli dell’area latinoamericana – negli ultimi cinquanta anni. Inoltre, ne­gli ultimissimi anni, ha saputo rinnovarsi profondamente, dopo un periodo di forte crisi, rimettendosi al passo con i tempi.

Anche il fatto che l’IILA, dal giorno stesso della sua istituzione, fu l’unico organismo intergovernativo su scala mondiale – eccezion fatta, ovviamente, per l’ONU - ad accogliere come componente di pieno diritto la Repubblica di Cuba, estromessa dall’OSA (Orga­nizzazione degli Stati Americani) e da tutti gli altri consessi intergo­vernativi internazionali, dà il senso della consapevolezza politica dei protagonisti che, a partire da Fanfani, furono capaci di interpretare una posizione atlantista attraverso un’impostazione autonoma e non sempre coincidente con i dettami di Washington.

LA SECONDA OCCASIONE: L’ISTITUZIONALIZZAZIONE DELLA CONFERENZA ITALIA-AMERICA LATINA E CARAIBI

Nel discorso di insediamento del suo secondo governo, Romano Prodi indicò le relazioni con l’America Latina come “priorità”. Era la seconda volta che ciò avveniva, dopo la fruttuosa stagione a metà degli anni Sessanta. Per dare corpo a quell’obiettivo, insieme al mini­stro degli Esteri Massimo D’Alema, ci proponemmo di “istituziona­lizzare” uno strumento di carattere internazionale sulla regione che, affiancando l’IILA, rimettesse al centro il nostro paese. Dovevamo lasciare un segno tangibile di tutto il lavoro che stavamo facendo per dare, appunto, priorità alle relazioni con i paesi latinoamericani in modo tale che anche i futuri governi (che difficilmente sarebbero stati di centrosinistra!), continuassero a occuparsi istituzionalmente di questa regione ai massimi livelli. Scartammo ipotesi troppo “targa­te” politicamente, e che proprio per questo sarebbero state candidate a essere subito impallinate dai successivi esecutivi di centrodestra e decidemmo di riferirci a qualcosa di già esistente e in cui, avendo una identità politica diversa dalla nostra coalizione, tutti si sentissero rappresentati e che sentissero propria. Insomma, più che una ope­razione di governo si trattava di una operazione di Stato. Il modello era sotto i nostri occhi, era il “modello IILA”, la più grande iniziativa strategica di politica estera verso l’America Latina mai messa in atto nel nostro paese in epoca repubblicana.

Individuammo nell’iniziativa che da qualche anno si teneva a Mila­no, la “Conferenza sull’America Latina”, il miglior candidato. L’e­vento, che fino ad allora aveva avuto due edizioni (la prima nel 2003 e la seconda nel 2005) era stato ideato, e veniva organizzato, da Gil­berto Bonalumi, ex sottosegretario agli Esteri, appassionato e pro­fondo conoscitore dell’America Latina, “erede” della antica tradizio­ne democristiana e ancora legato agli esponenti latinoamericani della Internazionale DC e non solo. Promotori e finanziatori ne erano la Regione Lombardia, allora guidata da Roberto Formigoni, il Comu­ne di Milano, con a capo la sindaca Letizia Moratti, e la Camera di Commercio di Milano. Con qualche fatica, e superando gli ostacoli frapposti dal presidente della Regione, trovammo un accordo e mu­tammo geneticamente l’evento “lombardo”, facendolo confluire in una grande Conferenza nazionale e intergovernativa, rivolta a tutti i governi latinoamericani e caraibici, da tenersi a Roma.

La chiamammo “III Conferenza”, inglobando nel computo i primi due eventi lombardi. Inserimmo nel titolo la parola Caraibi, scelta che si rivelerà lungimirante per tanti motivi (uno per tutti: la cam­pagna per raccogliere voti a favore di Milano per l’Expo 2015).9 Alla III Conferenza Italia-America Latina e Caraibi parteciparono la pre­sidente del Cile Michelle Bachelet, il presidente del Consiglio Ro­mano Prodi e vari ministri del nostro governo; ministri degli Esteri ed esponenti di governo di tutti i paesi latinoamericani, di Spagna, Portogallo, Germania, Francia, Slovenia (che aveva la presidenza di turno della UE), della Commissione europea; i vertici di tutti gli organismi multilaterali latinoamericani. Tantissimi imprenditori, banche di sviluppo, sindacati, ONG, Università. Durante i lavori, D’Alema, in accordo con il ministro dell’Economia Tommaso Pa­doa-Schioppa, ed Enrique García firmarono l’accordo per l’ingresso dell’Italia nell’azionariato CAF, Banca di sviluppo dell’America La­tina, impegno poi miopemente disatteso da Giulio Tremonti (che cancellerà questa scadenza dalla programmazione del MEF). L’allora amministratore delegato di ENEL, Conti, presentò le linee d’azione internazionale dell’azienda annunciando la storica acquisizione della spagnola Endesa e, successivamente, la gestione di Francesco Starace rafforzerà e qualificherà straordinariamente la presenza nella regione, con una attenzione particolare alle fonti di energia rinnovabile. Il rappresentante dell’ANCE, il compianto Giandomenico Ghella, in­dicò gli obiettivi legati alle infrastrutture, che vedranno performance significative di molte imprese quali Astaldi, Ghella, Salini-Impregilo (quest’ultima legherà il proprio nome al nuovo Canale di Panama), e svariate altre. La III Conferenza è stata senza dubbio il più importan­te e qualificato incontro bi-regionale dell’Italia con l’America Latina.

L’obiettivo era stato raggiunto, le Conferenze erano state istituzionaliz­zate. Questo strumento di politica estera sarà confermato e valorizzato da tutti i successivi governi: le Conferenze, infatti, si sono poi pun­tualmente tenute sotto i governi Berlusconi, Letta, Renzi, Gentiloni e Conte. Adesso sono uno strumento indispensabile e versatile di colla­borazione e confronto reciproco italo-euro-latinoamericano e rappre­sentano, con i Vertici iberoamericani e con le attività della Fondazione UE-LAC, uno dei principali momenti di dialogo politico bi-regionale.

LA TERZA OCCASIONE PER L’ITALIA IN AMERICA LATINA È ADESSO

In questa fase politica si possono creare le condizioni per rimettere tra le priorità di politica estera l’America Latina. Per una media po­tenza regionale, come l’Italia, sarebbe importante cogliere le oppor­tunità di «completamento del disegno europeo» (Visco) e legarle alle possibilità di «integrazione produttiva, economica e sociale» (Bárce­na) dell’America Latina. I contenuti di una operazione di politica estera che rappresenti la “terza occasione” per l’Italia, per il nostro si­stema-paese, nel subcontinente latinoamericano si possono delineare attingendo a molteplici fonti, a partire dalle impegnative parole del presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte, nel discorso dell’11 dicembre 2019 all’IILA, alla presenza degli ambasciatori di tutti i paesi latinoamericani.10

A mio parere, tra le altre cose, cogliere l’occasione del “ventenna­le” della Conferenza Italia-America Latina e Caraibi per fare della X edizione un evento del tutto speciale; finalizzare l’ingresso dell’Ita­lia nell’azionariato del Banco de Desarrollo de América Latina-CAF (progetto utile reciprocamente se pensiamo, per fare un solo esem­pio, alle attività di internazionalizzazione delle imprese italiane del settore delle infrastrutture); valorizzare la reciproca cooperazione nel nevralgico ambito delle piccole e medie imprese (utilizzando la gran­de esperienza dell’IILA al riguardo e favorendo il varo di un progetto, a guida italiana, finanziato dalla Commissione europea); riproporre un autentico confronto transatlantico – non circoscritto all’Atlantico del Nord – quale straordinaria occasione di coinvolgimento di tutta l’America Latina e i Caraibi, con l’Africa, l’Europa e l’America del Nord (a questo riguardo segnalo la conferenza “Il paradosso dell’Eu­ropa: debolezza e forza nel XXI secolo”, tenuta nel 2010 da Massimo D’Alema).11

Ma credo che le cose fondamentali siano state indicate dalla vicemi­nistra Marina Sereni, nel suo intervento conclusivo del Forum Ce­SPI “America Latina in fermento”.12 Quella che si delinea, leggendo il testo della viceministra, è una vera e propria “agenda italo/euro/ latinoamericana” post pandemia dove, dopo aver passato in rassegna le fragilità ricorrenti nella regione, elenca i terreni prioritari per la politica estera italiana verso l’America Latina basata sull’incremento della cooperazione internazionale, sulla riforma e rilancio del multi­lateralismo, sull’Agenda 2030 dell’ONU «oggi ancora più attuale di prima», sul ripensare i rispettivi modelli di sviluppo, sulla ripresa di attenzione europea verso la regione a partire dal rafforzamento delle politiche di coesione sociale, sul commercio internazionale, su speci­fici capitoli bilaterali con singoli paesi latinoamericani.

Se il governo italiano saprà fare propria questa “agenda”, trovando forme e modi per coinvolgere anche le forze di opposizione (lo stru­mento già esiste ed è la Conferenza Italia-America Latina e Caraibi, dove tutti sono invitati e rappresentati), si saranno create le condizio­ni della terza grande occasione di collaborazione e crescita comune tra Italia e America Latina.

 


 

[1] Banca d’Italia, Considerazioni finali del Governatore. Relazione annuale, Roma, 29 maggio 2020, pp. 9 e 25, disponibile su www.bancaditalia.it/pubblicazioni/interventi-governato­re/integov2020/cf_2019.pdf.

[2] CEPAL, Informe sobre el impacto económico en América Latina y el Caribe de la en­fermedad por coronavirus (COVID-19), maggio 2020, disponibile su www.cepal. org/es/publicaciones/45602-informe-impacto-economico-america-latina-caribe-la-enfermedad-coronavirus-covid.

[3] M. Sereni, In una fase di fermenti in America Latina, un futuro ancora più ambizioso per l’IILA, in IILA, Annuario Istituzionale 2019, p. 39, disponibile su iila.org/wp-content/uploads/2020/02/annuario-IILA-2019-pagine-a-fronte.pdf.

[4] Commissione europea, European Union, Latin America and the Caribbean: joining forces for a common future, Strasburgo, 16.4.2019 JOIN(2019)6 final, disponibile su eeas.europa.eu/sites/eeas/files/joint_communication_to_the_european_parliament_ and_the_council_-_european_union_latin_america_and_the_caribbean_-_joining_ forces_for_a_common_future.pdf.

[5] A. Rouquié, L’America Latina. Introduzione all’Estremo Occidente, Bruno Mondadori, Milano 2000.

[6] R. Gualtieri, L’Italia dal 1943 al 1992. DC e PCI nella storia della Repubblica, Carocci, Roma 2006, p. 154.

[7] G. La Bella, Un sogno italo-latinoamericano: i 50 anni dell’IILA, in IILA, Annuario Istitu­zionale 2017-2018, p. 199, disponibile su iila.org/wp-content/uploads/2019/04/annua­rio-iila.pdf.

[8] R. Nocera, L’IILA, Fanfani e l’Internazionale DC, in IILA, Annuario Istituzionale 2017- 2018, p. 207, disponibile su iila.org/wp-content/uploads/2019/04/annuario-iila.pdf.

[9] Affinché l’Italia vincesse e si aggiudicasse l’Expo, il voto compatto dei paesi dell’A­merica Latina e dei Caraibi fu determinante.

[10] G. Conte, Saluto istituzionale, in IILA, Annuario Istituzionale 2019, p. 22, disponibile su iila.org/wp-content/uploads/2020/02/annuario-IILA-2019-pagine-a-fronte.pdf.

[11] M. D’Alema, Il paradosso dell’Europa: debolezza e forza nel XXI secolo, conferenza tenuta l’11 maggio 2010 a Brasilia, presso l’Instituto Rio Branco del ministero degli Affari esteri del Brasile disponibile su www.massimodalema.it/doc/17023/il-para­dosso-delleuropa-debolezza-e-forza-nel-xxi-secolo-conferenza-allistituto-rio-branco-scuola-di-formazione-del-corpo-diplom.htm.

[12] M. Sereni, Italia e America Latina: le sfide ai tempi del coronavirus, intervento al Forum CeSPI, America Latina in fermento, 12 giugno 2020, disponibile su www. cespi.it/it/eventi-attualita/dibattiti/america-latina-que-pasa/italia-america-latina-le-sfide-ai-tempi-del.

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