Serena Spinelli

Serena Spinelli

è assessora al Sociale, alle Politiche abitative e alla Cooperazione internazionale della Regione Toscana.

Basta etichette, torniamo a fare politica

«Sono disponibile a impegnarmi in un progetto che abbia come sbocco la costruzione di un Partito con la P maiuscola, un’ottantina di federazioni, un nome e un simbolo votabili almeno per i prossimi quindici anni, una forte carica innovativa nell’organizzazione e nella comunicazione e un gruppo dirigente profondamente rinnovato». Sono le parole di un compagno toscano, studioso e militante attivo della sinistra, che negli ultimi mesi ha collaborato affinché in Toscana si innescasse il percorso che ha portato a presentarci alle elezioni regionali con il progetto e il programma di Sinistra Civica Ecologista; è da queste che mi piace partire per costruire una riflessione su come vorrei che fosse la sinistra, il suo futuro e quindi quello del nostro paese, essendo le due vicende inscindibili.

 

Costruire una prospettiva di sinistra

Si dice che la storia si ripete. Sicuramente per la sinistra la strada – della storia – è sempre stata in salita e in questo momento lo è ancora di più. Veniamo da una sconfitta elettorale e da una ancor più grande sconfitta culturale nel paese. Nei ragionamenti e nelle priorità delle persone è venuta meno la voglia di lottare uniti per ciò che è giusto: per migliorare la vita di tutti. «Ci si salva e si va avanti se si agisce insieme e non solo uno per uno» diceva Enrico Berlinguer. Ma non basterà evocare Berlinguer. Non basterà nemmeno una chiamata a contrastare i barbari per convincere le persone a scegliere di stare e votare a sinistra. Quelle che un tempo avremmo definito le nostre comunità di riferimento si sono rivolte ad altri cercando in loro la risposta alle proprie istanze. È il frutto di quella disconnessione – più volte confermata – tra la sinistra e il suo popolo, o meglio tra la sinistra e il popolo.

Da una società in movimento riparte la sinistra

Mi sono sempre pensata come una donna di sinistra, è sempre stato così e ho sempre ritenuto fosse giusto così. Giusto avere quell’idea del mondo, quel modo di pensare il mondo: le diseguaglianze non sono ineluttabili, né dovute al destino; chi è di sinistra deve pensare a quali scelte possono ridurle. Il lavoro è dignità, chi è di sinistra si deve porre l’obiettivo di trovare un modo per conciliare i diritti di chi lavora con il mondo del lavoro che cambia. Chi è di sinistra e ha la fortuna di svolgere un ruolo sul territorio in cui vive deve provare a elaborare idee perché le persone possano avere una buona qualità della vita, in termini di servizi, di luoghi in cui incontrarsi, di mobilità, indipendentemente dalla loro posizione sociale. Sempre con l’idea che ci si salva collettivamente e non da soli, che le diversità sono una ricchezza, non un limite.