Martino Mazzonis

Martino Mazzonis

giornalista.

È Biden l’uomo giusto?

Secondo quanto raccontato dalla moglie Jill a “Vogue”, Joe Biden ha sciolto definitivamente la riserva sul correre o meno per le primarie democratiche del 2020 il giorno dei funerali di George W. Bush. L’atmosfera istituzionale, «il decoro e il rispetto reciproci» hanno convinto il senatore del Delaware per trentacinque anni, divenuto vice di Obama, che si possa tornare a quel tempo in cui la politica era anche decorosa.
Per certi aspetti la promessa politica di Biden è tutta qui. Nei suoi comizi non si perde in descrizioni puntuali delle politiche che intende adottare ma spiega che, per tornare a funzionare, le istituzioni americane hanno bisogno di compromessi, di negoziati e accordi tra i due principali partiti.

Nancy Pelosi, esperienza e capacità di mediazione

«Durante una trattativa difficile, ti taglierà la testa senza che tu nemmeno te ne accorga». Alexandra Pelosi sa di cosa parla, è una dei cinque figli avuti in sei anni dalla speaker della Camera Nancy Patricia D’Alesandro (una esse) Pelosi, sola donna ad aver ricoperto il ruolo nella non più breve storia degli Stati Uniti. A sua volta l’incarico più alto mai ricoperto da una figura femminile con l’eccezione di quelli non elettivi alla Corte suprema.

Cosa ci dice la vittoria di Ocasio-Cortez sulla politica americana

La colpa deve essere dello stato di salute della sinistra italiana. Solo così si spiega l’immane attenzione generata dalla vittoria di Alexandria Ocasio-Cortez, ventottenne socialista e democratica del Bronx, alle primarie del suo partito per il distretto elettorale che elegge un rappresentante alla Camera di Washington. Ricordiamolo: il 14° distretto di New York elegge una sola persona a Washington, è saldamente democratico e la città tende a esprimere anche eletti con posizioni di sinistra – ad esempio il sindaco, Bill de Blasio. La differenza con il sindaco liberal è che la donna del Bronx è affiliata ai Democratic Socialists of America che non sono un partito ma un’organizzazione politica che, in fondo, è per il superamento del capitalismo. I DSA sostengono candidati, a volte vincono primarie democratiche, a volte danno il loro contributo e dopo la vittoria di Trump (e la sconfitta di Sanders) le loro fila si sono ingrossate. Oggi hanno quasi 50.000 iscritti e l’età media è inferiore ai 35 anni, mentre dieci anni fa l’età media era 68 anni. Oggi, insomma, i DSA sono un fenomeno generazionale: la generazione che ha conosciuto quasi solo la crisi non aspira più al sogno americano come i suoi genitori e, in alcuni casi, lo mette persino in discussione.

Robert Mueller: il procuratore del Russiagate

«Questa corte ha piena fiducia nelle sue impeccabili credenziali, nella sua rilevante esperienza nelle trattative (…) e conosce la sua reputazione di integrità». Il giudice di distretto George Seeh doveva nominare qualcuno per verificare che un rimborso miliardario, dovuto da una casa di produzione di airbag, andasse come doveva. Erano i primi di maggio del 2017 e la sua scelta – spiegata con le parole qui sopra – cadeva su Robert Mueller che un anno prima aveva presieduto ai negoziati per la multa comminata a Volkswagen per aver mentito sulla quantità di emissioni prodotte dalle auto a gasolio di sua produzione.

Fenomenologia della base trumpiana

Con i suoi tweet, i suoi comizi e le sue conferenze stampa, Trump offre al suo pubblico ciò che vuole. Non gli interessa avvicinare una base elettorale moderata e/o indipendente, non cerca consensi al di fuori del suo elettorato perché è più importante il consenso che permane rispetto a quello che, secondo numerosi sondaggi, continua a perdere. Ma in definitiva chi sono i sostenitori di Trump? E soprattutto che cosa rappresenta per loro il presidente americano?

Conquistare le minoranze per vincere le elezioni

Negli USA il peso elettorale delle minoranze è in costante crescita. La conquista e il mantenimento del consenso di Latinos e afroamericani costituiscono dunque una sfida impegnativa per i partiti statunitensi e in particolare per i democratici, che tradizionalmente ne raccolgono il sostegno. I due gruppi hanno però comportamenti elettorali diversi e il loro livello di integrazione nella società e nella politica americana è differente. Se per assicurarsi il voto dei Latinos sarà essenziale una riforma delle politiche sull’immigrazione, per mantenere l’appeal sull’elettorato nero i democratici dovranno lavorare per ridurre la segregazione che è ancora oggi un forte limite alla partecipazione degli afroamericani alla vita sociale e politica del paese.

I repubblicani hanno perso la battaglia, ma il Tea Party potrebbe vincere la guerra per il partito

La battaglia interna al Congresso americano, al quale abbiamo assistito nelle ultime settimane conclusasi in extremis con un accordo lo scorso 16 ottobre che ha messo fine allo shutdown, è un ulteriore sintomo dell’estrema polarizzazione che caratterizza il panorama politico statunitense. Polarizzazione che è in gran parte causata dall’azione dell’area più estremista del Partito repubblicano: il Tea Party.