Di Carlo Galli - 4/11/2023
Può forse darsi che la guerra in Ucraina venga sommersa da altre più crudeli, o più nuove; e che divenga una guerra dimenticata fra le molte altre che si combattono, stancamente, pervicacemente, come una maledizione incessante, in tante parti del mondo, dall'Azerbaigian allo Yemen. Contraddizioni irrisolte, ferite senza cicatrice. O può darsi che ri-esploda, alimentata dalla violenza che circola in Medio Oriente, e che con essa si saldi a circondare il Sud e l'Est dell'Europa.
I BRICS hanno fatto nel tempo molta strada. Da quattro economie emergenti nel 2001 (Brasile, Russia, India e Cina), oggi costituiscono un gruppo solido, cui si è aggiunto il Sudafrica nel 2010. Le differenze tra questi cinque paesi sono notevoli, ma questo non ha impedito loro di approfondire i reciproci legami con incontri regolari a tutti i livelli, sino alla gestione congiunta di una banca multilaterale di sviluppo: la NDB-BRICS creata nel 2014. Ma quali sono gli interessi della Russia nel gruppo BRICS?
Pur essendosi intensificati negli anni i rapporti economici tra la Russia e gli altri paesi membri, ciò che più conta per il Cremlino è la dimensione politica del gruppo.
“L’utopia sostenibile” è il titolo di uno dei libri più recenti del professor Enrico Giovannini. Nel testo vengono illustrate le ricadute necessarie per conformarsi all’Agenda 2030 delle Nazioni Unite.
Interessante notare che accanto agli ovvi obiettivi ecologici, e a quelli – chissà, meno scontati – di sostenibilità sociale (lotta alla fame, alla povertà, alle diseguaglianze, per sanità ed educazione universali ecc.), l’Agenda fa riferimento a precisi obiettivi di cooperazione internazionale e a istituzioni forti, democratiche e autonome affinché non solo essa si concretizzi, ma abbia dei riferimenti resilienti e duraturi nel dialogo, nella diplomazia, nella partecipazione, nella democrazia e lo Stato di diritto. Dopo qualche esitazione iniziale, la UE si è data almeno sulla carta l’ambizione di essere “il” continente dello sviluppo sostenibile, facendo dell’Agenda 2030 il riferimento della sua trasformazione.
Quattordici mesi dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, diversi attori internazionali iniziano a parlare di pace. Le loro visioni della pace includono o la convinzione che la guerra si concluderà con una completa vittoria militare dell’Ucraina contro l’aggressore, oppure alcune proposte di mediazione. Sembra che nessuno si aspetti una vittoria russa. La situazione sul campo di battaglia è incerta e le aspirazioni di pace non sono ancora chiare. Pertanto, le attuali attività diplomatiche possono essere descritte come “esplorazioni”.
Gli sviluppi politici degli ultimi mesi riflettono l’attuale livello di incertezza. Il 24 febbraio, la Cina ha pubblicato un documento di posizionamento sulla soluzione politica della crisi ucraina. Erroneamente definito dai media internazionali “Piano di pace cinese”, il documento ha suscitato aspettative su un possibile ruolo della Cina come mediatore nel conflitto.
L’invasione dell’Ucraina ha portato all’evidenza processi già in corso negli anni precedenti e ha contribuito a trasformare il conflitto armato in sistema per risolvere le controversie, come sta verificandosi in varie altre zone del mondo. Va osservato che la spesa militare complessiva a livello mondiale, in seguito a un’ascesa cominciata nel 2015, ha superato i 2000 miliardi di dollari l’anno; anche gli Stati dell’Unione europea, dopo i fatti dell’Ucraina, hanno cominciato la rincorsa.
Insieme a questo dato non si può ignorare un altro fattore, iniziato ben prima dell’invasione dell’Ucraina, e cioè la costruzione di muri e recinzioni per cercare di separare ciò che in realtà è strutturalmente unito. Oggi esistono nel mondo 80 muri per quasi 50.000 chilometri, l’equivalente della circonferenza dell’intero pianeta. Sui confini europei nel 1990 non esistevano muri, nel 2014 vi erano 315 chilometri di barriere e a fine 2022 si contano 2048 chilometri.
Sono in pochi a desiderare il prolungarsi della guerra in Ucraina, una guerra che rischia di sfociare in un disastro nucleare. Tuttavia, politici, esperti militari e politologi hanno opinioni contrastanti su come si potrebbe porre fine a questo conflitto. Molto dibattuti sono anche i motivi per cui la guerra è iniziata e anche chi l’abbia iniziata. Per parlare di una possibile fine pacifica della guerra, dobbiamo innanzitutto esaminare le origini del conflitto. Sebbene possa sembrare ovvio chi abbia iniziato la guerra, nei paesi occidentali ci si continua a chiedere chi sia il “vero” responsabile.