Dopo le elezioni, la partita dell’Europa

Di Massimo D’Alema Lunedì 17 Giugno 2019 16:23 Stampa


La bufera delle elezioni europee ha spazzato il continente, ma la struttura politica dell’Europa democratica ha retto. Certo il sistema politico appare indebolito e più frantumato rispetto al passato, tuttavia l’ondata nazionalista, populista e neofascista non è riuscita a sovvertire i rapporti di forza né ha travolto gli assetti politici dei principali paesi, salvo ciò che è accaduto in Italia.

Le leadership europee sono al lavoro per costruire un nuovo equilibrio. Popolari e socialisti non sono più in grado di costituire una maggioranza sufficiente: ma al di là dei numeri le cose stavano già così. I liberaldemocratici, rafforzati dalla guida di Emmanuel Macron, divengono una componente essenziale della nuova maggioranza europea che, così ragionevolmente si spera, saprà aprirsi al contributo dei verdi forti del successo elettorale in Germania e in Francia.

I leader europei tuttavia sbaglierebbero a non considerare la portata dello scossone che viene dalla crescita del voto nazionalista e antieuropeo. È un segnale importante e grave, il segno di un distacco di quote significative dell’opinione pubblica e in particolare dei ceti popolari più deboli, un distacco che oltre a manifestarsi in una crescita del “voto contro” è espresso anche dal peso rilevantissimo dell’astensione.

C’è bisogno di una risposta politica, di un colpo di reni anche rispetto agli stanchi rituali dei vertici e delle nomine. Ciò che si deve sperare è anzitutto che si compiano scelte di alto profilo per le maggiori responsabilità europee, delineando un investimento vero in termini di peso e qualità delle leadership. Poi sarà decisivo mettere in campo un programma coraggiosamente riformatore. L’insieme delle regole, dei trattati e degli orientamenti che presiedono al funzionamento delle istituzioni europee si è dimostrato scarsamente efficace nel fronteggiare la situazione nuova che si è aperta dopo la crisi del 2007-08.

L’Europa ha funzionato bene sino a quando, da un lato, si è trattato di promuovere l’apertura dei mercati per favorire la crescita e migliorare la qualità della concorrenza, dall’altro si è trattato di garantire la stabilità monetaria e contenere l’inflazione. Ma lo scenario degli ultimi dieci anni è stato del tutto nuovo e le sfide che il continente si è trovato ad affrontare sono quelle della promozione della crescita e del lavoro e insieme della riduzione delle diseguaglianze accumulate per effetto di una globalizzazione non governata. Davanti a tali sfide l’Unione europea si è trovata impreparata. Su questa frontiera si misurerà la lungimiranza e la forza delle leadership europee nei mesi e negli anni che verranno.

Nello stesso tempo l’Europa è chiamata a misurarsi sul terreno geopolitico con uno scenario difficile, segnato dalla crisi del multilateralismo e dal riemergere della politica di potenza. Anche su questo piano ciò che occorre è un salto di qualità in termini di coesione e di volontà politica. Ciò riguarda la politica di difesa e la politica estera comune e la necessità che l’Europa si presenti nel confronto con Stati Uniti, Russia e Cina come una grande potenza; solo così sarà in grado di tutelare gli interessi e i valori europei. Si tratta certamente di sfide impegnative, ma non si deve dimenticare che i passi in avanti che l’Europa ha compiuto nel corso della sua storia sono avvenuti nei momenti di crisi e di emergenza e oggi si può ragionevolmente ritenere che le classi dirigenti europee siano in gran parte consapevoli della gravità della crisi che stiamo vivendo.

Il dialogo che si è aperto si muove lungo l’asse dei rapporti di forza politici che caratterizzano il dopo elezioni. Al centro restano i popolari, a guida saldamente tedesca. Tra i socialisti si afferma la leadership spagnola, mentre l’ALDE ha il suo punto di riferimento nella Francia di Macron. Gli equilibri parlamentari corrispondono ai rapporti tra i principali governi, anche se, come è naturale, questo nucleo centrale dovrà negoziare con l’Est i nuovi assetti europei.

Il nostro paese appare purtroppo ai margini, rappresentato com’è da una leadership rozza e associata a livello continentale a forze che, sia pure crescenti, rimangono tuttavia fortunatamente non determinanti.

Bisogna sperare che le istituzioni europee abbiano la preoccupazione di non spingere l’Italia verso la deriva estremistica di uno scontro frontale. Certo occorreranno da parte di Bruxelles molta flessibilità e tolleranza, ma in definitiva un conflitto con l’Italia sarebbe non solo catastrofico per il nostro paese ma un’incognita rischiosa anche per l’Unione europea.

Le elezioni hanno segnato una evoluzione significativa dello scenario italiano. L’equivoco del governo populista post bipolare giallo-verde è stato spazzato via. L’impianto culturale post politico del M5S non ha retto la prova del governo e appare chiaro, sancito anche dal voto popolare, ciò che nella sostanza è venuto via via configurandosi nel corso degli ultimi mesi e cioè che l’Italia è guidata da un governo di destra, una destra che presenta tratti aggressivi ed estremistici tra i peggiori in Europa. Dall’altra parte il risultato elettorale ha rimesso in campo anche una forza alternativa di centrosinistra ricostituendo così quello scenario bipolare che il voto del marzo dello scorso anno sembrava aver liquidato. Certo si tratta di un bipolarismo come non mai squilibrato a destra, e il cammino da percorrere per ricostruire una prospettiva credibile di alternativa di governo appare assai impegnativo e forse non breve.

Occorre il coraggio di lasciarsi alle spalle i fallimenti grandi e piccoli di questi anni per ricostruire con spirito davvero innovativo il campo politico e le basi culturali del centrosinistra. La sfida principale che la sinistra ha di fronte a sé, non solo in Italia ma nel nostro paese in modo significativo, è quella di ricostruire un rapporto con il popolo e cioè, in particolare, con il grande mondo delle persone che vivono del proprio lavoro spesso mal retribuito, precario o incerto; di quel mondo del lavoro frantumato, che in questi anni ha visto erodersi diritti e protezioni, che in parte si è impoverito e che appare impaurito di fronte al futuro.

In questo mondo segnato da rancore e paura la sinistra è vista come una forza che non è più in grado di offrire protezione e certezze per il futuro. Per quanto si possa ritenere – giustamente credo – che la risposta della destra sia illusoria e regressiva, tuttavia questo mondo non tornerà a noi sino a quando non saremo in grado di offrire una prospettiva forte e convincente. La forza dell’Europa è stata nel lungo dopoguerra quella di sapere tenere insieme democrazia politica, libertà economica e solidarietà sociale. Solo ricostruendo questo equilibrio l’Europa tornerà a essere forte.